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Diabete Off-Road @ 2013 - Trail du Verdon


DIABETE OFF-ROAD @ TRAIL DU VERDON
Verdon Canyon Challenge > 100 km • 6500 D+ • 15 giugno 2013 • h 3,00 a.m.

Al ventennale del Trail du Verdon (1993-2013), DNL c'è!



REPORT TRAIL DU VERDON
QUITTER A TESTA ALTA!
Cronaca di un ritiro non annunciato ...
testo di Cristian Agnoli, t1, VR



Quando ci si presenta al via di un ultratrail il primo obiettivo è sempre quello … "arrivare". Nella mia breve e modestissima carriera di ultratrailer è la mia sesta partecipazione a gare di questo tipo: 3 volte finisher, 1 gara interrotta e con questo raggiungo quota 2 ritiri. Insomma sono al 50%, ma ho ben due "quits" consecutivi a macchiare il mio "curriculum trial" :-)
Proverò qui a parlarne in maniera lucida e disincantata, anche se sono convinto di aver fatto la scelta giusta in relazione a condizioni ambientali, stato di forma, tipologia di gara e obiettivi futuri.


1° km ... Aiguines ... pochi metri e si comincia la salita alla Grande Margès!

La cronaca della corsa
Gorges du Verdon … villaggio di Aiguines … pochi minuti alle 3. Buio, silenzio e poco più di 200 trailrunners sparsi sul prato del campetto da calcio. Niente musica, briefing minimal con speaker dal bel vocione, giusto un richiamo alla competizione come momento ludico (trailstordito avvisato mezzo salvato!) conto alla rovescia e via!
Luci nella notte in fila indiana, passaggio per i vicoli del borgo, poi lambendo il campeggio dove alloggio con foto e bacino alla mia compagna che lì mi attende nel cuore della notte.
Subito a tutto d+: i primi scappano via … e chi li prende! Si attacca la prima ripida salita tutta in pista monotraccia per conquistare le creste de la Grand Margès.
Resto con un gruppetto che sale del mio passo alternando camminata e corsa. Non voglio forzare. Mi faccio violenza per non accelerare e salire con il freno a mano tirato. Il cardio fa le bizze ma so controllare le frequenze anche alla cieca. Discesa in testa prima, in coda poi, a una pattuglia di dieci. Mi lascio sfilare dagli atleti più performanti, infatti. Non vale la pena rischiare: regola nr 1 vietato farsi male. E infatti già incrociamo il primo ritirato con caviglia slogata.
Alba meravigliosa, ma il bosco mi impedisce di cogliere l'attimo magico.
Quando esco dalla foresta, è già giorno. Primo passaggio a Petit Foret con quasi 20 minuti di anticipo sulla mia tabella "previsionale". Rallenta mi dico e così faccio nel successivo  tratto corribile su pista forestale dove procedo al piccolo trotto, in solitudine. Come ripromessomi ai ristori spunta passaggio chip, acqua nelle borracce e via.
Concentrato e rilassato, assorto nei miei pensieri e nell'attenzione per il gesto atletico.
Segue il primo vero segmento tecnico che scende nella gola del Verdon poco dopo l'Hotel des Chevaliers … quanti ricordi di vacanze qui spese in gioventù.
Ripido, tortuoso, con alcuni massi e qualche catena. Procedo a volte cauto, a volte impacciato, a volte veloce.
7/8 scatenati in discesa mi superano chiedendo il passo. Ritmi da skyrace.
Il Verdon scorre a tutta forza. La potenza del fiume in piena e delle rapide,
Ammassi di tronchi, passaggi esposti, corde fisse, scale in acciaio, pietroni, sentieri ripidi. Il sentiero spesso è scavato nella roccia. Su e giù … pietra liscia e viscida a tratti. Prudenza sempre. Fondo sabbioso vicino al fiume. Una vera corsa tutto terreno. Scorci incredibili e selvaggi.
Balisaggio impeccabile. Riprende una salita ripidissima nel sottobosco. L'uso delle mani è indispensabile in alcuni tratti per superare pareti rocciose. Corde fisse anche qui … ma è solo una breve prova di arrampicata. Si scollina per la seconda volta alla Petite Foret.
In salita recupero posizioni senza forzare troppo. Ai ristori ancora di più.
Sono ancora con qualche minuto di vantaggio sulla tabella. E mi sento ok.
Attacco il t3 subito apparentemente facile e corribile, ma è solo una pia illusione. Di nuovo "piste monotrace", con fitta vegetazione. Spesso non si vede dove si mettono i piedi ma il fondo è stabile. Macereti e pietraie si alternano al sottobosco.
Al morf sostituisco il cappello bianco. Il sole è alto e picchia forte ma su questo versante siamo al riparo e spesso in ombra.
I soli discesisti mi recuperano. Andiamo ad elastico. Resto in silenzio. Procedo con un concorrente cui il mio passo va benissimo: solo cenni di intesa. La fatica non vuol parole!
Mi prendo l'onere della navigazione con le balise puntuali che compaiono, ma serve concentrazione a volte specie quando si attraversano i tratti con sfasciumi di roccia.

T5 • Punto Controllo di Moustier ...

Anche qui finale con salita erta per arrivare al Col D'Iloire e ristoro puntuale dove ripasso tutti quelli fermi a mangiare come maiali.
Tratto più facile ora, prevalentemente in discesa seguito da su e giù. Di facile non esiste niente, ma qui un po' di velocità si riesce a produrre.
Procedo con assoluta regolarità e dentro di me sento tranquillità. Nella picchiata verso il lago di Saint Croix vengo ovviamente recuperato ancora dai "downhiller".
Spesso il brecciolino aiuta la presa del piede sui ripidi tornanti. Metto comunque le chiappe per terra una volta, e con mia sorpresa, noto che il ginocchio non ne ha risentito. Intorno al 40° km, dopo un brevissimo tratto di raccordo pianeggiante su asfalto, inizia la più lunga e impegnativa salita della gara. Sono 1200 mt di dislivello intervallati da una breve discesa per raggiungere il Col de Plein Voir. Al ristoro della Source approfitto di una fonta per rinfrescarmi e nel bosco di un ruscello in piena carico d'acqua come non mai.
Quasi senza accorgeremente, in passo spinta, recupero ben 11 posizioni.
In vetta il sole picchia forte ora. Con il mio cappellino bianco e con scorte d'acqua mi sento tranquillo e stranamente all'ingiù, pur procedendo tranquillamente, non vengo recuperato da nessuno. Faccio da apripista: un concorrente mi tallona ma senza superarmi. Il mio ritmo gli va bene. Bevo e mi bagno con regolarità e nel frattempo programmo la strategia da adottare alla prima base vita di Moustier dove mi sono segnato di "usare la testa".
Dopo 800 mt di dislivello in discesa mancano solo 3 km di lieve salita, da quota 450 mt ai  635 mt di Moustier. All'improvviso avverto un caldo incredibile e sento che la testa non funziona più come dovrebbe. Manco di lucidità e alla corsetta devo sostituire la camminata stanca. Dentro di me penso che debbo rinfrescarmi e abbassare la temperatura corporea quanto prima.
Monica e Cherubina mi aspettano all'ingresso del paesino con striscione e sorrisone. Felicità immensa, ma non basta a farmi ripartire di slancio.
Sono in lieve ritardo rispetto alla mia cronotabella emozionale, ma si tratta di una decina di minuti. Poca roba.
Prima di raggiungere il punto di controllo sfrutto una provvidenziale fontana/lavatoio freschissima. In mezzo ai turisti raggiungo il ristoro: sono 24°.
Ci sono almeno altri 8 atleti fermi qui giunti prima di me.
Mi viene consegnata la sacca e approfitto per cambiare maglietta e cappello.
Acqua "petillante" … iniezione di basale, controllo della glicemia per calibrare il sensore (135 vs 140 … perfetto). Monica e Cherubina mi raggiungono. Parlotto un po' e mi riposo.
Ora debbo decidere cosa mangiare. Lo stordimento non mi abbandona e preferisco attendere. Di testa a dire il vero sono lucido, ma sento le forze abbandonarmi, nonostante l'ombra e l'acqua.
Forse un po' affrettatamente, riprendo la gara, scegliendo di mangiucchiare mentre cammino. Tanto quello solo riesco a fare.
Un bacio alle mie "girls" e via.
La successiva sezione misura 10 km con circa 700 d+.
Purtroppo nemmeno un filo d'ombra sulla carrareccia di pietra spezzata bianca che riflette il sole come una cartina al tornasole.
Caldo caldo caldo … e uno strano cerchio alla testa. Salgo camminando lentamente a una VAM inferiore ai 500 mt/h. Sono praticamente fermo. Ciò nonostante solo un concorrente mi supera deciso. Gli altri sono cadaveri come me.
Sosto sotto l'ombra dell'unico albero incontrato per sorseggiare un bicchiere d'acqua e assumere una bustina di biochetasi (giusto per vedere se mi passa la sensazione di nausea e malessere).
Mi trascino al gpm in preda al tormento e scruto l'orizzonte. Non vedo un albero a vista d'occhio.
Mi ero dato 30 minuti per riprendermi. Sono passati 45' e ancora mi sento un tappeto persiano. Faccio una breve valutazione del cosa voglio, chi sono, perché corro … scansiono le mie paure, le mie sensazioni, i miei obiettivi e decido di fermarmi.
Avviso telefonicamente Monica della decisione di "abandoner".
Durante la discesa incrocio altri concorrenti "zombi" e mi dico che sto facendo bene.
Ma ho comunque un paio di ripensamenti e faccio due volte dietro-front. Alcune nuvole coprono il sole per una trentina di secondi e mi sembra di rinascere. Riprendo a salire … pochi metri, esce il sole e mi sento di nuovo "cotto e mangiato". Ennesima piroetta e stavolta è finita.
Tre quarti d'ora è ho già riconsegnato il mio chip e dichiarato l'Abbandono: sono ufficialmente "QUITTER".
No Finisher No party, ma anche i quitters si meritano una birretta: "Une pressione s'il vous plait" alla buvette di Moustier.
Sono talmente stordito che nemmeno me la godo più di tanto. Ma è la mia piccola ricompensa.
56 km e quasi 4000 d+. Gli altri 44 km e 3700 d+? Niente da fare!

Mumble Mumble …
Arrendevolezza o saggezza? Questo il dilemma che un po' mi attanaglia.
A due giorni sono pimpante e corro come un furetto. Dunque non mi sono bruciato. Ma ovviamente l'orgoglio e la fierezza avrebbero voluto altro epilogo. Ma per preservare la mia integrità fisica ho dovuto rinunciare a un po' del mio orgoglio e il super ego va tenuto a bada ed oggi magari sarei forse "finisher" (ma non credo ce l'avrei fatta) ma ancora sotto flebo e incapace di muovermi e sorridere.
Già 100 km erano per me allo stato attuale ardua impresa, se poi ci mettiamo difficoltà tecniche e caldo africano, ritengo di aver fatto la cosa giusta.
Diversamente dall'ultimo ritiro alla TDH 2012 però, dove i problemi gastrici erano legati a ritmi troppo elevati, ritardo di preparazione e errori strategici, qui non mi posso rimproverare quasi nulla.
Ovvio che non sono stato perfetto, ma credo di aver resistito a tutte le tentazioni di "fare la gara" procedendo sempre del mio passo e le accelerazioni prodotto erano in linea con le mie caratteristiche e il sentire del momento.
In ottica UTMB dovrò dunque lavorare ancora molto su tutti i fronti.
Non ho più weekend disponibili per partecipare ad altre gare a parte la Trans d'Havet di 80km e 5500 d+ di fine luglio che mi servirà per mantenere l'abitudine all'effetto "pettorale" e testarmi su una gara sì impegnativa, ma non così tecnica e calda (ma meglio fare le corna … anche la pianura vicentina sa regalare caldo africano a fine luglio).
Quindi mi rimane il tarlo di non sostenere ancora così tante ore di corsa, ma ho ritrovato forse la forma che non avevo da tempo.
Speriamo di riuscire ad esprimerla non solo a parole e nei racconti di questa mia ultratrail roadmap ma anche quando conta.
Su questo aspetto devo superare alcuni miei limiti anche psicologici, per essere lucido anche nell'arrendevolezza.
Credo i cagnacci resilienti veri abbiano ben altra fibra rispetto alla mia, ma spero di tirare fuori da me tutto quello che ho, o, per lo meno, di non permettere all'arrendevolezza di prevalere al primo segnale di cedimento.
Ciò detto, "I QUITTER ROSICANO, I FINISHER FESTEGGIANO … CHAPEAU!" … incluso l'amico Gianluca Broseghini neobabbo e finisher in 17h50 8° assoluto! (praticamente se avessi fatto il mio tempo tabella sarei arrivato nei primi 6 … follia pura!)
La bottiglia di Berlucchi è stata comunque stappata anche in suo onore.
*Segnalo il ritiro dell'amico Michele mentre era 6° assoluto sulla 50km… un errore di percorso in un punto cruciale lo ha costretto all'abbandono!

Guardando avanti …
- Pianificare meglio le gare da usare come allenamento … corsa forse troppo tecnica questa del Verdon e con caldo quasi assicurato (il fresco era l'eccezione non la regola qui a giugno) non è stata, col senno di poi, una scelta avveduta. Un trail più facile, se esiste il concetto di "facile" nell'ultra trial, sarebbe stato più appropriato in questa fase della preparazione
- La genetica conta sempre tantissimo, ma nell'ultra trial l'elemento testa e preparazione diminuisce il gap genetico. Non so se ho usato la testa in maniera corretta, cioè se l'ho usata troppo (e dunque ho scelto per il mio bene di ritirarmi) o se l'ho usata troppo poco (e dunque avrei potuto trovare una strategia alternativa per essere cmq finisher sfruttando la pausa alla base vita di Moustiers). Fatto sta che sono qui a "spiegare" e non a "festeggiare"
- Il motore c'è ancora ma non regge le alte temperature … e le lunghe distanze?
- Correre un ultratrail in condizioni ambientali difficili e proibitive ma il diabete è in background: niente fissa per la glicemia, ma solo capacità di gestirla! In tal senso ottimo funzionamento della mia strategia e del CGM da cui so però prendere le distanze quando fa le bizze (non in questo caso e per la cronaca ho utilizzato il Medtronic e non il Dexcom il cui esemplare datomi in dotazione era difettoso)
- miglioramento dei miei problemi muscolo-tendinei al ginocchio sinistro, piedi più sensibili e maggior fluidità in discesa;
- dormire meglio e di più e gestire meglio i tempi nel pregara … arrivo sempre a fare tutto all'ultimo minuto, poi si accende la testa e chi dorme più?
- buona velocità ascensionale e capacità di sfruttare i bastoncini, ma devo evitare la tendenza a strappare (cosa che va bene nelle gare corte ma non nei lunghi)
- attrezzatura ed equipaggiamento quasi perfetti: non cambierò nulla credo, a parte sostituire al Garmin da polso quello cartografico attaccato allo zaino.
- meglio comprendere a gestire il ritmo e le energie, senza farsi condizionare dall'andatura di chi ti precede. Nei trail difficile valutare i consumi e parsimonia della fatica. --
- In discesa a farti risparmiare i muscoli non è tanto scendere piano, quanto correre in scioltezza e con efficienza. Il peso dell'equipaggiamento e le condizioni climatiche fanno il resto.
- non sopporto il caldo. Altri e successivi test in allenamento danno segnali inequivocabili in tal senso. Per me meglio pioggia e vento.
- ottimizzare alimentazione e idratazione in base alle condizioni climatiche e alla fase di gara. Un conto è un'integrazione prima di una salita lunga e ripida, un conto prima di un tratto facile o in discesa corribile. A volte un sorso di birra ci sta per la palatabilità, ma certo non con caldo africano e ritmi elevati. A volte la stanchezza ti fa "ingurgitare" di tutto e di più e poi ti ritrovi con nausea  vomitare oppure salti un'integrazione perché non vuoi perdere tempo o il concorrente avanti a te.
- Calzatura? CASCADIA 8 tutta la vita avrei detto. A casa ho controllato le suole e sono fuori uso. Solo 170 km mi sono durate. Ho scritto alla Brooks per la sostituzione e hanno accettato il reclamo.
- Calza: ho usato una calza pesante corta a compressione che si è rivelata ottima e rende forse superfluo fasciare i piedi con la benda Vetrap della Scotch 3M.
Metabolicamente ...
Sempre in multi-iniettiva (tutta la vita nei trail … e non solo!) con basale adeguata a consentirmi di integrare poco e spesso senza picchi e valori imprevisti, così da ricorrere al bolo.
Tutto ha funzionato bene, con lievi picchi intorno ai 200 successivi alle prime due integrazioni. Dalla 4 ora di corsa in poi, glicemia stabile tra 130 e 140.
Ancora debbo decidere cosa bere oltre all'acqua perché la coca cola dopo un po' mi stufa, la birra con il caldo mi da problemi gastrici e comunque non è consigliata come integratore per alte prestazioni ... I sali minerali sono la soluzione, ma debbo trovare un beverone fai-da-te palatabile ed efficace, non nauseabondo.

Cosa aggiungere ancora ... come direbbero gli amici transalpini ... c'est la vie o, forse, ... c'est le trail!


Il valigione di Issimo ... la bottiglia di Berlucchi sempre pronta ... Prosecco Extra-dry per tutti!




[classifica e gara in realtime su http://chrono.geofp.com/verdon2013]
Digitare il nome del concorrente e visualizzare i passaggi!

Iscrizioni confermate:
> CRISTIAN AGNOLI • 100 KM

ATTUAL'ISSIMO
Anteprima Trail du Verdon - testo di Cristian Agnoli • 15 giugno 2013
Cronotabella previsionale per chiusura tra le 17 e le 20 h

Con tanti punti interrogativi mi accingo a partecipare alla 100km del Trail del Verdon, anche se nelle ultime settimane ho fatto passi da gigante.
Qui a lato il roadbook tecnico-emozionale che ho predisposto.
Il percorso si presenta molto più ostico e tecnico di quanto da me supposto mesi fa quando scelsi di iscrivermi più con motivazioni legate a paesaggi e territorio e meno facendo considerazioni "trailistiche".
Sicuramente dovrò evitare di farmi tentare da "sogni di gloria" e procedere regolare e prudente per essere sempre lucido e resiliente nei tanti passaggi tecnici.
L'estate è arrivata e anche il caldo cui non siamo più abituati.
Ho avuto modo di allenarmi un paio di volte con caldo e sole allo zenit ma di certo molta attenzione dovrò avere per idratazione e gestione delle forze.
Dalle prime proiezioni stimavo un tempo di chiusura tra le 15 e le 17 ore ma da uno sguardo alla classifica dello scorso anno forse devo alzare un po' il tiro e accontentarmi di finire … sotto le 20 ore. I km e il dislivello dichiarati ci sono tutti!
Poi vedremo, nel trail è sempre difficile fare paragoni con le edizioni passate … condizioni ambientali e livello dei partecipanti sono molto variabili e dunque i tempi di percorrenza possono subire variazioni notevolissime.
Ad oggi sono arrivato a sfiorare le 10 ore, i 60 km e i 3500 d+ in allenamento. Dunque correrò oltre i miei limiti attuali e mi troverò ad esplorare situazioni cui non ero abituato da tempo. Ma il senso della mia partecipazione è appunto quello di allungare sul mio "cammino di Monte Bianco" di fine agosto di cui trovate resoconto work in progress a questo link.
Non nascondo una buona dose di timori e dubbi che mi attanagliano, ma debbo solo mettere assieme i tanti mattoncini di esperienza maturati negli ultimi 3 anni e soprattutto mantenere la testa accesa e avere fiducia nei miei mezzi. In solitudine e in autosufficienza ho macinato km e dislivello e non posso avere paura ma solo rispetto di questo trial cui mi approccio con umiltà e fierezza allo stesso tempo.
Negli ultratrail credo la capacità di controllare le emozioni e le paure e di utilizzare il cervello al meglio possano colmare in parte i gap fisiologici. Punterò su regolarità e velocità di sosta ai ristori. Un po' come in formula 1 anche nei trail la differenza si fa ai box :-) Spero in tal senso di essere maestro di determinazione e avvedutezza!
Metabolicamente non ho impostato una strategia precisa, salvo di sfruttare come al solito la sinergia basale / attività fisica per metabolizzare le integrazioni di cibo assunte. Nei test fatti ho verificato la necessità di integrare ogni 1h30-2h15 con circa 30-45 cho miscelando zuccheri a rapida e lenta assimilazione in funzione di consumi energetici, verifiche glicemiche   e tipologia di percorso (salita, pianura, discesa). Sto ancora valutando se montare il sensore per il monitoraggio in continuo della glicemia o se affidarmi ai controlli manuali puntuali da glucometro. Deciderò venerdì in giornata.
Bastoncini tutta la vita, scarpe di ricambio ad ogni base vita (2) e scorte d'acqua sempre con me. Caviglie fasciate e abbigliamento leggero, nel rispetto del materiale obbligatorio richiesto.
Comunque il trial non vuol pensieri. Così come penso di saper gestire in background il mio imperfetto metabolismo degli zuccheri credo di poter fare lo stesso con la fatica e la competizione. Essere "finisher" è un percorso affascinante … al traguardo non giunge l'arrivista ma chi ben compreso ha quanto in un ultratrail la vittoria vera non è data solo da tempo e posizione in classifica ma dal fluire dei ritmi biologici e mentali e dalla nostra capacità di scansionare la fatica senza restarne traumatizzati. Ora non ci resta che correre e smetterla con gli ultratrail delle parole! 
Il Campeggio di Aiguines attende la famiglia Agnoli al gran completo!

Verdon planning ... appunti mappe alla mano!



Art. 14 - EQUIPEMENT OBLIGATOIRE POUR CHAQUE EPREUVE :

100 et 50 km :
-    un sac à dos (sac de trail-running),
 -    un gobelet personnel pour boire des liquides chauds ou froid aux ravitaillements,
-    une réserve d’eau de 2 litres minimum,
-    une lampe frontale et un jeu de piles de rechange,
-    une couverture de survie,
-    un vêtement chaud pour la nuit,
-    un vêtement microfibre pour le froid (sous pull fin),
-    un sifflet,
-    une bande élastique adhésive permettant de faire un bandage ou un strapping,
-    une réserve alimentaire personnelle (en plus des ravitaillements course),
-    un téléphone portable avec une batterie chargée (si possible pourvu d’un système de géo localisation),
-    une pièce d’identité,
-    une casquette.