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MELL1TO BAKEKA 2008 - Passi Alpi Francesi in Bici


  FRANCIA, Alpi, 20-22 giugno 2008
di Leonardo Ragusa
, DM1, Padova

Télégraphe – Galibier – Les Deux Alpes – Izoard

Quando qualcuno racconta la sua impresa sportiva come minimo la definisce “storica”. Comunque sia, mai meno di fantastica. Beh, non farò eccezione.

Non da molto faccio parte di un gruppo sportivo scaligero. Il Grande Capo è un ex professionista che ha corso “manubrio a manubrio” con Pantani e Cipollini. Il dettaglio può far immaginare quanto l’organizzazione sia stata eccellente sotto tutti i punti di vista.

Per capirsi bene: pulman per i ciclisti e, a seguito, furgone con tutte le bici. Furgone che, durante le tappe su due ruote, ti seguiva e ti passava le borracce, ti dava assistenza, ti portava lo zaino con tutti i ricambi, ma soprattutto era pieno di cibo che, una volta arrivati su in vetta, veniva razziato come nei Promessi Sposi (ricordate il famoso “assalto al forno delle grucce”?).


L’inizio di tutto. Io sono quello che saluta…


Che cibo? Di tutto: pane, focacce, salame, crudo, grana, acqua, Coca Cola, strudel, banane. Semplicemente fantastico.

Ero abituato a partire con lo zaino pieno di tutto. Che ci devo fare? Quando vai via in bici devi portarti il necessario: magliette di ricambio, roba invernale se superi i 2.000 mt, cibo, acqua, barrette, glucometro, ecc. ecc. Qui era lo stesso…solo che caricavi tutto in furgone ed eri solo tu, la tua maglietta e la bici..

Quando poi l’assistenza ti si affiancava durante la salita per sentire se avevi bisogno di qualcosa.. mi pareva di essere un professionista.. Ma torniamo a noi.


Eravamo in 25, di cui 5 donne. Età media 40-45 anni. Credo di essere stato, con i miei 36, uno dei più giovani. Partenza da Verona Porta Palio ore 7.00 di venerdì 20 giungo, direzione traforo del Fréjus.

Cosa c’è in programma? Salite da vera leggenda: Télégraphe, Galibier, Les Deux Alpes, Izoard. Anche il Lautaret, ma solo perché di passaggio tra Galibier e Deux Alpes.

Perché proprio queste cime? Il Grande Capo voleva ricordare il decimo anniversario della vittoria di Pantani al Tour de France nel 1998, vittoria che vide come palcoscenico proprio il Col du Galibier.

Queste le altimetrie, tanto per farsi un’idea:

Télégraphe 1.566 mt, Galibier 2.646, Lautaret 2.060 (fatto da entrambi i versanti), Les Deux Alpes 1.652, Izoard 2.360.


1° giorno (Télégraphe e Galibier)

Per essere a VR alle 6.15 mi sono alzato alle 4.45 (io abito a Padova). Glicemia al risveglio piuttosto bassa (sarà l’agitazione): 50. Bevo Coca Cola, non faccio insulina, anche perché è ancora notte!, e parto. La glicemia intanto si alza… alle 7.00 ho 223. La Coca non si smentisce mai (purtroppo o fortunatamente).

Partenza puntuale e colazione in autogrill alle 8.30 con cappuccini e brioches. Solite 16 unità di miscelata (la mia fidata 30/70). Si riparte e alle 11.00 siamo a Rivoli, poco dopo Torino, per la pausa pranzo. Glicemia a 151; va decisamente meglio.

Si aprono le porte del furgone e voilà: basta solo scegliere cosa mangiare. Si fa il pieno perché alle 14.00 è prevista la partenza per il Télégraphe e il Galibier. Quindi il grana, la focaccia, il crudo, un po’ di strudel e una banana possono fare da buona base.

Con 151 di glicemia faccio 6 unità di Humalog e mangio 1 panino con il crudo, 1 trancio di focaccia, 1 fetta di strudel alle mele, 1 litro e ½ di acqua.

Poco dopo mezzogiorno ci rimettiamo in moto e alle 13.15 passiamo il Fréjus e arriviamo a St. Maurice de Maurienne, all’attacco del Télégraphe. Glicemia a 137. Foto di rito con le bici e si va.

Sole incredibile. Mangio 3 barrette energetiche prima di partire, non si sa mai.


La salita è tranquilla, non la trovo per nulla difficile. Più che altro il pensiero va al Galibier che vien dopo. Per cui, non sapendo cosa mi aspettava, vado piano e tengo le forze da parte.

Il Télégraphe lo faccio in un’ora e 9 minuti “lorda” (nel senso che siamo partito da St Maurice e non proprio dai piedi del colle, per cui la salita è durata meno di un’ora). Si tratta di 14 km di salita.

Sul Télégraphe (sono il 5° da sinistra)

Glicemia all’arrivo è un po’ alta: 203. Non importa.

Dopo la foto ricordo, si scende per 4 km e si arriva nel paesino di Valloire. Da lì non si scherza più: inizia il Col du Galibier per arrivare a 2.646 mt.

Dopo aver levato la giacca antivento che lascio sul furgone, bevo abbondante acqua e parto. Si tratta di 18 km di salita, una bella pendenza attorno al 10% che ti taglia le gambe soprattutto negli ultimi 3 km. Salgo alla media del 12,3 circa e ci metto circa 1 ora e 35’. In cima al Galibier la glicemia è a 183.

L’ascesa è meravigliosa. Fino a 2.000 mt la vegetazione è molto bella, dopo si dirada fino a non esserci nulla più che roccia e ghiaioni. Il Sole è splendido e regala delle temperature da maglietta, cosa davvero rara. Qui si può girare attorno ai 2° C anche in piena estate. La buona sorte è con tutti noi.

Il bello è correre sull’asfalto che ha visto le ruote di Pantani disintegrare quelle di Ulrich dieci anni fa. Bello leggere le scritte bianche sulla strada, scritte che incitano i ciclisti. Bello pensare che prima di te ci sono state gare da battaglia. Bello vedere sul ciglio della strada autentici muri di neve che piano piano si sciolgono al Sole creando dei piccoli rigagnolo di acqua che bagnano le gomme. Che bellezza. Rigagnoli che, correndo verso valle e illuminati dai raggi del Sole, appaiono come piccoli diamanti rotolanti. Uno spettacolo.

Qui il gruppo di 25 si è sgranato assai. Ognuno sale con la proprio cadenza perché non ha senso correre dietro a chi ha un passo più spedito. La salita è dura e lunga e inchiodare le gambe già il primo giorno sarebbe da pazzi. Il sabato e la domenica ci aspettano altri dislivelli di tutto rispetto, se non maggiori. Infatti, se il primo giorno toccano 2.050 metri di dislivello, il secondo (Lautaret + Deux Aples) si arriva a 2.200 e il terzo (Izoard) attorno ai 2.000.

Queste altimetrie ti inducono a risparmiare energie anche perché non ho mai fatto tre giorni di fila così; non so come reagirò, non so le cosce cosa mi “diranno” la sera e la mattina. Non so nulla, per cui evito di girare a tutta. Qui non si gareggia, ci si mette alla prova: per me molto di più.

Ho patito lievemente (solo lievemente) gli ultimi 3-4 km. I cartelli che scandiscono il conto alla rovescia non passano mai. A dire il vero ho avuto una piccola avvisaglia di crampo alla coscia destra (il mio debole… è sempre lei… la sinistra non mi dà mai problemi). Però è solo un accenno di crampo e nulla più. Devo dire che le piogge primaverili non mi hanno permesso di allenarmi come volevo io. Questo forse il motivo del piccolo dolore.

Per paura, davvero per paura, riduco di poco la cadenza e metto il 27 dietro (ero con il 24), mentre davanti…beh…ovvio.. il 39… impossibile usare il “mio” 53!

Non uso compatte io: il 50x36 o il 50x34 non mi hanno mai attirato tanto (mi sembrano dei “frullatori”).

Aver ridotto la cadenza e aver messo 3 denti in più sul pignone mi dà sollievo e arrivo al piccolo spiazzo della cima (quello con il mitico cartello blu pieno di adesivi) senza fatica e con soddisfazione grande.

Scendo, raggiungo i primi arrivati (pochi per la verità!) e attendiamo gli altri che – bravissimi tutti – entro 5-10 minuti arrivano, ragazze comprese! Forti le ragazze. Davvero dei missili.

Bravi tutti. Non mancano la foto attorno al cartello, il cambio maglietta, la mantellina per la discesa e un assalto al furgone per mangiare le crostate con la marmellata. Forse esagero un poco. Come ho detto, all’arrivo in cima avevo 183 e la crostata mi costerà un 299 alla fine della discesa che ci ha condotto dritti dritti all’albergo. Vabbè. Non si può avere tutto.

Dai 2.600 metri e passa scendiamo al Col du Lautaret e da lì ci facciamo altri 13 km in discesa fino alla località Le Monêtier-les-bains, dove c’è l’albergo che ci attende con il bouffet pre-cena!

La discesa è eccezionale, larga e con curve dolci. Non occorre neanche frenare pur girando a 60 all’ora. Tutti in fila come degli uccelli migratori. Come razzi. Io un po’ meno visto che la discesa mi fa paura. Vallata da capogiro: verde ai lati, azzurro sopra la testa, roccia nel mezzo!

Prima di arrivare all’hotel ci fermiamo presso la fontana del paesino, non una fontana qualsiasi, ma una che dà acqua calda, da Terme!

Arriviamo dunque in albergo dove – faccio notare la finezza – il “pulmino passeggeri” era già arrivato ore prima scaricando le nostre valigie direttamente in camera… scusate se è poco!

Noi dobbiamo solo appoggiare le bici, sederci in giardino al Sole e addentare quello che capita sul tavolo del bouffet: grana, affettati, formaggi francesi, birra, Coca, acqua, crostate, brioches… boh..non ricordo più, ma c’era di tutto.

Doccia e ritrovo in sala per due parole sulla giornata e per la cena.

Da 299 la glicemia è scesa a 260: faccio le solite 18 unità di miscelata (la 30/70) e mangiamo: patate lesse con formaggio fuso, prosciutto crudo, pane, una fetta di crostata (da sogno), un bignè alla crema, una fetta di torta al cioccolato. Dopo cena? 163 di glicemia. Ottimo: pensavo che le tre fette di dolce me la facessero pagare “di più” in termini glicemici e proprio per questo faccio una piccola correzione con insulina rapida. A nanna. Domani toccano 2.200 mt di dislivello.


II giorno (Lautaret, Les Deux Alpes, Lautaret, ritorno)

La bici è tremenda: la glicemia al risveglio (ore 7.00) è bassa e sta attorno a 65. Forse non occorreva la correzione! Andiamo a colazione: pane, burro, marmellata, succo d’arancia, latte, corn flakes tenuti a bada dalla mia solita 30/70 con 16 unità. Si parte per il Col du Lautaret (a 2.060 mt) e i primi 13 km di lieve ascesa ci fanno scaldare le gambe che davvero vanno a palla. Nessuna fatica, nessun accenno di crampo. Tutto al meglio. Alla fine di questo primo tratto ho la glicemia a 89. Ci fermiamo per mettere le mantelline (la discesa fino all’attacco della salita è di 25 km!), per mangiare qualcosa e per fare pipì. Capita.

Si va per Les Deux Alpes. La discesa è bella, ondulata, il paesaggio caldo e con l’unica seccatura di una mezza dozzina di gallerie che non erano proprio illuminate…ma lo so: non sono un temerario.

Luce o non luce, arriviamo sotto la salita per Les Deux Alpes: ci attende una decina di km facili ed un Sole da Caraibi. In 40 minuti li facciamo. Glicemia in vetta: 150.

Leviamo magliette e le mettiamo al Sole. Dopo 10 minuti erano asciutte. Il pranzo sempre gentilmente fornito dal nostro furgone-angelo custode. Mangio meno degli altri anche perché non ho con me l’insulina: 1 panino con prosciutto, 1 banana. Dopo avevo 96! Eccezionale.

Mi preoccupo un poco per il ritorno. La discesa di 25 km ora dobbiamo farla al contrario. E una discesa al contrario è una salita. Ci mettiamo 1 ora e 50’ a risalire al Lautaret: glicemia scende a 96. Si ripete la discesa di 13 km fino all’albergo per un totale complessivo di 96 km con 4 ore e 30’ di bici. Le gambe hanno fatto le brave e il dislivello complessivo di 2.200 mt non ha lasciato segni se non tanta fame e tanta gioia. Glicemia all’arrivo è di 156 che dopo un’ora scende a 125.

Dopo il solito “frugale” bouffet pre-cena, il risotto alla veronese ci attende alle 20.30, come al solito accompagnato dai dolci, questa volta u po’ troppo carichi di liquore..

A due ore dalla cena ho 100 di glicemia. Non possono non venirmi in mente le foto dei glucometri nelle pubblicità delle case farmaceutiche che li producono e che riportano sempre 96 o 104 sul display!

La giornata è stata ottima, le gambe hanno girato senza problemi anche nel tratto finale di 25 km che mi preoccupava un po’. Nulla di nulla se non buono stato fisico. Le gambe andavano e il Sole mi dava forza (come per Sandokan!).


III ed ultimo giorno, domenica 22 giugno.

Oggi tocca al Col de l’Izoard. Quota 2.360 mt. Giro complessivo da 110 km per 5 ore e 30’ di sella.

Mi sveglio con la glicemia bassa (66) come in tutti questi tre giorni. La colazione me la alza con pane, burro e marmellata. Non mancano il succo d’arancia e i corn flakes.

Partenza alle 8.30, con solito furgone-angelo custode al seguito, direzione Briançon. Però prima di arrivare all’attacco dell’Izoard dobbiamo fare 66 km. Ma che belli! Avete mai visto una discesa di 43 km? Mai? Ci credo. Una strada larga, curve dolci, tornanti ampi e con un panorama da cartolina. In alcuni tratti scendevamo in fila a 70 all’ora e ci pareva di volare. Purtroppo, in uno dei pochi tratti piani, al centro del gruppo due ragazze si sono toccate e sono cadute. Per una c’è stata la frattura della clavicola. Fortunatamente il Grande Capo l’ha tranquillizzata con mestiere, la gendarmeria si è fermata e ha prestato i primi soccorsi e poi il nostro furgone l’ha portata all’ospedale di Briançon dove l’efficienza e la bravura dei medici ha fatto il resto. Fortunatamente un brutto episodio si è risolto per il meglio, date le condizioni.

Dopo questo, ho notato una cosa: il telaio della bici spezzato a metà. Il tubo di sterzo era letteralmente strappato dal tubo orizzontale e da quello obliquo. Telaio carbonio strappato come fosse fatto di spaghetti. I due pezzi della bici erano tenuti solo dai fili dei freni e del cambio. Mai vista una cosa così. Mi chiedo: ma questi telai in carbonio, che ormai vanno tanto di moda (io ho un caro e vecchio Cannondale CAAD 5 ancora in forma), ma è normale facciano così? Mah.. secondo me nella fibra o spendi tanto (es. Cannondale Super Six tanto per citarne uno) oppure compri merda. Ma non ho ambizioni di essere un ingegnere, però bisogna dire che la ragazza è “solo” caduta, non è andata sotto una macchina. Caspita, cadi e il telaio si disintegra in quel modo? Boh…sto zitto. Meglio far parlare che se ne intende di più.


Dopo la pausa forzata, continuiamo un po’ demoralizzati e timorosi per raggiungere l’inizio della salita, una delle più belle che abbia mai visto, seconda in bellezza solo a quella del Passo Sella.

La caduta ha portato un clima meno sorridente e tutti eravamo un po’ meno spavaldi. Si correva con più cautela e la media si è abbassata di molto. Normale, credo.

La glicemia a 82, i 66 km fatti, un intertempo di 2 ore e 40’ sono le cifre che leggo sul mio glucometro Accu-Chek Compact Plus e sul contakm Specialized attaccato al manubrio. Si va. Arriverò su in vetta all’Izoard dopo 1 ora e 15’, con glicemia a 127.

Devo però fare un preambolo: l’Izoard non è lì. Non e che arrivi e inizi a salire. No, Lui è nascosto, in fondo ad una specie di fiordo. Prima di arrivarci devi fare salite, discese, insenature con roccia a strapiombo sulla destra, gallerie. In alcuni momenti mi pareva di essere in Costiera amalfitana nella strada che porta da Amalfi a Furore. Identico. Vi assicuro che esteticamente è un posto che lascia a bocca aperta. Corri in bici per cui non ti guardi molto attorno, ma non puoi non essere investito da un paesaggio del genere.

Tutta questa parte (salita compresa) l’ho fatta con lo zaino sulle spalle visto che il furgone aveva accompagnato all’ospedale la ragazza infortunata. Ma non ci sono stati problemi: mi sentivo bene.

Proseguiamo e ci permettiamo una sosta ad una fontana giusto sotto il colle per un po’ di acqua fresca. La glicemia a 82 mi dice che devo mangiare. Riempio la seconda borraccia con acqua e zucchero e mangio un po’ di miele in bustina. Buono!

Da adesso non inizia solo la salita, inizia una vera esperienza sportiva e, ben più importante, umana. Vi racconto.

Nel gruppo, come in tutti i gruppi, c’è chi è più allenato, chi meno. C’erano anche ciclisti di 50 anni, avvocati con famiglia, figli e studio legale al seguito. Insomma, gente che di giorno ne ha di impegni. Ma erano lì lo stesso a sudare. E non stavamo salendo su di un cavalcavia. Ma il vero bello era che chi aveva le gambe più allenate ha aspettato chi era più in affanno. Chi “girava” bene, ha dato il ritmo a chi era un po’ affaticato. Magari gli ha passato la borraccia, oppure gli ha appoggiato la mano sulla schiena spingendo un po’ nei tratti più duri. E che poi di poca spinta si trattava: in questi casi è più aiuto psicologico che fisico. Ma questo basta per far capire di cosa sto parlando.

Sta di fatto che siamo arrivati tutti in cima, a 2.360 mt. E il grido di gioia ha fatto sorridere anche la gendarmeria, lì intenta ad attendere le atlete che stavano correndo per il Tour de France femminile.

Piccola pausa al piccolo bar/ristoro/suovenir che c’è lì in cima, magliette ad asciugare, foto sotto la stele; la mia glicemia a 127 mi permette di mangiare qualche cosa e poi, addirittura senza mantellina da quanto caldo faceva, si parte per tornare verso casa..ci sono altri 33 km.

Il gruppo si sgrana in questi ultimi tratti, ma bene o male si arriva a casa in buone condizioni pronti per un invitante bouffet che ci intrattiene prima della doccia e della partenza per tornare (ahimè) a Verona.


Dal punto di vista mio personale, posso dire di aver patito solo gli ultimi 3 km del Galibier per quel piccolo accenno di crampo, che però è rimasto solo un accenno visto che il 27 dietro mi ha agevolato la cadenza. Dopodiché è andata sempre meglio. Il giorno dopo non ho avuto nessun senso di affaticamento nonostante i 2.200 mt di dislivello e anche il terzo giorno (109 km) non ho fatto particolare fatica. Questa è stata una grande soddisfazione per me.

Vero che le medie non erano da capogiro, ma questo non è il punto. Il punto è che alla fine tutto è andato per il meglio. Ci siamo divertiti, siamo stati bene, l’organizzazione è stata eccezionale, la compagnia pure, i gesti di solidarietà hanno riempito le tappe, i pranzi e le cene sono state da ridere e non solo da mangiare! L’albergo era carino ma soprattutto accogliente. L’assistenza del furgone per me è stata come avere un angelo custode e ho ringraziato tanto quei due cari ragazzi che guidavano. Non contando il fatto che pure le 5 ragazze che c’erano andavono, eccome se andavano! Le glicemie sono state abbastanza buone nonostante un paio di picchi verso il 200.

Quindi, che chiedere di più? Nulla. Proprio nulla.


Diciamo che l’esperienza umana mi ha ancora di più convinto (anche se non ce n’era bisogno) che io e le gare (granfondo o altro) non siamo fatti per stare assieme. Con rare eccezioni, credo che lì prevalga l’individualismo – se non l’egoismo – mentre qui è prevalso l’altruismo e lo spirito di gruppo. Cose impareggiabili. Magari mi sbaglio, ci mancherebbe, ma la penso così pur nel rispetto di chi nelle gare ci crede. Ma davvero, non farei mai a cambio con loro.


Per quanto riguarda il diabete, che posso aggiungere? L’ho tenuto a bada e lui è stato bravo. Insomma: ce l’ho fatta. Viva la vita! Viva la bici, viva lo sport!

 

Su Les Deux Alpes, io sono il terzo, in piedi, a partire da sinistra