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Diabete Off-Road @ 2011 - Olm'Issimo Rehab



© diabetenolimits

UPDATE 17 OTTOBRE 2011


OLM'ISSIMO REHAB :-)
Alti e bassi di uno sportivo con diabete infortunato
di Cristian Agnoli, DM1, ex Olm'issimo

Garda, lì 17 ottobre 2011 ... finisce qui il racconto della mia rehab ... peraltro già interrottosi da tempo ... la guarigione non è ancora completa, ma ho sufficientemente argomentato ... è tempo adesso di fare altre cose di cui, se vorrete, potrete leggere nelle varie sezioni del sito!
Pratica e racconto, questa la mission primaria di DNL ...
(giusto se avrò tempo e voglia metterò on line qualche altra settiman del mio diario metabolico)

***

Un po' in ritardo ... ecco altre 3 settimane di dati in rehab.
Parole ne ho spese fin troppe e avverto una certa stanchezza di ispirazione nelle ultime settimane.
Pazienza ... prima o poi tornerò a scrivere.
Con settembre ho ripreso una blanda attività fisica in forma di:

1) camminata nordica
2) bicicletta
3) piscina
4) isometrica & stretching

Tono muscolare del quadricipite in continuo miglioramento anche se di correre non se ne parla. Troppo delicato ancora l'equilibrio della giunzione miotendinea. Flessione eccessiva, cambi di direzione e movimenti bruschi mi causano comunque ancora dolore: e ci mancherebbe.


Isometrica by Issimo

REHAB WEEK 9_10_11 • 22 ago_4 set > clicca qui per il pdf

Da oggi si torna al movimento. La risonanza smentisce il referto dell'ecografia e ora si può ripartire con fisioterapia più decisa, onde d'urto e una blanda attività fisica fatta di camminate e bicicletta con sella alzata per alleggerire il lavoro dei quadricipiti.

A breve diario e pontificazione finale ... la mia rehab "raccontata" finirà con la pubblicazione del tanto annunciato "elzeviro presidenziale" ... i prossimi racconti mi vedranno protagonista attivo per quello che condizione fisica, vigore e recupero atletico mi consentiranno.

My rehab is over? ... Rehab is (not?) for quitters!

REHAB WEEK 8 •15_21 agosto > clicca qui per il pdf

19 agosto • risultati analisi • A1C 6.3 • peso kg 70,4 (!)

24 agosto • Ecografia ginocchio sx: "Postumi di lesione del muscolo quadricipite al III distale della coscia con interruzione subtotale delle fibre del retto femorale a livello della giunzione muscolo-tendinea distale (gap tra i monconi di almeno 2 cm) con alcune deposizioni calcifiche in prossimità del moncone prossimale retratto. Postumi di lesione parziale a carico dei vasti mediale e laterale".
Traduzione: E' un bel casino ... vabbè che tutto passa, ma ci vorrà pazienza ... non la vedo proprio bene ... il muscolo si attacca a quello che trova di buono ... e per ora si è attaccatto in posizione retratta ... ripeto ... un bel casino! Il rientro sarà lungo, faticoso e probabilmente il recupero totale della funzionalità non ci sarà. Resilienza traumatologica ... un nuovo campo da esplorare ... il 2 settembre mi vede il traumatologo ... a lui l'ardua sentenza!

REHAB WEEK 7 • 8_14 agosto > clicca qui per il pdf

Mumble mumble ... l'anathème suivra!

REHAB WEEK 6 - 1_7 agosto > clicca qui per il pdf

Ancora in fase embrionale l'annunciato epilogo con mega pontificaizone/anatema presidenziale in rehab.
Successivamente non resoconterò più in maniera "massiva" ma inserirò estemporanei elzeviri in base agli spunti che la rehab mi fornirà!
Il tutto per non tediare troppo il lettore attento di DNL e per dare spazio a realtà ed esperienze "extra presidenziali".

Nel frattempo l'Adamello Super Trail (160 km x 10000d+) è stato regolarmente disputato il 29-30-31 luglio e ha visto la vittoria di Nicola Bassi in 32h. Chapeau!
L'Olmissimo è ancora in convalescenza e questi sono stati i giorni più difficili da gestire dal punto di vista psicologico.
Nei 35 gg precedenti mai avevo "rosicato" e "sofferto" come in questi giorni: da un lato avrei "meschinamente" desiderato che la gara non si disputasse così da non sentirmi in colpa per non essere tra i partenti e per recriminare meno sul mio maledetto infortunio, dall'altro  mi sembrava di essere lì a correre la gara, fin dal venerdì mattina, scrutando il cielo e immaginando la fatica, le sensazioni, la soddisfazione, i panorami, le difficoltà immense, le emozioni dei concorrenti.
 A un certo punto mi sono fatto violenza e ho smesso di seguire la gara in real time per eccesso di "sofferenza".
Onore agli organizzatori, a tutti i finisher e a tutti quelli che ci hanno potuto/voluto provare!
Per me è tutto rinviato all'anno prossimo ... spero!

REHAB WEEK 5 - 25_31 luglio > clicca qui per il pdf

A breve le promesse e conclusive pontificazioni presidenziali.
[WORK IN PROGRESS]


•••

REHAB IN CONDIVISIONE >
anche in convalescenza "Insieme è meglio"!



Con Daniele Lodi, dm1, ciclomellito ferrarese, fermo da maggio per una frattura del bacino, abbiamo deciso di condividre in questo specchietto riassuntivo i fatti salienti delle nostre "rehab a distanza".

REHAB WEEK 4 - 18_24 luglio > clicca qui per il pdf

Aggiornamento quadro clinico: lesione muscolare estesa ai quattro muscoli quadricipitali con lacerazione di 1,3 cm del vasto mediale. Danno non meglio determinato alla giunzione miotendinea, ovvero del tessuto connettivo che unisce il muscolo al tendine ... insomma un bel casino! Secondo l'ortopedico, la cicatrizzazione causerà perdita di forza di circa il 30% del quadricipite sinistro. Sempre secondo l'ortopedico ci vorranno 4/5 mesi prima di iniziare di nuovo a corricchiare. Da lunedì elettrostimolazione e integratori per mantenere tono muscolare, da metà agosto potrò riprendere a camminare con tutore e a fare lavori di fisioterapia. Pazienza, amici, ci vuole pazienza ... Il mio ritorno alle competizioni dunque è rimandato nella migliore delle ipotesi a gennaio 2012! E' mia intenzione non lasciare nulla di intentanto per smentire le pessimistiche previsioni dello staff medico: al peggio non c'è limite, ma al meglio è giusto ambire!

†††

Quarta settimana in "rehab" ... verosimilmente l'ultima che racconterò in sequenza.
Poi mi fermerò per alcune settimane e così lascierò spazio ad altre testimonianze: penso di aver "occupato" fin troppo il mio e vostro tempo.
Non voglio alimentare ulteriormente le accuse di "ipertrofia dell'io" da parte dei miei detrattori.

 L'uomo è ciò che mangia (Feuerbach)


Questa settimana dovrete sopportare le mie "pontificazioni" su "rigore alimentare", di cui, a dire il vero, non sono affatto "campione", anzi, "cattivo esempio" anche se al peggio non c'è limite. Voglio però dedicarmi in particolare alla "sincerità alimentare" ovvero verificare esattamente cosa e come mangio e trarre le mie conclusioni: continuare così anche se non va bene, migliorarmi, modificare, non modificare, scoprire che non c'è nulla da modificare (magari...). Questa è la "consapevolezza", amici, il resto è "abitudine".
Assieme all'ottimo Grippo e stimolato da alcune considerazioni mattutine con la mia compagna e nutrizionista Mitch, mi sono messo di impegno e ho elaborato un foglio elettronico (FOOD-MOOD) che mi consente di esaminare nel dettaglio la composizione dei pasti. Una sorta di "winfood" dei poveri, a costo zero, ma sufficientemente completo per gli scopi cui è destinato.
Morale della favola: "più facile spezzare un atomo, che le cattive abitudini" (A. Einstein? almeno credo). Mangiare equilibrato e applicare una sana dieta mediterranea richiede un'attenzione e una modifica di buona parte delle nostre abitudini. E' un attimo sgarrare ... il nostro corpo ha meccanismi di autoregolazione e di autodifesa molto forti, ma sembra che ce la mettiamo tutta per metterlo in difficoltà ulteriormente. L'attività fisica è un grosso aiuto nell'aumentare la nostra qualità di vita, ma anche l'atleta più allenato non può prescindere da una corretta alimentazione se vuol tradurre in risultati positivi e in miglioramento le proprie fatiche.
 in realtà sono convinto che il 90% della popolazione non mangia correttamente e sulle proprie abitudini alimentari mente (non ?) sapendo di mentire ... e pure in Italia, patria della dieta mediterranea, sono ben pochi ad alimentarsi in maniera corretta (non oso pensare in altri paesi). L'educazione nutrizionale dovrebbe a mio avviso essere materia obbligatoria fin dalle scuole alimentari. Affermare che "magro è bello" non è un inno all'anoressia, ma un inno alla buona salute. E' ora di smettere di valutare il nostro peso forma esclusivamente in termini di chilogrammi ma è bene indagare soprattutto sulla composizione corporea. Non a caso le massa corporea delle anoressiche è rappresentata prevalentemente da grassi: se lo sapessero probabilmente comprenderebbo l'inutilità di essere anoressiche. Ma abbandoniamo questo campo "pericoloso" e "complicato".
Ciò detto, premettendo che quanto qui scrivo è una mia personalissima e opinabilissima opinione, ammesso pure che ci vuole anche tanto "culo" per vivere bene e a lungo, concesso che sgarrare vivadio è lecito, fatto salvo che essere affamati e un po' pazzarielli è cosa buona (stay hungry stay foolish), nei prossimi giorni vi inviterò a riflettere su tutto ciò, aggiungendoci ovviamente la gestione strategica delle insuline di cui mi trovo necessariamente a far uso, stante il mio metabolismo avariato degli zuccheri ... irreversibile.
Stay tuned!
[work in progress]

Intanto due letture dal sito del nutrizionista e dietologo Amedeo Giorgetti ...
- principi di alimentazione e sport
- vantaggi dell'attività fisica

REHAB WEEK 3 - 11_17 luglio > clicca qui per il pdf


Domenica 17 luglio: Issimo @ Trail dell'Orsa  ... non potendo correre mi è stato affidato il "briefing pregara"
Vedi Video su You Tube ...

Rehab week 3 … pur non rispettando del tutto gli ordini di riposo assoluto, necessari per accelerare la cicatrizzazione delle lacerazioni muscolari quadricipitali, continuo i miei giorni orizzontale con gamba a 0 gradi di inclinazione: spero al più presto di iniziare la riabilitazione e poter provare a piegare il ginocchio … saranno dolori!
Mi trovo costretto a parlare un po' più di diabete del solito in questa roadmap in "rehab" … ma è un esercizio di stile unito a riflessioni critiche tese a mettermi continuamente in discussione sperando di essere spunto di ulteriori e personali considerazioni da parte di chi legge: a parte sorbirmi le telecronache fiume del tour de France, dovrò pur occupare il tempo, visto che non posso fare lavori manuali e ho già sbrigato tutti gli arretrati di contabilità delle mie tre partite iva … sempre che dopo la manovra economica del "genio di Sondrio" non decida di chiuderle.
Dunque metabolicamente proseguo il mio percorso di stabilizzazione e ottimizzazione del fabbisogno insulinico in sedentarietà.


Anche quando commetto qualche grave dimenticanza, tipo addormentarmi venerdì senza farmi la basale e risvegliarmi la mattina un po' alto (181 mg/dl).
[…]
Per riparare all'errore, preso dal panico, ho cominciato a chiamare tutti i medici diabetologi che conoscevo, ma non fidandomi delle loro risposte tranquillizzanti, sono andato su internet cercando in tutti i blog di diabetici una voce amica, un consiglio, qualcuno che mi potesse dire cosa fare. Un pazzo scatenato, peraltro simpatico, mi ha suggerito ovviamente di passare al più presto al microinfusore, mi ha raccontato la sua storia e poi mi ha snocciolato una serie di dati, glicemie, velocità basali differenziate, algoritmi che sembrava un trattato di diabetologia sulla pompa insulinica, inserendoci poi una tabella per la preparazione di una maratona di 12 settimane visto che gli avevo accennato di essere "atleta diabbetico" e che mi avevano pure premiato in più occasioni per le mie "imprese". Non sono soddisfatto, nemmeno dopo qualche messaggio di incoraggiamento con "emoticon sorridente" proveniente da vari blogger con diabete rigorosamente nascosti dietro un nickname. Paura e ansia crescono, finalmente decido di chiamare il mio diabetologo al cellulare e lo imploro di dirmi cosa debbo fare. Intanto ho chiamato mia madre, mio fratello, pregandoli di correre subito qui da me, preparandosi al peggio, di chiamare il medico di famiglia, perché avrei avuto bisogno di assistenza per almeno due/tre giorni. La mia compagna mi tiene la mano mentre resto sdraiato sul divano a meditare se era davvero il caso di fare quello che mi ha detto il diabetologo, perché con queste insuline sintetiche prodotte dalle perfide multinazionali farmaceutiche non si sa mai cosa possa succedere. L'ho letto su internet. "Pensa che hanno tolto dalla produzione le penne con la mezza unità, lasciandole esclusivamente per la diabetologia pediatrica, questi cani!" - "E pure le insulina regolari le vogliono sostituire con quelle ultrarapide … così violente e non adatte ai miei rigidi schemi alimentari". "Mangiare? Ah mangio poco,niente. Magro. Pochissimi carboidrati ovviamente, poca pasta, preferisco i tortellini che hanno meno zuccheri, gli gnocchi no perchè hanno un alto indice glicemico e tanti cho, un po' di focaccia, sono ghiotto di formaggi (ma mangio solo quelli magri come stracchino, mascarpone, quartirolo) frutta secca a volontà, caffè con dolcificante. Se avessi il micro, però, potrei metterci lo zucchero perché mi potrei correggere senza farmi l'iniezione nascondendomi in bagno." Però non riesco a dimagrire e se uso gli analoghi ultrarapidi mi trovo in ipo dopo 1 h dall'iniezione e altissimo dopo 3 ore. E poi, parlando di basale, "hai letto che dicono glargine essere cancerogena?". Poi torno su internet, e cerco su tutti i motori di ricerca e siti specializzati quali sono le novità sulla cura del diabete e se hanno trovato la soluzione finale, o per lo meno se è pronto il pancreas artificiale (gli mando pure una mail per mettermi in lista) così non ci penso più e fa tutto un microchip integrato all'elettronica. Quando arriverà, a costo di ammazzare qualcuno o di fare carte false, sarà in prima fila … io, sì, io per primo, perché il mio diabete è cazzutissimo, e io ho diritto più degli altri a guarire, a stare meglio. Sfogo il tutto in un pianto liberatorio e singhiozzante. Arrivano i miei familiari, che una volta si vergognavano del fatto che ero diabetico e non lo dicevano a nessuno, però ora grazie alla mia accettazione della patologia e alle mie imprese sportive hanno capito che sono un campione e che nulla mi è precluso se quando intraprendo una prestazione atletica, invece di basarmi sull'esperienza maturata in mesi di allenamenti e confronti con il team diabetologico, preparatori e altri atleti con diabete, ho con me al seguito quattro infermieri, almeno un mezzo di soccorso di appoggio con defibrillatore, 8 glucometri di scorta e i più stimati diabetologi dello sport a dirmi quando, quanto e se correggere, quando, quanto e cosa mangiare, quando, quanto e cosa dire. E mi raccomando che non ci siano loghi o strumenti di case concorrenti dei tuoi sponsor. Se poi rischio di non farcela, mi danno un aiutino e finisco lo stesso: tanto non è una gara ma una manifestazione SOLO per noi "diabbetici". E poi quando ho corso nelle gare open ho vinto la medaglia di bronzo ai campionati di categoria del mio sport preferito: pensa che sono arrivato 3° (su tre partecipanti!). Però faccio poche gare con gli atleti normoglicemici, perché qui è più difficile trovare qualcuno che mi sponsorizzi, pagandomi l'iscrizione, il viaggio e l'allestimento completo. E io sono "atleta diabbetico" e ho diritto a gareggiare, viaggiare a costo zero, perché faccio qualcosa di assolutamente speciale e meritevole. E poi con questa crisi meglio approfittarne, e poi, con tutto quello che devo sopportare a causa del diabete è il minimo.
Pensa che non mi volevano dare l'idoneità agonistica perché ero diabetico. Avevo la glicata a 10, finivo in ipo un'ora sì e un'ora no (per non parlare di un paio di ricoveri all'anno per coma diabetico), ma niente da fare. Questi cattivi e ignoranti non mi davano l'idoneità agonistica. O meglio, invece di 12 mesi mi proponevano di rinnovarla per 4 mesi e poi se intraprendevo un percorso di miglioramento terapeutico me l'avrebbero prolungata. Io mi sono incazzato come una bestia, e mi sono rivolto disperato a destra e a manca finchè ho trovato dei medici disposti a perorale la mia causa. Ovviamente non gli ho detto che avevo la glicata a 10. Pensa che io faccio anche 15 controlli della glicemia al giorno, dunque sono un bravo diabetico!
Quanti brutti ricordi. Per fortuna che oggi non è più così anche se il diabete resta una patologia degenerativa gravissima e pertanto ho fatto tutto l'iter burocratico per avere l'invalidità e godere della categoria protetta. Ovviamente non ci resta che aspettare l'insorgere delle complicanze, ma tant'è … sono comunque "atleta diabbetico"
Ahh, mi sento sollevato … mi rassereno, e guardando fisso gli occhi compassionevoli della mia compagna che mi accarezza sussurrandomi un pietoso "poverino, dormi ora, poverino" mi addormento. E penso che il diabete è proprio una condanna (buteleto, te ghè proprio na bela condanna! - mi disse una volta con ragione una signora in dialetto veronese stretto).
[…]
All'improvviso mi sveglio e mi ritrovo solo, sudato, in mutande, sul divano di casa. Era solo un sogno. Mi alzo, realizzo che effettivamente non ho fatto la basale, verificandolo anche dal diario e dal fatto che la penna di detemir giace sul fondo del mio borsello in un angolo della casa. Comprovata "la non effettuazione dell'iniezione", senza troppe pippe e piuttosto sereno, adotto dunque la seguente strategia: 10 unità di detemir subito, bolo a colazione lievemente anticipato e qualche controllo in più della glicemia per verificare la necessità di boli extra correttivi, stante la carente insulinemia basale. Stasera ne farò 13 prima di coricarmi e domani a mezzogiorno altre 5/6 e da domenica sera riprenderò con le mie 18 u in unica soluzione standard a meno che, visto che ci sono, provare una settimana con la doppia iniezione di detemir, secondo quanto indicherebbero la posologia e la diabetologia per questo tipo di insulina basale. Il tutto è diligentemente annotato nel mio "Mellito Mini Book" e nei giorni precedenti la visita di controllo dal diabetologo gli invierò tra gli altri anche i dati relativi a questa mia svista e alla relativa contromossa. Ovviamente la mia compagna si sta occupando di altro oppure mi sta redarguendo perché invece che sistemare la tavola sono qui accanito al computer a scrivere queste "stronzate" in un sabato mattina fresco e soleggiato.


RIF. TITA SECCHI ... 24 giugno 2011 h 5,00 ... il mio giorno più lungo!

Situazioni paradossali, tra fantasia e realtà, ma la storia inventata sul sogno non dista molto dalla reazione che alcune persone con diabete non abituate all'autogestione e alla responsabilizzazione potrebbero avere in caso di un "errore terapeutico" e nemmeno da come molte persone con diabete interpretano la pratica sportiva e affrontano la patologia. I compiti a casa servono a questo, a non andare nel panico, a non assillare chi ci vive accanto e noi stessi, a non sovraccaricare il nostro team diabetologico con le nostre paure (questo non significa che anche la classe medica non debba continuamente rimettersi in discussione e riposizionarsi in merito all'educazione terapeutica).
La mia vita per fortuna non è un sogno, almeno non quello qui sopra narrato. Forse sono stato fortunato e sono cresciuto in un ambiente e in un contesto privilegiato. Sarà per questo che:
- alle gare partecipo in linea di principio a mie spese;
- molti diabetologi mi stimano (non tutti a dire il vero), si pongono su un piano di parità con me, sanno come mi gestisco perché lo leggono sul sito DNL e capiscono che dico loro la verità e che non mi invento i dati;
- odio affirmative action e categorie protette,
- a chi mi dice "poverino" gli do' un pugno sul muso,
- a chi mi vuole sponsorizzare gli dico "no grazie, solo liberalità non condizionate a favore dell'associazione per iniziative a favore di tutti gli associati partecipativi";
- ottengo l'idoneità agonistica senza restrizioni legate al diabete;
- il diabete è una cosa, il diabete trascurato e non curato un'altra.
- il mio diabetologo, di certo non un campione dello sport a glicemia controllata, si confronta con me serenamente e per lui sono persona prima, paziente poi.
- gareggio in campo aperto alle stesse identiche condizioni degli altri;
- molti dei miei amici sono persone con diabete di tipo 1,2 e 3, ma alla base di tutto c'è fiducia, stima e il fatto che l'amicizia con diabete non esiste se non nella misura in cui è vera amicizia.
- su internet ci sto parecchio ma per raccontare questa e altre storie e non solo le mie, quando arrivano!
- voglio essere sempre più solo persona, poi atleta finchè avrò e proverò piacere nell'esserlo e solo dopo vengono "con diabete", ancor dopo "diversamente glicemico", ancor dopo "paziente diabetico"! Tutto questo significa saper gestire il proprio diabete, non negarlo.
- auspico la ricerca faccia il suo corso, ma nell'attesa mi occupo della ricerca di un mio equilibrio personale e metabolico, l'unico in grado di garantirmi in questa vita prospettiva e propositività.


Quando mi chiamavano ancora Olm'Issimo ...

Fermiamoci qui con provocazioni e storie surreali, torniamo alla dura realtà del diabetico in convalescenza ortopedica.
Nel week end ho commesso, come suddetto, qualche errore di distrazione e
da sonnolenza, conseguenza del giacere a riposo che mi sta un po' portando
all'ignavia. Ma saprò reagire.
Facendo un paragone con il periodo pre-rehab, in particolare con l'ultima settimana di preparazione, la media globale della glicemia settimanale è ora di 137 mg/dl a fronte di 118 (come il numero che avrei dovuto chiamare sull'Adamello quando mi sono fatto male). Media che preannuncia comunque, se mantenuta, una glicata buona ai prossimi controlli, ma che fa meditare sui positivi effetti dell'attività fisica e sulla possibilità di mantenere simili medie senza incorrere in ipoglicemie, soprattutto, ma non solo, prima, durante e dopo gli allenamenti. A maggior ragione se penso che queste medie sono ottenute ora con 42 unità di insulina totali a fronte di 270 gr. di carboidrati al giorno, durante la preparazione sono arrivato a gestire con circa 27 unità di insulina mediamente fino a 370 gr di carboidrati. Durante le giornate con gli allenamenti più lunghi, a parità se non con miglior compenso, 15 u di insulina complessive per 450 gr di carboidrati. Potenza dell'esercizio fisico nel riattivare la sensibilità all'insulina, far utilizzare al meglio i substrati lipidici/glucidici o nel riattivare una limitata produzione di beta cellule? Alla scienza l'ardua risposta, a noi sperimentarci sul campo. Ma questo è il mio recente passato, guardiamo al presente, sperando di riscendere presto in campo!
Ad oggi, come si evince dai dati, non ho ancora perfezionato la gestione delle glicemie post prandiali del pomeriggio.
In tal senso ho iniziato a evidenziare i pasti in cui assumo cibi grassi in eccesso anche in modica quantità (formaggi e frutta secca, di cui sono ghiotto, in particolare) e vederne le reazioni sull'assorbimento e sulla curva glicemica.
Guarda caso il picco tardo pomeridiano si verifica sempre in questi casi. Ho anche fatto dei controlli a 2 ore e poi a 4 ore … a 2 ore sono perfetto (range 100-130), dopo le 17 la glicemia sale (range 180-220)
Un paio di unità di correzione e a cena mi ritrovo entro range ottimali, se non correggo l'abbassamento è irrisorio o la glicemia si mantiene sui valori precedenti (però per lo meno non si alza ulteriormente).
In considerazione del buon compenso generale in tutte le altre fasi della giornata (i picchi post colazione tali sono e durano un "fior di vita" rientrando SEMPRE per ora di pranzo), glicemia al risveglio in particolare, non toccherei la basale.
Mi concentrerò ancor più sulla gestione dei pasti e della terapia, in questo modo:
1. eliminare del tutto i grassi in eccesso a pranzo con l'esclusione di un po' di formaggio grana sulla pasta;
2. quando so di aver assunto dei grassi in eccesso, pur avendo verificato sempre e comunque un valore buono a due ore dal pasto, spezzare comunque il bolo in due (cd bolo combo o quadro)

Ciò detto, il problema non è adottare l'una o l'altra strategia, ma essere onesto con me stesso e quando mi rendo conto di aver mangiucchiato qualcosina "a effetto ritardato" agire di conseguenza. Ad esempio se mangio la pizza, lo faccio in automatico, mentre in pasti strutturati con grassi in esubero a volte tendo a far finta di niente, sperando che, anche se ho sgarrato, comunque mi andrà bene. Invece non è così: debbo essere più rigoroso e onesto. A volte mi comporto come se dinnanzi a una metaforica bomba di zuccheri che sta per scoppiare, invece di provare, da bravo artificiere della glicemia, a disinnescarla, mi ci siedo sopra, stringo le chiappe, chiudo gli occhi, mi tappo le orecchie e spero non scatti l'innesco ….. Bum! E' scoppiata!
Metafore a parte, nei prossimi giorni scoprirò se saprò essere previdente artificiere della glicemia o se confidare nella correzione estemporanea o, peggio, nella buona sorte.

Tutto quanto qui scritto non è per arrogarmi il diritto di dire cosa fare o perché penso di essere "migliore", ma perché penso sia dovere di quelle persone con diabete che per svariati motivi si trovano ad essere un po' più in vista (siti internet, convegni, riviste settoriali di diabetologia e diagnostica) raccontare la propria storia a 360°: non solo dire cosa si fa, celebrare imprese, raccontare il proprio percorso psicologico ed emozionale concludendo "con il diabete si può …" … E ci mancherebbe … oggi, nel 2011, è necessario ancor più dire COME lo si fa (imparando un po' alla volta a farlo, ognuno con il proprio stile ma comunque con dovizia di dati terapeutici e comportamentali tali da consentire una valutazione complessiva).
Sono convinto che anche una persona con diabete con la glicata a 8 e più può e deve inseguire i propri sogni, vivere di progetti e prospettiva e, se vogliamo buttarla sullo sportivo, battere record e infrangere muri, grandi e piccoli che siano, avendo però l'onesta di dire quali sono i propri risultati sportivi (successi e insuccessi) e i propri risultati di laboratorio (compenso buono a cattivo) e non buttarla solo sull'emotività e il "dai che ce la facciamo": specie se la persona in questione ha guadagnato una certa visibilità come atleta con diabete con foto, storia, sorrisi e successi, veri o presunti, sbattuti in prima pagina sulle riviste settoriali. Magari si parlasse nello specifico di glicemie, dati, gestione invece di scrivere i soliti concetti general generici forse utili come stimolo iniziale, ma inutili a chi vuole sapere di più. E' vero che il grosso del lavoro personalizzato va fatto all'interno del team diabetologico, ma bisognerà trovare pure il modo, anche legalmente ed eticamente accettabile, di far uscire qualche dato personale di gestione metabolica constestualizzato anche su riviste ufficiali, anche al di fuori dei rispettabilissimi e graditissimi studi scientifici.
Non ha senso parlare di diabete e sport = salute, oppure, diabete e sport = binomio vincente, quando la conseguenza della pratica sportiva non è un percorso di miglioramento complessivo, ma esclusivamente una dimostrazione di forza e muscoli a muso duro, magari con lacrimuccia finale, contro i presunti limiti della patologia diabetica. Non si dovrebbe a mio avviso "correre per vendetta" … grinta, resilienza, spirito di sacrificio, generosità, combattività sono qualità che nulla dovrebbero avere a che fare con vendetta, rivalsa e frustrazione. Su questo lavoro, al momento purtroppo solo a livello divulgativo, in questo credo! Il "ce l'ho fatta anch'io" mi sta benissimo ma non mi basta: rischiamo di accontentarci di stare al mondo, che è cosa ben diversa dal vivere!
Prima o poi mi ritirerò nel mio buon retiro di media montagna (credo non prima dei 50 anni) e allora non sentirete più parlare di me. Ma fino a quel momento continuerò la mia personale e condivisa azione per trasmettere alle persone con diabete ispirazione e forza, da applicare nell'ambito sportivo, ma soprattutto personale, ovvero per raggiungere la propria piena realizzazione.
Dal divano di casa, temo ancora per una decina di giorni almeno, per Diabetenolimits, Cristian Agnoli.



REHAB WEEK 2 - 4_10 luglio > clicca qui per il pdf

Rehab … week 2 … Proseguono i miei giorni a gambe levate … i versamenti e gli ematomi si stanno riducendo anche se la funzionalità della gamba sx è ancora residuale. Tolgo ogni tanto il tutore giusto per far respirare la gamba. Il ghiaccio è un ottimo anestetizzante. La notte oramai dormo tranquillo con dolore minimo e sopportabile giusto nelle prime ore del mattino.
Metabolicamente, come mostra il diario, ho trovato un punto fermo … il rapporto insulina cho si è standardizzato attorno a una media 1:12 (1:14.1:12,1:10 rispettivamente colazione, pranzo, cena) a fronte di 18 unità di basale e una media di 265 gr di cho per 22 unità di bolo. E' tuttavia opportuno un riposizionamento a 1:10 anche a pranzo, unito a un maggior controllo alimentare.
La mia personalissima e non scientifica formula per verificare il rapporto insulina:cho è: tot grammi cho die / tot boli x 1 x(unità basale/unità bolo). L'empirica formula ovviamente mi dice il rapporto insulina:cho che ho adottato e in base ai picchi glicemici che rilevo modifico bolo o quantità cho all'occorrenza. La formula tiene conto dell'influenza della basale: più la terapia è sproporzionata sulla basale, più alto sarà il rapporto insulina cho. Per questo io ritengo che terapie eccessivamente spostate sulla basale (basale > 55% del fabbisogno totale) inficino alquanto la validità della conta dei cho e ne rendano più difficile la gestione e meno prevedibili ipoglicemie (anche se magari funzionano ugualmente nel mantenere buone glicate, ma a mio avviso a scapito della qualità di vita e della libertà di scelta). Ma questa è una mia idea. Non sono un dottore, non voglio esserlo: sono un essere pensante e testante.
Sulla base del diario e di questa formuletta autocreata, ho sistemato picchi post colazione, glicemia della notte, al risveglio e dopo cena, mentre persiste qualche picco tardo pomeridiano. Quando non ero infortunato, capitava anche qui talvolta, però avevo più opzioni: potevo scegliere di correggere oppure di andare ad allenarmi visto che il picco arrivava più o meno dopo le 17.30/18 e dunque di lì a poco scattava l'ora dell'attività fisica.
Adesso NON ho alternative alla correzione con 2/3 u di insulina a seconda del valore.


Foto a sx: Tutore, web e riposo: "Questa è la rehab, bellezza! E tu non puoi farci niente" - foto a dx: Stato della gamba sx il giorno dell'incidente

Premesso che è concesso un minimo di tolleranza e variabilità nella conta dei cho e che sono ammessi anche errori di pesatura, valutando i valori aggregati o analizzandoli più nello specifico, sono portato a pensare che i picchi post prandiali sono a mio avviso causati principalmente da: bolo insufficiente e rapporto i:cho a pranzo più vicino a 1:10 che a 1:12 (cosa che debbo ancora accettare del tutto). Il pranzo costituisce anche il pasto che più difficilmente riesco a gestire in termini di voracità e equilibrio dei nutrienti. Il pezzettino di formaggio, la forchettata di pasta in più, il boccone di pane, la mandorla … magari non annotando sempre con precisione oppure quando annoto con precisione i cho, ci pensano poi i grassi a farmi pagare il conto. L'Agnolipensiero, "i grassi bruciano al fuoco degli zuccheri, gli zuccheri esplodono al fuoco dei grassi" sembra trovare in queste iper tardive un'ulteriore conferma. Nel considerare la terapia, non bisogna guardare solo ai cho ingeriti, ma anche ai fattori che regolano l'assorbimento e l'insulino resistenza. I diabetici si concentrano a mio avviso troppo sui cho e poco sui grassi ... più subdoli nell'interferire con il nostro metabolismo degli zuccheri.
Tendo dunque a considerare meno influente l'esaurimento della basale (detemir): per ora non aumenterò più il profilo basale. Se nonostante alimentazione attenta ed equilibrata e bolo adeguato (semplice o combo al bisogno) le glicemie tardo pomeridiane scappassero sempre troppo via, proverò casomai a spezzare in due l'iniezione di basale mantenendo invariato il totale delle unità e solo successivamente ad aumentare il dosaggio. Vedremo ... questo è il mio protocollo del momento.
Dunque lavorando più sul controllo alimentare conto di stabilizzare ulteriormente i profili glicemici mantenendo un regime nutrizionale dignitoso e gratificante. e senza modificazioni del profilo basale nè in termini di dosaggi nè di timing delle iniezioni.
Noto anche come qualche estemporaneo grappino "dalla distilleria del suocero" a fine pasto (cosa per me inusuale) sembri non intaccare il mio compenso.
Integro quanto sopra affermato, sottolineando come tutto ciò sia conseguenza di: costante autocontrollo e accettazione della multi-iniezione oltre il classico schema a 4 iniezioni (6/7 glicemie utili al giorno e da 4 a 6 inieizioni, 1 di basale e da 3 a 5 inieizioni in forma di bolo correzioni e boli combi inclusi se necessari). Glicemie utili: sento di persone che si fanno anche 12 controlli al giorno. Ritengo necessario un simile autocontrollo SOLO in determinati periodi di studio e analisi della propria terapia, o se si stanno affrontando periodi complicati o attività particolari: 4,5,6,10,12 che siano i controlli ... non è il numero dei controlli a fare la differenza, ma il saper leggere e interpretare le nostre glicemie senza ansia e senza risposte impulsive o ancor peggio telefonando al nostro diabetologo ogni qual volta ci troviamo di fronte a un valore inaspettato ... la patologia cronica implica una buona dose di fai-da-te se non vogliamo far impazzire il sistema sanitario nazionale, oltre alla nostra testolina e di chi ci vive accanto.
L'affermazione del Grippo, neo vice presidente DNL, per cui, il buon compenso preesiste al movimento e resiste anche in mancanza del movimento sembra trovare nell'Agnoli infortunato un più convinto sostenitore, rimanendo peraltro certo che l'attiività fisica ti consente il salto di qualità cui tutti dovremmo ambire.
Oggi ho risonanza magnetica ed ecografia dinamica … appena la gamba sx me lo permetterà inizierò un programma di esercizi per il tronco, addominali, braccia e schiena e successivamente la terapia riabilitativa al quadricipite.
Mi fermo qui. Spero i tanti amici e associati DNL sappiano riempire queste settimane di stop presidenziale con racconti delle proprie esperienze sportive (brevi o lunghe, lente o veloci, facili o impegnative) e mantenere alto il livello di attenzione e ispirazione al messaggio "diabetenolimits".
Anche con il presidentissimo azzoppato DNL deve continuare a ispirare le persone con diabete che si vogliono impegnare nello sport!
Ai miei fidati collaboratori, ai miei attenti lettori, allo zoccolo duro DNL questo compito: perseveranza, non latitanza!
Claudicante ma sempre ficcante!
L'appuntamento al Trail dell'Orsa credo andrà disertato, mentre una bella truppa DNL sarà presente a vario titolo al trail del Baldo del 24 luglio: tra runner e tifosi saremo almeno una dozzina mi auguro!
DNL AHEAD! DO NOT LEAVE YOUR PRESIDENT ALONE!

Un piccolo abecedario sul termine "rehab"
Rehab è l'abbreviazione del termine "rehabilitation". I più attenti alle cronache mondane avranno notato l'abuso del ricorso alla "rehab" da parte delle starlette del jet-set per uscire dalla dipendenza da droghe, alcool, sesso e quant'altro. Insomma il termine "rehab" è sempre più collegato al concetto di "comunità di recupero".
Rehab is for quitters … la rehab è per gli arrendevoli … si riferisce dunque al fatto che andare in comunità (magari pure con la diretta tv) è quasi una moda, la prima scelta, quando invece una "vera" riabilitazione dovrebbe presupporre una reale volontà di cambiamento ovviamente assistito da operatori e esperti.
Ciò detto, alla luce dei chiarimenti richiesti dai pochi ma curiosi lettori della mia personalissima rehab (crisi di astinenza da attività fisica … la mia dipendenza è al movimento) non sempre del tutto avvezzi alla terminologia anglosassone a me cara e talvolta eccessiva. Un corso all'Accademia della Crusca non mi farebbe male.
Un po' di ABC … delle riabilitazione e del recupero.
Riabilitazione 
Etimologia
Da lat. re- restitutivo, habere, possedere. Definizione dei vocabolari
Reintegrazione di una persona, ritorno, restituzione a una normale attività, efficienza o altro (Zingarelli); ma anche ripresa della funzionalità di un arto (BUR).
Riferita al dominio sanitario, branca della medicina che comprende tutte le manovre terapeutiche che mirano alla prevenzione e alla riduzione degli esiti invalidanti delle malattie, con il fine di migliorare la qualità della vita in relazione della persona al suo ambiente, e si propone diagnosi, valutazione dell'handicap, trattamento precoce, adeguato e correlato con i farmaci (Encyclopédie MédicoChirurgicale, Elsevier).
Riabilitare: conforme al significato dell'inglese to rehabilitate, restituire un grado di efficienza e di funzionalità (Devoto Oli).
Seguendo le due successive linee guida dell'OMS, può essere vista come un intervento globale per prevenire o eliminare l'handicap (ICIDH), o per preservare o allargare l'area della partecipazione (ICF). Può pertanto essere suddivisa, senza limitazioni nette tra i due domini (la carrozzina rappresenta le gambe del paraplegico o un mezzo di trasporto?) in riabilitazione medica (lotta per prevenire, contenere o eliminare le disabilità), compito delle strutture e degli operatori sanitari, e riabilitazione sociale (lotta per la prevenzione e l'abbattimento delle barriere: è l'impatto delle disabilità con le barriere, frutto per lo più dell'organizzazione sociale, a creare l'handicap), compito dell'intera comunità. 
Rimane purtroppo irrisolto il problema, anche in termini operativi, del triplice significato del termine riabilitazione nel 'dominio sociosanitario': l'obiettivo, il percorso, gli strumenti, che nella medicina tradizionale vengono felicemente sostituiti dai termini guarigione, cura, farmaci. Certamente non può essere una specialità medica, e a mio parere non può essere neanche una 'scienza' dato che trae le sue premesse da una lunga serie di nozioni 'scientifiche' di origine diversa, mediche in senso lato, umanistiche, e perché no filosofiche. 
Centrale nell'uso del termine riabilitazione è comunque il fatto che si rivolge a una persona nel suo insieme, compreso il contesto personale e ambientale. Ancora una volta, si riabilita il sig Rossi, non l'emiparesi del sig. Rossi. Non può pertanto essere intesa come di esclusiva spettanza medica, e non ammette, a mio parere, né prefissi né aggettivi che qualifichino i settori patologici di applicazione: riabilitazione neurologica (e tanto meno neuromotoria), ortopedica, cardiologica, respiratoria, vescicale, anche per la frequenza con la quale il sig Rossi presenta contemporaneamente disabilità di origine neurologica, ortopedica, cardiologica, respiratoria, vescicale e magari cognitiva.
Rimane anche il problema dell'intervento su soggetti che non hanno, o non hanno ancora, acquisito, e quindi non possono aver perduto, delle abilità: il bambino con malformazioni o patologie perinatali. E' stato proposto per qualche tempo il termine abilitazione, che però non ha avuto fortuna. Dato che obiettivi, operatori e strumenti sono gli stessi, credo che il termine riabilitazione possa essere senza difficoltà esteso alla prima infanzia
Recupero: 
Etimologia
Lat re- restitutivo, capio prendo: ripresa di qualcosa che si è perso, in parte o tutto reinserimento nella vita sociale per mezzo di un'opera di rieducazione (Devoto Oli).
Rieducazione
Il termine rieducazione può essere molto adatto, e in questo senso è ampiamente utilizzato dalla letteratura francofona, per quella parte importante dell'intervento riabilitativo che consiste nel trattamento dei segni e nella ricerca di compensi. In questo senso è molto più giustificato dell'abusato riabilitazione.
Credo si possa accettare una rieducazione neurologica, ortopedica, vescicosfinterica nel senso di trattamento con metodiche di medicina riabilitativa dei segni delle rispettive patologie. Mai, mi si conceda, una riabilitazione neurologica, ortopedica, cardiologica e così via per indicare quella parte della presa in carico riabilitativa che si occupa appunto del recupero di funzioni alterate o perdute. Dare al termine riabilitazione il suo significato allargato e comprensivo.



Prefazione
Tra i VIP dannati e maledetti spopola la "rehab" ... tra i "damned diabetics" ancora no ... per fortuna il mio problema non è l'abuso di alcool e droghe, ma come mantenere il mio equilibrio in crisi di astinenza da attività fisica.
Dopo l'infortunio, mi sono ripromesso comunque di raccontare la mia personalissima roadmap da sedentario "forzato" ... ovvero 5 (?) settimane di riabilitazione per risanare il mio quadricipite sinistro: il bravo diabetico non andrà ovunque, forse non andrà in paradiso ma di certo non finisce all'inferno per un'infortunio ... dunque studiarsi, ritarare terapie, abitudini alimentari e trovare la quadratura del cerchio ... ovvero mantenere un compenso decente in attesa di riprendere a muoversi!
La mia "rehab" sta tutta qui ... niente guru, niente trattamenti speciali ... la solita ricetta fatta di tanti ingredienti, amalgamati e saggiamente dosati dallo strumento principe: la testa!

A giorni on line il diario delle prime due settimane di "rehab" e alcune mie personalissime considerazioni su come mi sono riposizionato.
Premetto sin d'ora che alla base di tutto è lo studio "critico" delle mie azioni e della mia terapia: l'utilizzo del Mellito Mini Book, il super diario metabolico targato DNL, si dimostra fantastico ... il Mini Book tutti lo vogliono ma poi pochi lo usano!
Sient'ammè! W il Mellito Mini Book! E sono convinto che nemmeno quest'infortunio e la sosta forzata scalfiranno il mio buon compenso e il mio generale buon umore. Resto un po' tormentato e complicato, ma daltronde con il bastone e zoppicante assomiglio sempre più al Dr House ... de noialtri!

REHAB WEEK 1 - 27 giugno_3 luglio > clicca qui per il pdf

Rehab Week 1 ... Mumble Mumble: Questa doveva essere la mia 6a settimana di preparazione per l'Ultratrail, invece è la mia prima settimana di sedentarietà assoluta degli ultimi 6 anni, ovvero da quando mi è stato diagnosticato il diabete di tipo 1. Situazione nuova e tutta da scoprire. Ritrovarsi fermi 24 ore al giorno, a parte l'espletamento delle funzioni corporali (acrobazie su water e bidet da far invidia a un ginnasta), comporta un drastico mutamento del metabolismo basale e delle abitudini alimentari. Nella mio schema terapeutico l'attività fisica ha un ruolo fondamentale, con un effetto volano sulla sensibilità insulinica: se con 26 unità di insulina die (tra basale e boli) riesco a metabolizzare 340 gr. di cho con una dieta da sportivo di endurance (50% cho, 30% lipidi, 20% proteine) tra le 2500 e le 3000 kcal die, correndo 100-120 km a settimana, in totale autonomia e autosufficienza, ottimizzando l'utilizzo dei substrati lipidici, senza episodi di ipoglicemia e con brevi e circoscritti "picchi" iperglicemici (max 250), glicata a 6,5 e massa grassa al 9% qualcosa vorrà dire. Magari un giorno la ricerca certificherà questo, ma senza pretesa di verità scientifica, la mia "esperienza" è un dato di fatto da cui non trarre di certo "esempio" ma forse qualche spunto e tema di riflessione, anche da parte dei più scettici.
Probabilmente si tratta di fortuna oppure di un "diabete" meno aggressivo, a volte penso tra me e me ...
Tutte balle ... basta vedere cosa succede appena ci si ferma. Ed è appunto quello che sto studiando: una situazione del tutto nuova per me ... essere diabetico e sedentario ... Ciò detto ritengo comunque possibile gestire anche situazioni più o meno lunghe di sosta forzata: vedremo come quanto e perchè. Come sempre non basta raccontare cosa si fa, bisogna anche dire come. Su questo, diabetici sedentari e iper attivi, con la sola eccezione di DNL e in parte C&D, latitano ...
Raccontarsi, mettersi in gioco, uscire allo scoperto non è un modo per mettersi in vetrina o per soddisfare ego e vanità (anche se Tolstoj sostiene che "se nella vita non si è vanitosi, non resta nulla per cui vivere") o ottenere chissà quali vantaggi. A mio avviso è molto più egoistico tenersi tutto dentro e non condividere con gli altri nuove e positive chiavi di lettura, diversi e non convenzionali approcci al diabete. Ci sono tantissimi atleti con diabete fortissimi, pochi però disposti a raccontarsi fino in fondo: mi piace pensare ciò sia dovuto ai tanti impegni o forse al fatto che presi dal nostro intenso quotidiano vivere non ci si è riflettuto su abbastanza o forse al fatto che non siamo ancora riusciti a comunicare con chiarezza il verbo "diabetenolimits". Altra ipotesi ... è legittimo farsi i fatti propri e tenersi il proprio diabete per sè: bene così, ovviamente. Libertariamente, non condivido ma rispetto, mio malgrado, questa scelta. Tuttavia molti tendono a riempire gli spazi e la scena del mondo sportivo a glicemia controllata quando c'è da ritirare un premio, gareggiare gratuitamente o farsi finanziare una cd "impresa" ma quando debbono raccontare nel concreto come si gestiscono o "zitti e mosca" oppure, scrivono, o si fanno scrivere, cose troppo "general generiche", magari formalmente impeccabili e politically correct (importanza autocontrollo, allenamento, test valutazioni etc) ma inutili se non contestualizzati, o castronerie, demagogia e deliri che hanno dell'incredibile nella peggiore delle ipotesi. Basta leggere gli articoli che vanno per la maggiore su tutte le riviste settoriali che troviamo negli ambulatori di diabetologia (di cui anch'io sono stato in passato protagonistca (in)consapevole ...). Ovviamente non voglio offendere nessuno, ma far riflettere. Poi anche a me spesso capita di scrivere "cagate pazzesche" ... ma i miei dati di gestione sono sempre a disposizione. Anche da infortunato, l'abuso di pontificazioni rimane ... anche per questo avrò bisogno di andare in "rehab".
Dopo lo stop, la coda "benefica" si è protratta per 4 gg ma dal 5 giorno di stop ho dovuto riposizionare la terapia.
La media del diario mi dice rapporto insulina 1:14 ma è una media tra l'1:20 dei primi giorni e l'1:10 degli altri.
Ciò detto, l'importante è non arroccarsi su posizioni ferme e non dire mai: "sto così bene e vorrei che tutto rimanesse esattamente come è" ... la vita non è un sogno ... forse è un dono o forse è un caso, ma cosa cambia?
Per tanto, quando è ora di cambiare bisogna cambiare. Nessuno è indispensabile. Nulla è immutabile. Ho iniziato a modificare dosaggi, dieta etc ... per inseguiree lo stesso compenso "pre-rehab" sono già a 35 unità die pur avendo diminuito di un 20-25% l'apporto calorico die e il totale dei cho.
Troppo presto ancora per dire dove arriverò, anche se quando scrivo sono già a fine della seconda settimana dove ho però trovato un mio equilibrio.
Il 19 agosto riverificherò glicata e assetto lipemico: il mio obiettivo è mantenere una glicata inferiore a 7 e dati lipemici nella norma e peso non superiore ai 70 kg.
Altre considerazioni più circostanziate e ficcanti nelle prossime settimane.




Week 5!
MY ROADMAP STOPS HERE!

Il giorno 24 giugno 2011, durante un allenamento di perlustrazione sull'Alta Via dell'Adamello, mi sono infortunato alla gamba sinistra: sospetta lesione al tendine quadricipitale ... 20 giorni di stop e altrettanti di riabilitazione. A breve aggiornamenti!

Mio malgrado mi vedo costretto ad esercitare l'opzione RINUNCIA! A metà del cammino vs AST!
Carissimi DNL Friends, ora più che mai, tocca a voi raccogliere il testimone presidenziale della pratica sportiva (ir)responsabile con racconto!
Diabetenolimits vi aspetta!

Quadro clinico dell'Issimo infortunato!


Dopo 5 settimane, 24 allenamenti, 472 km, 92 ore e 24000 mt di dislivello positivo si chiude la mia Ultra Mellito Road Map 2011 … niente lesione tendinea per fortuna, "solo" una presunta lacerazione muscolare al vasto mediale (salvo ulteriori indagini su ginocchio con risonanza magnetica tra qualche giorno) … dovrei poter tornare a correre a settembre spero più forte, grintoso e consapevole di prima!

Diagnosi Egografia: Il tendine del quadricipite femorale presenta regolare morfologia ed ecostruttura. A questo livello è apprezzabile discreto versamento liquido che contorna l'inserzione distale del vasto laterale e soprattutto del vasto mediale, il quale parrebbe presentare parziale lacerazione con versamento intramuscolare del maggior asse di 36x6 mm.
Si consiglia controllo ecografico a distanza o approfondimento mediante RM.

In questi giorni di convalescenza, oltre a elaborare un racconto della mia giornata più lunga sull'Alta via dell'Adamello, raccoglierò comunque i dati metabolici per indagare le modificazioni delle mie risposte metaboliche alla sedentarietà forzata e il riposizionamento terapeutico e nutrizionale cui mi vedrò verosimilmente costretto.
Una personalissima roadmap del "sedentario" direttamente dal Mellito Mini Book presidenziale!


†††

Just cracked! Il mio giorno più lungo …    
Cronaca di un infortunio sulle creste dell'Adamello



SU E GIU' PER L'ADAMELLO MARCONDIRONDIRONDELLO!
Cambio di programma dell'ultimo minuto e decido di provare a perlustrare l'Alta Via dell'Adamello nr 1, sentiero di media-alta montagna che fa parte del percorso dell'Adamello Super Trail, la durissima corsa in natura cui sono iscritto e che si svolgerà il prossimo 29-30-31 luglio.
Trasferimento da venerdì sera 24 giugno al Rifugio Tita Secchi, quota 2355 mt slm, in compagnia di Mitch, partendo dal Rifugio Bazena (1870 slmv) via Forcella Valfredda. 2h15 per salire i quasi 8 km x 500 d+ … brava Mitch … mezzora meno della tabella CAI!
Cena alle h 21,00 … rifugio deserto … solo i gestori e un ospite oltre a noi, peraltro veronese. Efficientissimo il giovane Giacomo, nipote-aiutante tuttofare dei gerenti.
Posto incantevole … il rifugio si specchia nelle acque del Lago della Vacca … qui si arriva solo a piedi o per mulattiera …
Sto benissimo … la lunga trasferta (proveniamo da Bardonecchia), il caldo della pianura, tornanti e guida attenta non hanno scalfito il mio stato di benessere generale. Il passo controllato dettato da Mitch mi ha consentito di "salvare le gambe" per l'indomani
Cena semplice e buonissima: pasta al pomodoro squisita, stracotto di manzo con patate lesse e giusto un po' di crema di yogurt con castagne. Birretta, Grappino, caffè e a letto presto. Domani si parte presto … proverò a seguire l'Alta Via Nr 1 dell'Adamello fino a Temù (55-60 km x 4500 d+ ca) anche se non ci sono grandi speranze di poterlo percorrere tutto. La neve è ancora tanta. L'obiettivo minimo è raggiungere il rifugio Maria e Franco e poi o rientrare al Tita Secchi o raggiungere la valle e poi farmi recuperare nel pomeriggio da Mitch. Se poi i passi fossero percorribili magari arriverò a Temu e completerò così la perlustrazione dell'A.V. n. 1. Ai vari rifugi deciderò se scendere a valle e farmi poi recuperare da qualche parte in Val Camonica o se proseguire. Alle 23.30 si va a dormire nella deserta camerata del rifugio. Prima di coricarsi, Mitch mi aiuta nel delicato rito della fasciatura dei piedi. Per la cronaca il record di percorrenza Tita Secchi-Rifugio Garibaldi è di 6h57 minuti. Io mi accontenterei di metterci 12-13 ore.
Il cielo è stellato. Albeggia. Sveglia alle 4,20. Colazione fai da te … Alda, la gestrice del rifugio, mi ha preparato l'acqua e il microonde con pane, marmellata e bustine di tè.
La giornata promette bene. Su di noi nemmeno una nuvola.
Glicemia in ordine … i compiti fatti a casa servono a qualcosa e il mix combinato di terapia, alimentazione, autocontrollo, attività fisica sapientemente gestito dalla nostra testolina mi consente ogni giorno di più di mettere il diabete e la stabilità glicemica sempre più in basso nella scaletta delle mie priorità. Oggi la mia principale preoccupazione è su due fronti: 1. mappe e navigazione 2. autosufficienza e sicurezza.
Non ho grossi timori dal punto di vista della preparazione atletica. Procederò a passo spedito ma senza correre. E' una perlustrazione, a 7 giorni da una 90 km non ho bisogno di fare "qualità". Si tratta di un lungo lipidico di esplorazione dove non debbo stancarmi troppo mentre debbo acquisiste confidenza con pendii, ambiente e orientamento in zona Adamello.
Alle 5,15 sono pronto per partire: la meticolosa preparazione mi ha rallentato un po'.
Equipaggiamento perfetto e full optional: Zaino Olmo Raidlight con pochette supplementare, ecotazza, doppia borraccia da 80 cc, integratori e cibo per circa 400 cho, tuta d'emergenza, telo d'emergenza, pantalone e maglia termica, maglia tecnica, pantaloncino corto, calzettone pesante, tutti di scorta, antivento impermeabile, cappello di lana e cotone con visiera, occhiali da sole, gps con traccia Alta Via, Garmin di scorta, doppio cellulare con batteria carica, ghetta anti shock, fasciature ai piedi, nastro per bendaggio d'emergenza, mappe plastificate, libretto guida Alta Via, numeri utili, CGM, sali minerali, insuline, aghi, glucometro in contenitore waterproof, tessera del CAI, 80 euro in contanti, minirecorder Sony, guanti, cintura con bastoncini infilati a mo' di spada pronta estrazione, accendino, 2 cubetti diavolina per fuoco d'emergenza, pomate antisfregatura. Calzatura tecnica Inov Roclite 320, fischietto, cordino, batterie di scorta, doppia lampada frontale, catarinfrangenti. Assetto a prova del più rigoroso dei regolamenti di un ultra trail.
Si parte. Un bacino a Mitch, un paio di foto e via sulla mulattiera che sale al Passo del Blumone. Dopo pochi minuti mi rendo già conto che la situazione è complicata. La neve è tanta e ghiacciatissima. Prosegurie sulla mulattiera è pericolosissimo, tagliare il pendio ancor di più (se scivoli giù finisci a valle spiaccicato). Penso di tornare indietro, abbandonare l'esplorazione e riposarmi nel lettone.
Poi decido di procedere per una via direttissima lungo gli sfasciumi di granito non innevati a mo' di rocciatore, raggiungere il passo e dunque decidere poi in base alla situazione.
La salita è molto lenta e ci vuole prudenza per non scivolare o non mettere il piede in fallo.


Fasciatura dei piedi e glicemia al risveglio ...



Più di un ora per arrivare al Passo del Blumone (2633 mt slm). Ne vale però la pena. Ad oriente si apre il paradiso terrestre … il sole alle 7 è già alto e scalda. La neve è morbida, il panorama straordinario, il clima caldo, la segnaletica essenziale ma sufficiente a prendere la direzione giusta. Da qui in poi non conosco il tracciato. Il percorso del gps passa lievemente sopra l'attuale tracciatura del sentiero n.1 ma tagliando tra rocce, neve e traversi giungo piuttosto celermente al bivio del passo del Termine giusto sotto il  crinale del monte Laione. Qui procedo a sx in costa seguendo le indicazioni nr 1 e rifugio Maria e Franco. A dx si finisce in Val Caffaro. Ritmo lentissimo … ma verificare direzione, non farsi male, studiare il terreno fa perdere tantissimo tempo. Ho mezzora di ritardo sulla tabella di marcia. Glicemie stabili tra 100-120 come da sensore. Nessuna integrazione. Ottime sensazioni, indecisione e curiosità su cosa mi aspetta. Sempre a fantasticare e a fare proeizioni, a immaginare come sarò quando giungerò qui in gara, dopo aver già percorso 100 km …
Ora però i simboli del CAI sono più fitti e la traccia di sentiero chiara ed evidente anche se non ci si può distrarre un attimo altrimenti si perde la via ideale. Chi conosce i luoghi può procedere giusto puntando la direzione. Impossibile sbagliare se si riconoscono i pendii. Non è il mio caso.
Giunto sotto il Monte Listino sempre in quota 2400-2500 si scende fino a 2100 mt verso la Conca del Gellino con vista sui pascoli sottostanti e attraversando rivoli d'acqua, placche rocciose e zone acquitrinose. Fondo erboso e morbido prima di salire e valicare la sella "Sotto Rossola" (2302 mt).
Piede sicuro. Le Inov Roclite 320 si dimostrano scarpe dall'ottimo grip. Peccato manchi quel po' di ammortizzamento in più che la renderebbe perfetta. Comunque l'Alta Via richiede la scarpa specialistica.
Segue un tratto innevato scavato nella roccia dove procedere con prudenza tra enormi blocchi granitici.
Si riprende a salire puntando le bocchette di Brescia, la cui sagoma si staglia difronte a me. I simboli del Cai compaiono e scompaiono. Acqua ovunque. Giungo all'inizio del percorso attrezzato che conduce ai 2700 metri di Bocchette di Brescia. Per attaccarlo debbo aggirare un tratto ghiacciato arrampicandomi su delle rocce previo acrobazie pindariche. Mi scivola dalla tasca il libretto sul sentiero nr 1 e mi finisce in un crepaccio. Perso un pezzo. Peccato … inutile provare a recuperarlo. Lo ricomprerò!
Mi arrampico prudente, godendomi la splendida vista tra scalette, catene e ganci, usando all'occorrenza le mani, fino a sbucare in vetta.
Qui la prima sorpresa: neve ghiacciata, nessuna traccia del sentiero, nessuna pesta lasciata da qualcuno. Qui quest'anno non è passato ancora nessuno.
Ovviamente bisogna tornare indietro. Sapevo che sarebbe capitato prima o poi, ma sinceramente speravo di arrivare almeno al Rifugio Maria e Franco, lontano non più di 800 mt in linea d'aria, 300 mt di quota più in basso.
Mi piglia però la voglia di esplorazione e una morbosa forma di curiosità. Cammino un attimo in cresta e mi pare di intravvedere una traccia di sentiero nella neve. Il rischio di scivolare è alto e in più si tratta di un versante ripido e senza appigli o protezioni naturali. Scorgo alcune rocce sulla mia sx e provo a raggiungerle non senza apprensione. Appollaiato protetto dagli speroni rocciosi osservo il fantastico panorama e con una breve scivolata di un metro raggiungo un altro costone di roccia. Scendo ancora un paio di metri sulle pietre per rendermi conto che in realtà la traccia intravista non esisteva: era solo una breve incavo di neve assai ghiacciato con rischio di caduta libera a valle. Retro-Front! Mi giro cautissimo, visto l'elevato rischio scivolata e risalgo per le rocce non senza sussurrarmi "via di qui il prima possibile".




Mi rendo conto che scendere è stato più facile che risalire. Ed eccoci al momento clou. La neve tra la roccia su cui sono appoggiato cede e finisco sotto di un'ottantina di centimetri. Niente di grave. La neve sembra dura. Facendo leva con braccia, bastoncini e gambe mi tiro fuori, ma mentre sono pronto a balzare sul successivo blocco granitico perdo l'appoggio di un piede e la gamba sinistra, già piegata, subisce un forte trauma accentuato dall'urto contro un sasso appuntito. Dolore incredibile sia sul vasto laterale che all'inserzione del vasto mediale. Mi sembra di essere bloccato e di non poter muovere la gamba. Attimi di silenzio e paura. Urlo il nome del gestore del rifugio per vedere se c'è qualcuno. Ma sono troppo lontano.
Capisco comunque che ho una residua mobilità dell'arto. Mi rilasso un attimo e cerco forza e concentrazione. Vedo sparire tutti i miei sogni di gloria, i miei progetti, gli allenamenti programmati, le gare, i buoni propositi, le mie pontificazioni su prudenza, uso della testa, pratica sportiva responsabile. Ritrovo una strana forma di autocontrollo, un mix tra sangue freddo e scariche adrenaline. Con la forza delle sole braccia mi tiro fuori dal buco e con i bastoncini mi preparo gli appoggi per i piedi. Riesco a conquistare di nuovo la cresta strisciando sulla neve col passo del ghepardo. L'infortunio è serio ma rimessomi in piedi riesco a camminare. Male male malissimo. Sarà un lento rientro. Niente campo del cellulare e qui nemmeno per i numeri di emergenza. Mi domando se non sia il caso di chiamare il 118 appena il cellulare mi darà il segnale "SOS". Sono a quasi 2800 mt. Il sole splende. Sono le 9.40 della mattina. Nella sventura, comunque orario e condizioni climatiche, oltre ad equipaggiamento (vestiario, cibo e acqua) mi consentono un'autosufficienza di parecchie ore e al limite anche il bivacco.
La mia prima preoccupazione è avvisare Monica che attende news al rifugio per decidere se aspettarmi lì o se scendere a valle per poi recuperarmi. Spero non si agiti troppo e si rilassi fiduciosa del mio rientro.
Intanto debbo ridiscendere il percorso attrezzato: un calvario. Dolore, dolore, dolore, ma a piccoli passi giungo alla fine. Qui il problema: prima, con le gambe sane, fare deviazioni, balzare sulle rocce, puntellarmi e scivolare come un'anguilla era un gioco da ragazzi. Adesso ogni minima pressione sulla gamba sinistra mi provoca dolori lancinanti.
Opto per lasciarmi scivolare per 3-4 metri sulla neve, riparandomi con lo zaino. Mi butto a valle lentamente fino ad appoggiarmi non troppo violentemente contro un morbido roccione cubico di granito. Anche questa è andata. Sono ancora integro anche se ogni scuotimento è sofferenza acuta allo stato puro. Non lo auguro a nessuno. Il passaggio critico è superato. Mi metto in piedi e via … mai fermarsi, piano piano, valuto in circa 6 ore il tempo di rientro per il rifugio Tita Secchi. Prima delle 15 difficilmente ci arriverò. Monica sarà già preoccupata visto che avevo detto che entro l'una al più tardi l'avrei raggiunta o comunque avvisata sullo stato dell'arte.



Assorto nei miei pensieri e nelle mie mille recriminazioni incedo a passo di lumaca. L'amarezza è tanta, aumentata dalla certezza che l'infortunio è serio e mi impedirà di proseguire la preparazione per un bel po'. Un programma atletico massacrante e forse eccessivamente ambizioso che stavo però completando  senza intoppi e con sorprendente capacità di recupero. Sigh Sigh!
Mantengo una calma surreale facendo ricorso a tutto l'AUTOCONTROLLO e la PERSEVERANZA di cui dispongo. All'improvviso in lontananza avvisto la sagoma di tre escursionisti.
Pochi minuti e ci incrociamo. Sono diretti al rifugio Maria e Franco. Li informo sulla non praticabilità del sentiero e sul mio infortunio e loro si rassicurano sul mio stato. Applicando neve in continuo sulla coscia il dolore è sopportabile grazie alla gamba anestetizzata. Li invito a proseguire la gita e sulla via del rientro di recuperarmi tanto al mio passo sarò verosimilmente raggiunto in prossimità del Passo del Blumone.
Dunque rifiuto l'ennesimo invito a chiamare il 118 e procedo azzoppato.
Attraversare i tratti innevati all'andata era divertente ora mi prendono tutte le paure … procedo prudente e cerco tutti gli stratagemmi per alleviare il dolore e non commettere passi falsi: la più minima incertezza si ripercuote sui percettori del dolore.
Mumble mumble continuo. Accendo il cellulare (ne ho due con me tutti carichi) sperando che in qualche punto ci sia segnale. Niet!
Ritornando sui miei passi mi rendo conto che prima delle 16 difficilmente sarò all'arrivo.


Pronto per la partenza ... allestimento completo. Aguzzate la vista per riconoscere i particolari!

Nell'attraversamento di un ponte di neve finisco finisco dritto sul fondo nel torrente. Un urlo si diffonde nella valle. Le marmotte si zittiscono difronte alla mia agonia. Sono ora sotto un'arco di neve, immerso nell'acqua fino alle ginocchia. Percorro qualche metro del torrente e risalgo sul sentiero. Perfortuna ho poggiato con la gamba buona sul fondo ma ho comunque rischiato stavolta davvero di farmi male sul serio.
Massa muscolare e preparazione atletica mi hanno salvato da infortuni peggiori. La resilienza mentale mi aiuta a non perdermi d'animo. La fatica non è atletica ma psicologia: è una resilienza alla sofferenza e alla sopportazione del dolore. Mi fanno male le labbra: la bocca è sempre tirata da ore. Non ricordo cosa dicevo tra me e me, ma la frase ridondante era: "Non fermarti". Ho enormi difficoltà in discesa, mentre in salita la gamba dx supplisce alla mancanza di funzionalità della sx.
Ogni tanto mi giro indietro per vedere se i tre escursionisti stanno rientrando: ho bisogno di un po' di supporto morale. La compagnia aiuta a digerire meglio anche gli infortuni. Al bivio per il passo del Termine seguo la traccia più bassa del gps (all'andata ero stato più alto), ora battuta da qualche escursionista mattutino. Alcuni tratti di traverso sulla neve mi inquietano un po' perché c'è il rischio di scivolare e la mia confidenza con equilibrio e proprioricettività è oramai prossima a zero. Provvidenzialmente vengo raggiunto proprio qui dai 3 escursionisti, Daniele, Davide e Mauro, con cui condividerò le ultime due ore di "passo lento e sofferto". Sono gentilissmi. Mi preparano sempre la traccia sulla neve e nei tratti più complicati mi prestano la spalla come appoggio. Finalmente raggiungiamo il Passo del Blumone. Rallento tantissimo la loro tabella di marcia ma la montagna non è solo solitudine e contemplazione ma anche solidarietà e mutuo soccorso. Pian piano ma arrivo. Qui all'improvviso sento il segnale di alcuni messaggi e chiamate non risposte dal mio cellulare. C'è campo pieno. Chiamo dunque il rifugio (avevo per fortuna in memoria il numero) e avviso che sto lentamente rientrando. Monica è partita da poco per andare a valle. Lei ha sempre fiducia che ce la faccio e per fortuna pensa sempre in bene. Forse crede più lei nelle mie qualità atletiche e resilienti di quanto faccia io. Lascio detto di aspettarmi comunque alla macchina a Passo Bazena dove al mio passo non giungerò prima delle 9 di sera.
Torniamo a noi. Ora bisogna  scendere al rifugio Tita Secchi. Il sole è alto, la neve ghiacciata della mattina ora è sciolta ma il rischio di scivolare, specie se azzoppati, è tanto. Con le gambe buone sarebbe stato un divertimento assoluto buttarsi giù di corsa, zigzagando e simulando una sciata. Invece scendo come una lumaca, poggiando all'occorrenza le chiappe, con la gamba dolorante oramai all'inverosimile e le mani ghiacciate. Provo tutte le tecniche: camminata all'indietro, laterale, scivolata. Ma cambia poco. Uno dei tre bresciani va avanti ad ordinare la pastasciutta, gli altri due restano pazientemente con me. Senza di loro sarebbe stato molto più complicato. Sono quasi 7 ore che zoppico e oramai anche la mia capacità di sopportazione è un po' in crisi. Mantengo la calma e sdrammatizzo con qualche battutina.
Alle 16.15 giungo al rifugio Tita Secchi, mi risento con Monica, rifiuto l'ennesimo invito a chiamare il 118 e mi siedo a tavola con i tre occasionali soccorritori: minestrone, birra e caffè. Provo inutilmente a offrire io: mi concedono solo di pagare le birre.
Ora mi mancano gli ultimi 8 km per arrivare alla macchina e raggiungere Mitch. Libero i tre dal ruolo di soccorritori. Mi rimetto in piedi, mi vesto un po' più pesante, indossando il giubbino smanicato "3V finisher" retaggio di un podio che mi sembra lontanto anni luce. Dal podio al patio di un pronto soccorso il passo è breve!
Il sentiero è ancora lungo ma ora decisamente più facile. Riparto. Altre 4 ore di cammino. In mezzora percorro quando va bene poco più di un km. Decine di marmotte fischiettano al mio passaggio. Sono talmente lento che nemmeno mi temono e si avvicinano che le potrei accarezzare.
Ci sono un paio di tratti innevati esposti che non ricordavo e che mi causano non poca apprensione: oramai sono psicologicamente indebolito e tutto mi fa paura. Mi faccio forza e supero super prudente e lentissimamente i tratti potenzialmente pericolosi. A metà cammino incontro Mitch che nel frattempo si è incamminata per venirmi incontro. Un breve, profondo e intimo sfogo con lei, più legato al dispiacere per averla fatta preoccupare che per altro: un piantino presidenziale in cui ho rivissuto tutta la fatica e lo stress emotivo di questa disavventura.
Un rumore in lontananza … è una moto da trial. Un tracagnotto e robusto motociclista risale il pendio. Monica nell'ascesa aveva infatti incontrato un giovincello alla guida di un trattore chiedendogli se poteva salire a recuperarmi. Il giovane apparentemente sembrava non aver compreso le frasi proferite con forte accento sorrentino. Invece era corso dal padre ad avvisarlo e questo si era prontamente messo in allerta e montata la moto si è subito diretto al salvataggio dello "storpio".
Giunto davanti a noi, mi osserva e mi dice: "A questo passo ci metti altre tre ore ad arrivare alla macchina". E poi aggiunge: "perché non hai chiamato il 118?"
118 asino cotto! Oramai è la decima persona che me lo dice.


Ultima immagine dell'Olm'issimo zampettante ... arrivo a rifugio Tita Secchi del venerdì!

Salgo sulla moto, dolori incredibili per completare l'operazione. Il percorso è molto tecnico ma il bravo motociclista si destreggia benissimo tra rocce, fronde e ghiaioni. Temo di prendere qualche colpo alla gamba infortunata che già mi fa un male boia ad ogni scossone. Mi aggrappo forte al corpulento motociclista di montagna.
Mitch segue corrichiando in compagnia del cane (dovrebbe essere un pastore bergamasco) al seguito del buon samaritano motociclista.
"Proteggere sorvegliare e guidare le greggi … o pastore bergamasco .. aiuta la pecorella smarrita e infortunata a tornare all'ovile!"
15 minuti di sofferenza assoluta, ma sono all'automobile. Il mio SUV decennale è li che mi aspetta con i suoi comodi e ampi sedili in pelle e qualche abito asciutto.
Un grazie al soccorritore di fortuna e di poche parole: qui non ci si perde troppo in fronzoli. Aiutare chi ne ha bisogno è quasi visto come qualcosa di ordinario e che non necessita di grazie, riconoscenza o altro. Appoggiato il trial a terra, svolto il proprio dovere, si volta subito pagina: il baffuto allevatore torna alla mungitura delle vacche in compagnia di figli, zii e nonni. Le mammelle delle brune alpine e delle frisone ringraziano.
18 km di sentieri e pietre con una gamba azzoppata ... 10 ore in cammino ... cose di altri tempi! Ora bisogna pensare alla diagnosi e alla cura!
Con Monica ci dirigiamo al più vicino pronto soccorso: Esine, come da indicazioni dell'anonimo montanaro bresciano.
Dopo le opportune verifiche e considerazioni, optiamo per non ricoverarmi e rientrare a casa ben fasciato e tutorato. La diagnosi prospettata non è delle migliori.
Anche qui tutti mi chiedono come mai non ho chiamato il 118?
Da domani faremo ulteriori indagini. All'una di notte arriviamo a casa … sono sveglio da più di venti ore.
Diabete Off Road 2011 per me finisce qui. Diagnosi, recupero? Tutto in fieri … ma credo ritornerò alle corse e comunque sicuramente al mondo dello sport. Non so quando, ma penso di ritornare.
Oggi, a 7 giorni dall'infortunio, sono a riposo assoluto per 25 giorni. La mia coscia sinistra sta lentamente perdendo tono muscolare mentre gli ematomi si riducono. 48 cm la coscia destra (integra), 46 cm forse meno quella sx … un bel lavorone ritrovare le cosce presidenziali "alla Nela" (terzino della roma dello scudetto degli anni '80 noto per le dimensioni incredibile dei quadricipiti)
Sono nelle mani di un ottimo ortopedico, di un ottimo chinesiologo e spero di un corpo predisposto al recupero. Tra due mesi vediamo se la formula funziona!



118 sì 118 no … Come mai non ho chiamato il 118?
Ancora oggi mi chiedo perché non l'ho fatto. C'erano tutti i presupposti oggettivi per farlo. Una serie di motivi, tutti validi forse, che proverò con franchezza e onestà intellettuale, o quella che mi rimane, a riepilogare.
Un'inutile apologia del senno di poi ma forse un utile strumento per chi dovesse suo malgrado trovarsi ad affrontare una situazione simile.
1. la voglia di cavarmela da solo, comunque, di non abbattermi, sapendo che lento ma inesorabile ce l'avrei fatta
2. una sorta di autolimitazione, di non richiedere l'intervento dell'elicottero se non quando mi fossi trovato in situazione di vita o di morte, mentre una gamba azzoppata mi sembrava quasi un danno collaterale ma non grave. Mi è sembrato che l'elicottero dovesse essere a disposizione di chi realmente si trovava in difficoltà, non di chi come me poteva comunque cavarsela da solo.
3. autopunizione: punirmi per l'imprudente scelta di perlustrare un tratto di sentiero che andava subito abbandonato, soprattutto perché ero da solo. Infliggermi cioè delle presidenziali fustigazioni morali e fisiche, per rafforzare la scorza e a ricordarmi di non ripetere più simili imprudenze. L'imprudenza non è rappresentata dall'essere andato a 2800 mt e da solo, ma dal non aver adottato tutti gli accorgimenti per evitare di finire nei guai. Gli infortuni ci stanno quando si corre in condizioni estreme e per sentieri, ma questa volta un po' me la sono andata a cercare. "La sfortuna non esiste ovvero esiste nella misura in cui è vera sfiga ovvero esiste nella misura in cui diamo all'imprudenza la possibilità di esprimersi"
4. rifiuto dell'aiuto esterno e statale in particolare, assistenza sanitaria d'emergenza inclusa, conseguenza della mio liberismo esasperato e dei miei studi universitare su Albert Jay Nock e altri autori campioni del liberismo e dello stato come nemico. Our enemy the State! Improbabile, ma continuo a pensare che, fatti i conti, la jungla fa meno danni del più efficiente e organizzato degli stati. Scusate, ma la laurea in scienze politiche ha il suo prezzo da pagare.
5. stupidità: a posteriori, credo sarebbe stato saggio farmi venire a prendere dall'elicottero. C'erano tutte le condizioni e in più come socio CAI non avevo di che preoccuparmi per eventuali spese addizionali.
6. inutile dimostrazione di forza: non lo so. Non credo. 50.000 anni di storia non hanno distrutto del tutto il patrimonio genetico dell'uomo ancestrale, cacciatore e autosufficiente, capace di resistire a condizioni ambientali proibitive e a livelli di sofferenza inaudita. Forse l'incidente e l'adrenalina hanno accentuato questo aspetto della mia personalità, ma veramente non debbo dimostrare niente a nessuno e tanto meno a me stesso. A volte si procede per abitudine e io sono talmente abituato alla fatica e all'arte dell'arrangiarmi e dell'autosufficienza che non mi sembrava di dover chiedere aiuto anche se, a motori spenti, ripensandoci, credo che mi sono giocato tutti i santi protettori e i jolly dei prossimi 10 anni e forse più.

Due citazioni, tanto per gradire.

"Qualsiasi passo verso la saggezza richiede una buona dose di imprudenza"

Lo Zen e l'arte della manutenzione della resilienza:
"Gli esseri umani sono morbidi e flessibili quando nascono, duri e rigidi quando muoiono. Gli alberi e le piante sono teneri e flessibili quando sono in vita, secchi e rigidi quando sono morti. Perciò' il duro e il rigido sono compagni della morte, il morbido e il flessibile sono compagni della vita. Un combattente che non sa arretrare non può' vincere; un albero incapace di piegarsi si spezza. La rigidità e la forza sono inferiori, la flessibilità e la morbidezza superiori"

Zen a parte, stante la "resilienza" come qualità da allenare tutti i santi giorni, non fate quello che ho fatto io: siate vigili, attenti e accorti, sempre!
Il super ego che è in noi va contenuto sempre, anche quando a 2800 metri sulle creste dell'Adamello con i muscoli pieni di forza e gli occhi iniettati di felicità vorresti volare sulle pietre e correre sui ghiacciai come un invincibile. Gli invincibili sono solo in TV: attenzione al doping mentale che ci pervade e che ci aliena dalla realtà. La rinuncia è sempre un'opzione da valutare, anche quando ci sentiamo e siamo sul tetto del mondo. Non ero a un metro dalla vetta di un ottomila, ma in una situazione assolutamente più ordinaria e ho dimostrato un mio limite: l'impazienza. Avrei dovuto ritornare sui miei passi ... l'Adamello era lì ad aspettarmi e non scappava. Mi consolo pensando che il destino così ha voluto, anche se io nel destino poco credo. I piedi per terra, sempre. Adesso io sto con la gamba sx sollevata e così sarà per i prossimi 25 giorni. A chi ancora le gambe buone ha, correre e gioire del movimento e della meravigliosa mobilità!
A me saper tornare più forte di prima, a me saper imparare dai miei errori.
Se non altro di diabete non avete sentito parlare (a parte il consueto diario metabolico allegato) … è stata una non preoccupazione … a parte che in tutta la giornata ho assunto 178 gr di carboidrati ... lipidico lipidico lipidico ... basale e giusto 3 unità di bolo all'una di notte prima di coricarmi, quando mi sono mangiato qualcosa. L'iniezione di antidolorifico funziona e dormirò profondamente fino a mattino inoltrato: meritato riposo dona a me o' signore!
per fortuna la consapevolezza e la capacità di gestione mi consentono di assegnare delle priorità … e oggi la priorità era NON ANDARE IN PANICO, TENERE DURO e PORTARE A CASA LA PELLACCIA. Altro che paura dell'IPO o di quale strana reazione del mio metabolismo imperfetto degli zuccheri allo stress e alla fatica! Diabete sotto Controllo anche quando tutto il resto non lo è. Diabete No Limits, ma Adamello Off-Limits .. almeno per quest'anno!
Spero a prestissimo, comunque quanto prima potrò e saprò.

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Antefatti Infortunio ... i buoni propositi!

ULTRA ROAD MAP 2011 ... Olm'Issimo is Back!
Riprende il processo di olmizzazione presidenziale ... nel 2011, Olm'Issimo punta in alto ... Adamello Super Trail
E' tempo di mettere il nostro metabolismo imperfetto degli zuccheri alla prova per 160 km e 9000 mt d+

Resilienza a 360° gradi ... 
Il laboratorio Diabete Off-Road sperimenta ...
responsabilmente, in autosufficienza, in pace con il mondo e con la natura!

Allenare, riscoprire e migliorare ...

Resilienza Atletica, Resilienza Metabolica, Resilienza Nutrizionale,
Resilienza Ambientale, Resilienza Tecnica, Resilienza Mentale, Resilienza Motivazionale,
Resilienza Fisiologica, Resilienza Funzionale, Resilienza Glicemica,
Resilienza Terapeutica, Resilienza Lipidica, Resilienza Materiale, Resilienza Filosofica
... e chi più ne ha più ne metta!

Sempre e comunque ...  SORRIDERE ALLA RESILIENZA!
Sempre e comunque ... valutare l'opzione RINUNCIA!


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SEGUI LA ULTRA ROAD MAP ON LINE!
70 giorni = 10 settimane di racconto ... dal 23 maggio al 31 luglio 2011


On line la settimana nr 1: 23 - 29 maggio!


On line la settimana nr 3: 6-12 giugno


On line la settimana nr 2: 30 maggio-5 giugno
      
 
on line la settimana nr 4: 13-19 giugno


on line la settimana nr 5: 20-26 giugno

MY ROADMAP IS OVER!

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On line la "Ultra Road Map by Olm'Issimo" ,
ovvero il percorso di avvicinamento all'appuntamento con l'Adamello Super Trail del 29 luglio 2011*
Cliccando su ciascuna settimana potrai seguire allenamenti, diario metabolico, note nutrizionali, sensazioni.
A parte dettagli completi di esplorazioni, test, gare, commenti di esperti, consulenti e tecnici, "pontificazioni presidenziali", immagini, varie & eventuali!
*salvo imprevisti



OLM'ISSIMO IDENTIKIT



PROGRAMM'ISSIMO ULTRA ROAD MAP


Tab'Issimo
... il programma di allenamento previsto




TEAM OLM'ISSIMO @ ULTRA ROADMAP

1. Marcello Ginami, trailrunner, ultramaratoneta e fisioterapista Atalanta Calcio > consulenza atletica
2. Doc Mario Vasta, endocrinologo, medico sportivo > consulenza metabolica, fisiologica e nutrizionale
3. Huber Rossi, preparatore atletico Marathon Sport Center > consulenza atletica
4. Doctress Monica Miccio, dietologia e dietetica applicata > consulenza nutrizionale
5. Alberto Tassi, chinesiologo > consulenza posturale e chinesiologica
6. Michele Capuzzo, trail runner > compagno di allenamenti
7. Pietro Pesenti, runner con diabete > compagno di allenamenti
8. Alessandro Grippo, runner DM1 > consulenza statistica e informatica
9. F.V. > consulenza percorso (da confermare)
10. P.T. > consulente di resilienza (da confermare)

Tutte le persone coinvolte in questo progetto operano nel puro spirito del volontariato
e sono espressione di quel senso genuino delle cose fatte con il cuore di cui l'associazione Diabete No Limits si fa promotrice!
(work in progress)