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SARDINIA ON MY BIKE 2015



"SARDINIA ON MY BIKE"
D'INVERNO SUI PEDALI LUNGO LA COSTA ORIENTALE SARDA

Quando >
16>22 dicembre 2015

Chi >
Cristian Agnoli, Tipo1, VR, 44 YO

Bici >
Cinelli Bootleg ZZ Rats modificata

Approccio >
in autosufficienza, in esplorazione, spingendo ma non troppo!

Itinerario >
Da Olbia a Cagliari
per alte e basse vie della costa orientale sarda
6 TAPPE x circa 550 km
+ 1 tappa da Napoli a Sorrento per ritrovare la famiglia in vacanza!

DISCLAIMER >
Tutti i viaggi e le cose che faccio e qui racconto sono finanziate con i miei risparmi personali, senza supporti, finanziamenti o altri sostegni "esterni" di qualsiasi natura. Il sito è solo una cassa di risonanza!

> METABOLICA_MIND
Sardinia on my ... Diabetes


Mente diabolica o mente metabolica? Non lo so, ma ho raccolto al meglio delle mie possibilità i dati metabolici di questi sette giorni di cicloviaggio in continuo.

Avendo pubblicato il report con molto ritardo, ho inserito l'aspetto metabolico prima del taccuino di viaggio, per risparmiare, a chi nel frattempo avesse già letto la parte narrativa, di dover scorrere fino a fondo pagina.
Ma andiamo per "spunti e sconclusioni" :-)
Pedalare a digiuno: tutte le mattine (a parte l'ultima semitappa) ho scelto di partire a digiuno, a prescindere dalla glicemia di partenza, per testare le risposte atletiche e glicemiche "a bocce il più ferme possibile" (no insulina residua da bolo) e allo stesso tempo verificare la mia capacità di "muovermi" con benzine di minor qualità, ovvero, i grassi.
E vi parla uno che alla mattina se gli parli di non mangiare, soffre!
Mediamente ho integrato a partire dalla seconda ora di attività fisica, ma nelle tappe più facili anche non prima della terza ora.
Non ho inserito dati relativi a frequenze cardiache, velocità medie per problemi con lo scarico dati dal mio Garmin ma ho pedalato su ritmi medio-moderati senza fuori giri, prediligendo l'agilità.
Integratori & CHO: avevo con me alcune barrette e alcuni beveroni specifici per l'attività fisica, ma quasi sempre ho utilizzato quello che mi veniva servito (e non consumato) a colazione. Succhi di frutta di pessima qualità, brioche confezionate schifose piene di grassi idrogenati, crackers, biscotti monodose etc. Ho voluto fare con quello che "passava  il convento". Ciò detto, le integrazioni di cho in attività fisica (dalle 6 alle 8 ore al giorno) non superano il 20% del totale dei carboidrati del giorno. Nonostante l'attività fisica, l'assunzione media di cho giornaliera (280 gr) è in linea con la mia alimentazione standard. Partendo a "secco" e spesso limitando il pranzo a un rompidigiuno, il pasto principale era la cena.
Evinco che un soggetto ben allenato, gestendo ritmi aerobici medio-moderati, non subisce modificazioni importanti sui consumi energetici e pertanto non ha necessità di integrare moltissimo. Questo sembra essere confermato, nel mio caso, dalla buona tenuta fisica e dalle risposte glicemiche a digiuno a fronte di una media di cho assunti durante l'attività fisica pari a 0,56 gr per km = 1 gr di cho per 2 km = 20 gr di cho per 100 km … sono dati "empirici" ma indicativi su quanto sia importante considerare il livello atletico e le vie metaboliche del soggetto almeno alla stregua della terapia in atto.
Il mio rapporto i:cho (1:10) è rimasto pressoché invariato e il differenziale tra bolo teorico ed effettivo (21%) è influenzato dai cho assimilati grazie alla sinergia tra movimento e basalizzazione. Ma se escludessi i grammi di cho assunti durante l'attività fisica, il saldo sarebbe in equilibrio, se non in negativo.
Basale: da metà novembre ho aumentato il mio profilo basale di un 25% (da 16 a 20 ui totali) a seguito della riduzione dell'attività fisica con l'infortunio alla schiena. Durante la vacanza ho volutamente mantenuto invariati i dosaggi (2 iniezioni da 10 ui h 22 e h 13 ca.) a parte la terza tappa, la più impegnativa, quando ho ridotto del 40% e ritardato di 3 ore l'iniezione del giorno.
Glicemie: Ho leggermente intensificato i controlli giornalieri della glicemia (di solito ne faccio 6, qui da 7 a 9) per avere una banca dati più attendibile. In futuro non escludo di provare nuovamente qualche sistema di monitoraggio della glicemia in continuo che sia affidabile, ma soprattutto reperibile sul mercato.
Pur avendo affrontato, come detto, la ciclovacanza con una basalizzazione tendenzialmente abbondante, i dati rilevano come ciò non abbia prodotto significative tendenze ipoglicemiche (3% sul totale delle misurazioni, sempre avvertite e corrette con puntualità). Le iperglicemie, invece, sono state sopra la media (20%): tranne una, rilevata in attività fisica e conseguenza di un eccesso di integrazione rispetto a durata e intensità della pedalata del giorno, tutte le altre sono post prandiali o al risveglio, dunque attribuibili a errata gestione dei boli a cena (sempre abbondante e con cibi difficili da gestire senza smanettare sul timing delle iniezioni).
Nel corso della vacanza ho mantenuto una media glicemica di 131,5 mg/dl su poco più di 50 rilevazioni con un peggioramento a partire dal quarto giorno, soprattutto nelle fasi post prandiali serali, quando ho spesso mal gestito i boli a cena (ma ai ristoranti e con cibi nuovi è più difficile prenderci la misura).
Ipoglicemie: in attività fisica o al risveglio non ho mai rilevato ipoglicemie. Le uniche situazioni di risposte ipoglicemiche si sono verificate in fase postprandiale immediatamente successiva all'interruzione dell'attività fisica. Situazione tipo: mi fermo, mangio con bolo e poi mi faccio una camminata per il centro di un'ora e più in picco d'azione dell'analogo ultrarapido. A volte ho dovuto rabboccare con qualche integrazione.
Mi sento di affermare, senza pretesa di verità scientifica, che "l'ipoglicemia tardiva da attività fisica, tanto citata in letteratura su sport e diabete di tipo 1, non si verifica in soggetti allenati anche a fronte di più giornate consecutive con attività fisica aerobica medio-moderata di lunga durata". Ciò dovrebbe far ragionare molto gli addetti ai lavori quando scrivono le linee guida … bisogna avere più chiaro a chi vogliamo rivolgerci. Chi vuole fare sport in maniera non compassionevole, ha bisogno di altri riferimenti rispetto a quanto fin qui elaborato. Non bisogna solo blaterare di sport e diabete di tipo 1, bisogna crederci fino in fondo.
Per il futuro, mi riservo di sperimentare approcci diversi:
1) allenamento a digiuno in ambiti di sforzo prolungato più intenso (media alta intensità, cambi di ritmo, salite a tutta)
2) approccio "eat & bolus" … ovvero inserire anche i boli di ultrarapida in attività fisica a seguito di integrazioni più "corpose" senza affidare tutto il lavoro di metabolizzazione esclusivamente alla basale … ma su questo lavorerò (a dire il vero l'ho già fatto) in ambito ultratrail dove sono più coinvolto e motivato alla sperimentazione coraggiosa.

Tutto questo lavoro di sperimentazione metabolica su me stesso, magari non priva di errori e refusi, è frutto del mio personale "smazzamento" senza supervisione alcuna di nessuno. Non perché io ce l'abbia con medici e addetti ai lavori, ma perché credo che se parliamo di autosufficienza e reale capacità di gestione, la dobbiamo dimostrare soprattutto alla prova dei fatti. E' inutile predicare di educazione terapeutica e inneggiare al "con il diabete si può" quando poi al momento della fatidica "impresa" se non abbiamo il dottore di turno che via smartphone ci monitora ci sentiamo perduti.
Sennò di cosa stiamo parlando? Di ospedalizzare anche una delle poche espressioni di libertà e autodeterminazione che ci rimangono: la vita sportiva all'aria aperta! Capisco quando c'è di mezzo la ricerca scientifica con protocolli ben definiti, ma se si tratta di libero esercizio fisico in libera persona, che c'azzecca? I compiti si fanno a casa, e poi si parte, con la propria testa e quello che si è imparato.
Personalmente non ho mai avuto conseguenze da mie azioni terapeutiche tali da richiedere l'intervento del 118 o di un medico o di un aiuto esterno e se commetto errori questo spesso capita in ambito extrasportivo non durante prove atletiche anche impegnative. Quindi il pericolo NON esiste, ovvero esiste nella misura in cui è vero pericolo e riguarda tutti indistintamente. E se si continua a vedere l'attività fisica che va oltre la fitness metabolica come qualcosa di potenzialmente pericoloso, allora ciò significa che a) non si sa cosa vuol dire fare sport b) meglio mettere tutti gli sportivi diabetici sotto vigilanza "manu armi" così da impedirci di fare cose anche difficili ma assolutamente normali …

Due citazioni, una di mio conio e una di Ferdinand Celine. A voi scegliere quella che preferite.
1."Fare cose difficili non significa fare cose anormali, fare cose anormali non significa fare cose difficili"
2. "Ve lo dico io, gentucola, coglioni della vita, bastonati, derubati, sudati da sempre, vi avverto, quando i grandi di questo mondo si mettono ad amarvi, è che vogliono ridurvi in salsicce da battaglia... È il segnale... È infallibile. È con l'amore che comincia"

E adesso potete leggervi il resto della storia, che è molto più piacevole.


"Sardinia on my … MIND!"
Preambolo al cicloviaggio invernale

Gli anni passano, le priorità cambiano, ma a quarantaquattr'anni suonati trovo ancora voglia e motivazioni per esperenziare le mie piccole avventure dell'inutile a colpi di pedale.
La decisione di andare per l'ennesimo cicloviaggio, come tutte le mie scelte del recente passato, è stata molto ponderata e sofferta, NON tanto per l'impegno fisico (piuttosto abbordabile), quanto per il suo SIGNIFICATO: questa mia ennesima conquista dell'inutile era realmente necessaria per la mia felicità senza intaccare i delicati e gioiosi equilibri famigliari; rappresentava un momento di crescita personale e un percorso di conoscenza autentica o una semplice "fuga" dall'ordinarietà?
Da Sardinia on My Mind a Sardinia on my Bike il passo NON è stato breve e non solo per ragioni "filosofiche" e "introspettive".
Ci sono voluti dieci anni, due figli, una famiglia, una nuova vita professionale, una diversa (im)maturità, per realizzare questa mia traversata.
Proprio dieci anni fa, nel tardo novembre del 2005, stavo pianificando la stessa vacanza, ma dovetti rinunciare per la contestuale diagnosi di diabete di tipo 1 con ricovero "coatto". Ricordo ancora i carteggi, le mappe e le guide sul comodino della stanza di ospedale, ma alla fine rimandai il tutto a data da procrastinarsi.
Poi di cose ne ho fatte in questi dieci anni, incluse vacanze in bici più o meno lunghe e avventurose, e qualche mese fa mi è passato per la testa che poteva essere "cosa buona e giusta" fare quel viaggio proprio nel decennale del mio "giorno della memoria". O forse era solo una scusa per convincere la mia compagna a concedermi il permesso: quando la butti sul compassionevole è tutto più facile :-)
L'idea originale, cui ho voluto mantenere fede, era quella della traversata da Nord a Sud. La scelta è ricaduta sulla costa orientale che giudicavo paesaggisticamente più attraente e itineristicamente più ovvia, consentendomi un giusto compromesso tra digressioni montane e rotta verso Cagliari, meta finale.
Sbarcato ad Olbia da Civitavecchia, ho raggiunto il punto più settentrionale (Santa Teresa di Gallura) e poi sono rientrato verso sud attraversando la Gallura e il Nuorese, lambendo il Gennargentu e l'Ogliastra, passando per il Sarrabus e seguendo la via litoranea sud-orientale per conquistare Cagliari. Percorso per lo più costiero, ma con l'80% del territorio sardo montuoso o collinare, il dislivello non è mai mancato. Per due volte ho superato quota 1000.
Da Cagliari, in traghetto, sono sbarcato a Napoli per raggiungere la famiglia a Sorrento, nel frattempo qui giunta per le vacanze di Natale.
Le poche ore di luce, la condizione fisica non ottimizzata sui pedali e una lombosciatalgia acuta ma meno acuta in sella, mi hanno indotto ad un approccio soft, senza voli pindarici e senza tappe troppo massacranti. Tradotto in pratica: pedalare dalle 8 alle 16 soste incluse ma possibilmente arrivando prima, senza forzare, senza guardare ai km percorsi, cercando di infilarmi per strade panoramiche e poco trafficate, senza ansia da prestazione, senza paure e scoprendo i paesaggi, gli odori e i colori della Sardegna d'inverno.
In totale ho percorso circa 600 km e poco meno di 7000 mt di dislivello positivo … poca roba, ma sufficiente a farmi sentire ancora un ciclovacanziere coi fiocchi … la formula invernale, da sola, aumenta il fascino di queste mie conquiste dell'inutile.
Quest'anno non ho voluto aggiornare con post in real time il mio cicloviaggio come ho fatto negli anni passati … ho voluto godermelo più intimamente, prendendo appunti sulla mia agendina, facendo schizzi, disegnini, annotazioni per poi, con calma, nelle settimane successive, provare a mettere assieme i pezzi e mantenere fede al mio impegno a resocontare pressoché tutto quello che faccio che abbia un "senso" incluse le note metaboliche (relazionate a parte).
Forse questo mio racconto sarà meno "impulsivo" e "genuino" di altri miei giovanili scritti, ma sperabilmente più essenziale e filante.
Mi sono così concesso la libertà di meglio selezionare quello che voglio ricordare e raccontare.
Al lettore giudicare nello scorrere questo mio diario di viaggio forse fin troppo ragionato.

> TACCUINO DI CICLOVIAGGIO 

T1 • OLBIA PORTO > SANTA TERESA DI GALLURA  |  KM 90 D+ 1000

"L'odore della pioggia"

Mercoledì 16 dicembre 2015.
Sbarco dalla nave Bonaria della Tirrenia ore sette zero zero … puntuale come un orologio svizzero!
E' ancora buio!
Un piccolo problema con l'innovativo sistema di fissaggio del mio portapacchi Thule mi costringe a una sosta forzata. Risolvo, anche se "arronzando" un po'.
Alle 7.45 completo i preparativi e rompo gli indugi.
L'obiettivo di oggi è raggiungere Santa Teresa di Gallura seguendo il più possibile la costa.
Il cielo è coperto, la temperatura mite: pedalo sin da subito con assetto autunnale riponendo il giubbino pesante nelle collaudate borse Ortlieb d'annata.
Piuttosto facile l'uscita dal porto seguendo la direzione per Golfo Aranci per poi virare a ovest e ammirare dall'alto i golfi di Marinella e Cugnana.
Una leggera pioggerellina mi accompagna, ma le automobili che incontro hanno i tergicristalli spenti: il che mi fa ben sperare.
Strade deserte, il mare d'inverno. Solo qualche furgoncino di operai e manutentori a rompere il silenzio e la felice monotonia del pedalare, che avvisto con largo anticipo grazie al mio fantastico specchietto retrovisore formato 16:9.
Il mio itinerario, piacevolmente nervoso, interseca spesso e volentieri la strada del vino Vermentino, in un susseguirsi di golfi e baie. A volte la strada procede "maresfioro", a volte risale piccoli promontori: saliscendi, anche impegnativi, che regalano però scorci spettacolosi. A ponente la linea dentellata delle montagne granitiche, a levante le onde chiacchierine del mare.
Lussureggiante la vegetazione … a volte, non fosse per la tipica macchia mediterranea, sembra di essere in Irlanda.
Lungo la Costa Smeralda, la pioggia diventa d'improvviso violento acquazzone.
Indosso così goretex e copriscarpe impermeabili. Decido mio malgrado di bypassare Porto Cervo e Baia Sardinia, puntando verso il Golfo di Arzachena per strada interna.
Ritrovo il litorale nei pressi di Cannigione, dove sosto per un caffè e un riassetto. Davvero poca gente in giro.
La pioggia concede qui una tregua. La spiaggia è occasione per esercitarsi nell'arte del "selfie".
Proseguo verso Capo d'Orso e Palau sulla rotabile litoranea davvero molto piacevole, anche quando ti regala quell'ultimo strappo che non ti aspetti.
Non faccio in tempo a disegnare sulla mappa un itinerario per stradine alternative e divagazioni off-road, che la pioggia torna a cadere copiosa.
I panorami non si vedono, le strade diventano fiumi d'acqua: … si va per la via più diretta, la statale 133.
Con soddisfazione e sorpresa constato una buona tenuta fisica e una tranquillità nella gestione delle forze che non ricordavo da tempo. Ciò supporta l'umore e contiene l'attapiramento da meteo inclemente.
Mai come oggi ho apprezzato la funzionalità dei parafanghi cromati vintage che ho con fatica adattato al mio "cavallo d'alluminio".
Tappa dunque accorciata e ridotta a circa 90 km. Solo parzialmente fradicio (il goretex fa sempre il suo sporco lavoro) conquisto così il centro di Santa Teresa di Gallura, parcheggiando la bici al riparo dalla pioggia giusto di fianco all'ingresso di un bar, dove il gentile gestore (e ciclista della domenica) mi accoglie con simpatia.
Un panino e una birretta, ovviamente Ichnusa, prima di raggiungere il B&B Villa Garlandara nella vicina frazione di La Filetta, giusto un paio di chilometri o poco più. Tutte prenotato via smartphone e rigorosamente con booking.com …
Alla visita delle spiagge sostituisco l'asciugatura dei panni bagnati, il check-up della bici, un po' di riposo e la programmazione della tappa del giorno successivo.
In preda a mille dubbi sulla miglior via da seguire e sull'evolvere del clima, mi dedico ad uno studio di mappe e meteo estenuante come e più della pedalata odierna.
Le tappe non mi devono dare ansia ma soddisfazione: voglio stare tranquillo e godermi il gesto del pedalare "slow & load" (lento e carico) … sono finiti i tempi di quando spingevo sui pedali fino all'ultimo minuto per vedere sui contachilometri quei dieci o venti km in più al giorno.
E' tempo ora di pensare a godermi una buona cenetta sarda. La gestrice del B&B, Anna, addirittura mi presta l'auto per uscire ed evitarmi lo spostamento in notturna su due ruote.
Al ristorante Merlin me la cavo con 28 euri: a dire il vero volevo spendere meno, ma la tagliata di tonno fresca ha il suo prezzo da pagare. Se ci aggiungi una pizza bianca, una bottiglia d'acqua, il coperto, una birra media e il caffè … ok il prezzo è giusto!
Prima di mezzanotte riesco a spegnere la testa, la luce e a chiudere gli occhi. ZZZZZ … si dorme!


T2 • SANTA TERESA DI GALLURA > SAN TEODORO  |  KM 105 D+1000


"Il profumo del Mare"

Giovedì 17 dicembre 2015.
Sveglia di buon'ora e grande efficienza nella preparazione del bagaglio.
Uscendo il cuor si riconforta: cielo azzurrissimo! W l'alta pressione!
Alle 7.35 sono in sella! Ripercorro a ritroso un breve tratto della statale 133 svoltando poi per  Bassacutena. Un piccolo valico collinare mi porta a circa duecento metri di quota passando sotto il Monte Usuianu. Traffico zero, giusto qualche jeep di cacciatori e contadini in movimento.
La strada sale gentile parimenti alla mia pedalata.
Bellissime vette granitiche dalle forme stravaganti affiorano appena inizio la veloce discesa.
A Bassacutena rompo il digiuno mattutino e mi godo un cappuccino nell'affollato bar locale.
Borraccia piena e proseguo verso Arzachena per vie interne immerse nella campagna collinare sarda. Pascoli, casolari, tenute, masserie … un variegato paesaggio rurale solo apparentemente addormentato: in ogni dove qualcuno lavora. Chi pota, chi pascola, chi tinteggia. Lavori in corso, cura del territorio in attesa della primavera e del ritorno dei turisti.
A bordo strada, ahimè, non mancano mai rifiuti. Primeggiano bottigliette di plastica, ma altrettanto frequenti sono contenitori di vetro e pacchetti di sigarette. Che cosa ci volete fare … a 15 kmh e pedalando a lato strada difficilmente la sporcizia passa inosservata.
Giunto ad Arzachena ritrovo un po' di affollamento cui mi ero disabituato in questi due giorni di semi-solitudine. Cittadina vivace e, udite udite, traffico!
Per un attimo mi sfiora l'idea di percorrere quella parte di costa Smeralda che ieri ho saltato per la pioggia, ma la ragione mi suggerisce di proseguire verso sud sulla SS125. La strada concede tratti panoramici, ma da affrontare solo in bassa stagione e nelle ore meno trafficate, specie da mezzi pesanti.
Velocemente sono a Olbia, dove, dopo breve e involontaria digressione sullo "scorrimento veloce", raggiungo centro e lungomare, per proseguire verso San Teodoro. La strada costiera è bella assolata, concede vista su mare, isole e lagune. E' davvero un piacere pedalare d'inverno a quasi venti gradi centigradi.
Uno sguardo all'orologio mi dice che sono in larghissimo anticipo e che forse avrei potuto concedermi qualche chilometro in più. Ne approfitto invece per una sosta da vero turista a San Paolo e così godermi la vista sulle isole di Tavolara dal bel porticciolo.
Al bar sorseggio una birretta e per quasi un'ora mi scaldo al sole leggendo e prendendo appunti, prima di inforcare nuovamente il velocipede e percorrere gli ultimi quindici km fino a destinazione.
Gli stagni in inverno sono affollati da fenicotteri rosa. Sosto ad ammirarli in lontananza.
Il bello di un viaggio in bici è anche saper trovare la giusta misura nei tempi e nelle percorrenze. E' ovvio che tutto non si può vedere … ma per un luogo che non attraversi, scopri mille altri particolari del dove ti trovi. Basta sapersi guardare intorno con curiosità.
Anche in assenza di gps, raggiungo con facilità l'hotel Bonsai.
Conduzione familiare efficiente e sorridente.
Bicicletta fuori dalla porta della stanza.
Giusto il tempo per una doccia calda e una sistematina a bagagli, suppellettili e bucato e sono pronto per la mia passeggiata solitaria per le vie del centro fino alla spiaggia.
La nota località turistica in inverno offre il minimo indispensabile, ma gran parte dei locali e dei commerci sono chiusi.
Si respira un po' di decadenza, ma pure questi lavoratori stagionali dovranno tirare il fiato ogni tanto.
Rientro in stanza per distendermi in attesa di essere raggiunto dall'amico DNL Piermario.
Unico momento conviviale della vacanza non poteva trovare sede migliore: cena trionfale al ristorante Lu Brutoni (Il Grappolo) con un menù di qualità assoluta a prezzi più che onesti. Una vera scoperta per caso.
"Il nostro menu è in continua evoluzione, scusateci se oggi non abbiamo un prodotto… magari lo avevamo ieri, magari tornerà domani …" solo questo incipit sul menu à la carte mi mette di buon umore. Il locale è piccolo ma accogliente. Gustosità intensa e calici di sapori: per me tagliatelle con triglia e cime di rapa, polpo croccante con patate a modo nostro e spuma al limone, un assaggino di tenerissimo filetto di maiale laccato al miele e salsa di birra rossa e un bis di mousse di cioccolati e pan di spagna allo zafferano, giusto per concludere in dolcezza.
Il tutto accompagnato da due bicchieri di vino Vermentino e dalla piacevole conversazione con l'amico Piermario.
Poco dopo le undici abbandoniamo a malincuore il locale. Domani c'è chi lavora e c'è chi ... pedala.
In ogni caso la sveglia suona presto. Un abbraccio e un saluto all'amico Piermario, con la promessa di rivedersi quanto prima in terraferma.
Tutti a nanna, pancia mia si fece capanna!


T3 • SAN TEODORO > URZULEI  |  KM 118 D+1750


"La dolce salita"

Venerdì 18 dicembre 2016.
Arrivederci San Teodoro! Saluto la bella cittadina di mare, gustandomi un buon caffè e mettendo in tasca qualche cosa da sgranocchiare più tardi, reperendolo con discrezione dal buffet.
Oggi è verosimilmente la tappa più impegnativa di questa sei giorni sarda. Meglio fare scorta.
Ma prima di mettere in pancia qualcosa, almeno un paio di orette rigorosamente a digiuno e così sperimentare le risposte fisiologiche e metaboliche (cui dedicherò un paragrafetto a parte).
Bypassando la SS125 seguo strade litoranee minori in un silenzio irreale. Il mare a farmi compagnia, oltre ai miei pensieri. In sella si rielabora il viaggio, si ricostruisce la giornata trascorsa, si immagina quella a venire.
Porto Ottiolu, Budoni, Posada sono tutti graziosi centri costieri. Nei pressi della Pineta di La Caletta sosto per osservare il mare su una magnifica e deserta distesa di sabbia bianca.
Da qui si raggiunge Orosei in un susseguirsi di tratti scorrevoli e vallonati.
Poi la costa orientale diventa sempre più inaccessibile con scogliere a picco sul mare, porticcioli e piccole baie visibili solo con deviazioni e divagazioni anche off-road.
Entro fischiettando nel Parco nazionale del Golfo di Orosei.
Proseguendo in direzione Dorgali la strada abbandona dunque la costa e sale più decisa per attraversare zone panoramiche ma anche un po' deturpate dalla presenza di numerose cave di marmo.
In uscita da Dorgali, dopo ripidissa rampa, approfitto di un gommista per portare i pneumatici alla pressione desiderata e rifornirmi d'acqua. Splende un tiepido sole che accompagnerò la lunga e lenta ascesa ai 1027 mt di Passo Genna Silana.
Un piccolo dolore al vasto laterale della coscia destra mi costringere ad una pedalata più dolce e modulata.
Si rende necessaria, come previsto, qualche integrazione in più.
La schiena ogni tanto si fa sentire aggiungendo qualche apprensione. Ma la comodità della bici è tale da consentirmi lievi modifiche di postura di chiappe sulla sella e di mani sul manubrio.
La salita sale regolare con tratti dove, in teoria, si potrebbero spingere i lunghi rapporti, ma io faccio dell'agilità il mio punto di forza.
Paesaggi fantastici sul Supramonte e sulle vette circostanti.
La catena gira silenziosa nonostante non sia oliata di fresco. Procedo assorto nei miei pensieri incurante di ciò che mi succede attorno. A dire il vero poco o nulla. Non c'è anima viva. Rombi di motoseghe echeggiano tra le gole: la semplice società pastorale delle montagne qui vive nascosta e operosa.
Rumori che mi riscuotono dalle mie fantasticherie: smetto così di pensare per ascoltare la voce delle cose che mi stanno intorno e soprattutto per far girare le gambe un po' più speditamente ora che il gpm è vicino.
Da una fontana sgorga acqua purissima. Dopo 18 km di curve e controcurve, ma pochi tornanti, giungo al passo in spinta e felice, e anche prima del previsto.
Nonostante la più che ventennale carriera da ciclovacanziere, avvertivo qualche apprensione sulla mia tenuta fisica, smentita, fortunatamente, dai fatti e dalle gambe. Euforia generale.
Capre e pecore al pascolo occupano la sede stradale nei pressi della casa cantoniera.
Approfitto per scattare qualche foto e godermi l'ultimo sole riparato dal vento.
Indosso invece capi più pesanti, ora che mi attende l'altrettanto lunga discesa.
Velocità e calar del sole modificano il windchill. Ciò nonostante non abbandono i calzoni corti. I mitici pantaloni bracaloni della Pearl Izumi acquistati vent' anni fa negli stati uniti. Un po' stinti, ma ancora attualissimi e "cool": miei fedeli compagni di viaggio finchè avrò forza e voglia di pedalare.
Prima che le ombre della sera colmino le valli e avvolgano le cime dei monti, arrivo a destinazione.
Avvisto da lontano le anonime casette a mezza costa di Urzulei, piccolo paesino sperduto tra i monti e tagliato fuori dal mondo, ubicato nella parte più settentrionale dell'Ogliastra, quasi al confine con la Barbagia.
L'abitato non è particolarmente caratteristico, deturpato, come spesso capita qui, da edifici fatiscenti: tuttavia una bella via centrale in sampietrini e numerosi presepi ben realizzati da mani esperti, rendono un po' più caratteristico il piccolo borgo antico. Alloggio al B&B La Casa della Nonna.
Qualche adolescente gioca nella piazzetta sotto la finestra della mia stanza, mentre le vecchiette girano tutte vestite di nero.
A Urzulei per mangiare, a parte un pub pizzeria, c'è il ristorante la Ruota, consigliatomi da due carabinieri incontrati lungo la strada: una specie di ritrovo serale degli abitanti locali. Non particolarmente caratterisco, offre quanto basta: bar, saletta con tv, camino acceso e il ristorante, dove sono l'unico commensale.
Menù semplice, servizio gentile ma senza fronzoli. La presentazione dei piatti è poco curata, ma il gusto c'è tutto. Colangeonus, braciole di maiale, verdure fresche e seadas, acqua e una Ichnusa da 25 cc.
Rientro in stanza passeggiando taciturno. La notte stende nel cielo il suo manto di velluto tempestato di stelle lucenti, la luna sale lentamente: osservo i presepi ora illuminati, scrigni di ricchezze meravigliose. Fischietto una canzone e in pace provo a percepire la voce delle cose che mi circondano.
La mia iniezione giornaliera di felicità è fatta anche di queste piccole cose. Ora posso andare a coricarmi.


T4 • URZULEI > JERZU KM  | KM 71 D+1300

"Sui tacchi del Gennargentu"
Sabato 19 dicembre 2015
Un sabato qualunque o un sabato italiano? Un sabato in bici.
Quella di oggi doveva essere la tappa montana per eccellenza, con l'attacco ai promontori più orientali del Gennargentu: il tutto lungo vie poco battute, improvvisando un po' e fissando come punto tappa il paese di Jerzu.
Alle sette e trenta lascio Urzulei. I bambini aspettano il pullman per andare a scuola. Io pedalo con dolcezza verso Talana per strada di montagna tortuosa e panoramica, che riserva qualche tratto in salita anche impegnativo.
Peccato per i soliti rifiuti lasciati a bordo strada.
Il sole tarda a fare capolino tra le nuvole, ma mi godo i boschi e le cime fitte fitte di vegetazione.
Raggiungo Talana a quota 880 mt: a causa della scarsità di indicazioni trovo a fatica la strada provinciale per Villagrande Strisaili. Poi capirò il perché.
La strada infatti è chiusa ufficialmente al traffico dal 2004, dopo gli smottamenti e le frane seguiti all'inondazione.
Tra massi detritici, rocce, buche, passaggi sotto costa franosi, provvisori ponticelli, getti di cemento e altri lavori di messa in sicurezza, procedo cauto ma sicuro: la generosa ruota all'anteriore non teme i fondi sdrucciolevoli.
Diciotto chilometri avventurosi ma con viste mozzafiato. Occhio a maiali, cinghiali, pecore, capre e cani pastore piuttosto aggressivi: can che abbaia non morde si dice, ma quello che ringhia? Le mie caviglie, a Dio piacendo, sono salve.
Il manto stradale migliora solo in avvicinamento dell'abitato: incontro anche un paio di auto del soccorso alpino non so a che titolo qui presente.
Risalgo il centro di Villagrande, tutto in salita, fino all'ultimo panificio. Qui interrompo il digiuno dopo quasi tre ore di pedalata, approfittando della vasta scelta di panini.
Ancora salita, breve e a tratti dura, fino al parco di Santa Barbara, con i suoi boschi e gli alberi dalle chiome al cielo.
Io al cielo alzo lo sguardo, confortato nel vederlo ora di un azzurro incredibile e persistente. Anche oggi un'estate d'inverno.
Ripida discesa fino alla stazione di Villagrande, immersa tra i pascoli. Si attraversa il fiume Flumendosa. La strada segue il tracciato della ferrovia. Mezzi agricoli, animali allo stato brado e qualche rara auto di passaggio.
Il sole splende luminoso e mi avvolge con la sua calda irradiazione.
L'idea è di percorrere una piccola stradina che sulla mia vecchia mappa è in verde (ovvero panoramica) e che conduce al passo dal nome impronunciabile: S'arcu e su Pirastru Trotti.
Zona boschiva di montagna, dove si narra poter avvistare cinghiali e mufloni, mentre la foresta sussurra.
Tuttavia a un primo bivio le indicazioni non mi aiutano. Fermo alcune auto, ma nessuno mi consiglia di proseguire lungo la strada indicata sulla mia mappa, lasciando perdere "perché va a finire che ti perdi nei boschi" … mi dice uno.
Mi invitano così a rimanere sulla rotabile principale per Gairo Taquisara.
Cerco di spiegare che io lì voglio arrivare, ma passando più a nord per questo passo dal nome impronunciabile, ma che nessuno sembra conoscere, nemmeno quando lo indico sulla mappa. Ovviamente non mi passa nemmeno per la testa di consultare google map sul mio smartphone: retaggi di noi non nativi digitali o meglio non nativi-smartfonici.
Dopo la mattutina esperienza sui diciotto chilometri di strada franosa, non me la sono sentita di ripetere un itinerario avventuroso e mi sono piegato alle indicazioni degli automobilisti. Morale della favola. Attraverso lande ugualmente formidabili e panoramiche, seguo tuttavia un itinerario diverso da quello immaginato. Supero comunque i mille metri di quota, ma accorciando di almeno una trentina di chilometri. Un po' infastidito per questo mio "errore" di navigazione e determinazione, mi infilo in discesa con prudenza, pennellando i tornanti prima di affrontare la facile e assolata salita per Ulassai. Qui brevissima visita alla Stazione dell'Arte.
Siamo nella zona dei "tacchi", cime calcaree dalle forme aguzze. Piccole deviazioni per meglio godermi il contesto "montuoso" ricco di "pareti scoscese e aspramente incise", come recita la guida.
Ultima picchiata fino a Jerzu, con aumentata attenzione visto che il freno anteriore necessita di un po' di manutenzione.
Antico borgo dell'Ogliastra, sorge a 500 metri di quota ed è conosciuto come "la città del vino": zona di produzione per eccellenza del Cannonau Rosso Doc.
La tappa più breve del previsto mi porta a destino per le 13.30 giusto in tempo per pranzare. L'umore è quello tipico del sabato invernale.
Il vetusto Hotel Rio mi attende con il gentilissimo gestore (di cui non ricordo nè ho annotato il nome tra i miei sconclusionati appunti), il ristorante, il bar, la saletta tv, le stanze un po' retrò, il boiler rotto, l'acqua fredda, la pompa di calore più rumorosa del mond. Eppure mi sono trovato comunque a mio agio e non ho avuto il coraggio di recensirlo negativamente su Booking.
Dopo ampie dissertazioni con il gestore su alcuni angoli suggestivi da visitare, opto per raggiungere monte Sant'Angelo seguendo le vaghe indicazioni ricevute. Il piccolo borgo è un dedalo di ripidissimi vicoli, ma dove è facile orientarsi.
L'avvistamento di alcune guglie granitiche in lontananza mi convincono ad allungare la passeggiata trasformandola in un piccolo trekking e così sostituire con i chilometri a piedi quelli evitati in bici. Serpeggiando tra la macchia mediterranea, imbocco un piccolo sentiero in salita fino alla vetta della Mammuttara con la omonima vedetta della forestale, piccolo esempio di bioedilizia utilizzato per l'avvistamento incendi.
Da qui si gode una magnifica vista a trecentossessanta gradi. Accovacciato, contemplo il paesaggio con il viso tra le mani e i gomiti puntati sulle ginocchia: giornata di piccoli rimorsi, ma di grandi soddisfazioni. Lo sguardo volge lontano, oltre le montagne, oltre i boschi … un nababbo mi sento.
Rientro all'imbrunire, osservando con attenzione le ricca e variegata flora: ginepro, mirto e corbezzolo, erica e ginestre di cui raccolgo qualche foglia da custodire ed essiccare nel mio piccolo diario di viaggio.
Prima di decidere come passare questo sabato sera faccio un salto al supermercato. Alla cassa, trovo, onnipresente, il proprietario dell'albergo: l'esercente tuttofare, receptionist, barista, ristoratore, ufficio-informazioni, cassiere, gourmet e sommelier, dietro il banco o nell'ufficio, intellettuale e ben vestito … sempre pacato e dai modi gentili. Non si scompone mai. Tasse Iva e forniture … tutto passa tra le sue mani… senza paure.
Poco dopo le venti scendo per cenare in tranquillità. La sala banchetti è già affollata all'inverosimile. Almeno duecento coperti … hotel Rio oggi ombelico del mondo … eletto a luogo ricreativo per eccellenza dai locali.
Vengo sistemato in un tavolino appartato, ma giusto in mezzo al fuoco incrociato della sala banchetti più rumorosa della storia e del lounge-bar con decine di giovani schiamazzanti e urlanti.
Sto proprio invecchiando - penso tra me e me - e sorrido sotto i baffi.
Ristorante e pizzeria lavorano a tutta forza.
Indifferente al rumore e al viavai ininterrotto di gente d'ogni genere ordino la cena, prendo appunti, leggo la guida e guardo la mappa. Strana razza quella del ciclovacanziere ...

Vengo trattato con riguardo. Servizio celerissimo. Un quartino di vino rosso per accompagnare il girello di maiale che a dire il vero non è granché, anzi pessimo, ma la fame è cieca, sorda e muta. Squisita invece la seadas all'arancia.
Il brusio mi è ora insopportabile … preferisco dunque ritirarmi in stanza per rilassarmi, leggere e guardarmi, finalmente in sedentarietà, un po' di televisione generalista del sabato sera.
Il peggio sembra essere passato. Ma all'improvviso dai meandri dell'albergo, oltre ai vari rumori di servizio (stoviglie, urla, porte che sbattono), dilaga anacronistica la musica di ieri: è il momento del karaoke a tutto volume. "Dieci ragazze per me" è ovviamente uno dei pezzi forti … sono tentato di scendere per osservare le facce degli improvvisati cantanti, ma preferisco immaginarmele. Il manovale di Gairo, il meccanico di Ulassai, la casalinga di Jerzu vivono il loro piccolo momento di euforico protagonismo microfono alla mano. Un talent show senza telecamere.
Mi sento come Nicoletti a Melog commentando queste scende di ordinari frizzi e lazzi di provincia sarda.
L'insonorizzazione è inesistente, ma per fortuna mi sono abituato a dormire ovunque e in ogni condizione.
Canti, voci e fulgori nella notte. Così andrà avanti fino all'una e trentacinque circa … la febbre del sabato sera impazza a Jerzu.
La notte è un dirigibile che ci porta via, lontano! Buonanotte, suonatori!


T5 • JERZU > VILLASIMIUS  |  KM 105 D+ 500

"Il deserto di spiagge"

Domenica 20 dicembre 2015
Tutto tace al mattino nella città del vino.
Regolo il conto, abbinando il pagamento ad un buon caffè preparato dal gestore tuttofare, già sveglio di buon'ora per salutarmi … rigorosamente in pigiama: la serata danzante è proseguita fino a tarda ora. Emessa la ricevuta si torna a dormire.
Per rapida discesa, mi reinnesto nella SS125 della costa sud-orientale, abbandonata da due giorni per questa digressione hinterland.
Attraverso la parte meridionale dell'Ogliastra, lungo la valle del fiume Quirra, terra incontaminata di campagna e coltivato irriguo.
La giornata uggiosa richiede l'utilizzo delle riserve di buon umore e spirito propositivo per non cadere in stato depressivo irreversibile.
Fa un po' più freddo del solito: più volte aggiungo o tolgo strati di protezione.
Mai come oggi però il percorso è filante e sui lunghissimi rettilinei la frequenza di pedalata è alta, così come la velocità.
Incrocio qualche ciclista della domenica.
Un piccolo bar frequentato da cacciatori ed escursionisti è la mia prima tappa per un cappuccino.
Faccio invero il mio ingresso nella regione del Sarrabus.
Una leggera pioggia comincia a cadere tra Villaputzu e Muravera.
Per una mezz'oretta indosso il goretex.
Zero traffico anche perché la vecchia SS125 è stata nel frattempo soppiantata dalla nuova "scorrimento veloce".
Il sereno comincia a prendere il sopravvento, anche se il sole non uscirà mai deciso come nei giorni precedenti.
Abbandono nuovamente le rotabili principali per addentrarmi in piccole stradine interne che tra ponticelli, canali, stagni e agrumeti mi portano fino a Capoferrato.
Qualche chilometro di off-road ondulato alquanto divertente circumnavigando il Monte Ferru: bellissimi panorami in questa fantastica riserva naturale.
Ovini al pascolo ovunque. Calette e piccole spiagge. La tentazione del bagno d'inverno … ma con la schiena che mi ritrovo meglio evitare.
Mi diletto anche qui nell'arte dell'autoscatto.
Ritrovato l'asfalto procedo alla volta di Costa Rei. Ancora spiagge bianche battute dal vento. Pausa caffè con il richiamo del campeggio libero. Il tarlo che mi assilla: non sei un vero ciclovacanziere se non bivacchi almeno una notte.
Lascio anche Costa Rei, paradiso affollato d'estate ma deserto di spiagge in inverno: dura portare gente tutto l'anno in Sardegna.
Avanzo fiero verso Villasimius. La strada si fa più a serpentina con il mare increspato a fare da sfondo.
I promontori circostanti invitano all'esplorazione. Il vento mormora.
Uccelli e bestiole si nascondono tra gli arbusti e i grandi alberi del bosco.
Ecco l'isola di Serpentara … che luoghi incantevoli!
L'efficiente servizio prenotazioni di Booking.com mi trova una sistemazione alternativa visto che l'hotel da me prenotato via smartphone poc'anzi non era in realtà disponibile. Ah, oramai ci pensa il web a trovarti il posticino al sicuro dalle intemperie. E chi ci crede che ho voglia di piantare la tenda in mezzo ai cespugli spazzati da venti e polvere!
Il portiere Ugo mi attende all'Hotel Tre Lune. Sono, guarda un po', unico cliente: merce preziosa di questi tempi. La stanza è pulita anche se la pompa di calore è quasi più rumorosa di quella dell'hotel di ieri.
L'orario di arrivo, e la giornata festiva, non mi aiutano a trovare commerci aperti per gestire un piccolo rompidigiuno. Mi arrangio con quello che ho con me.
Dopo aver sistemato armi e bagagli, esco per una camminata: prima tappa la spiaggia, o meglio le spiagge. La piacevole sensazione della sabbia nelle scarpe mentre cammini con la risacca delle onde nelle orecchie e lo sguardo in cerca di conchiglie.
Vento sempre intenso. Meglio coprirsi o ci si ammala.
Raggiungo poi il paese che giro in lungo e in largo percorrendo parecchi chilometri a passo svelto. Niente di particolare da segnalare. Ma dovrò pur impiegare il mio tempo.
Bei posti, dove però ho avvertito quel senso di "fabbrica tritaturisti". Ma tutto il mondo è paese. Ed è impensabile che un'isola possa vivere solo di turismo "sostenibile" … l'industria della vacanza vuole i grandi numeri ...
Qualche bel locale ripulito è aperto anche in inverno: il conto però è salato come a ferragosto. Qui sono abituati bene evidentemente.
Scende la notte. I giovani di Villasimius escono a fare festa.
Io, meno giovane, rientro taciturno verso la mia accogliente stanza.
Il mio piccolo rifugio al calduccio in attesa di ritrovare nei prossimi giorni il calore degli affetti famigliari.

T6 • VILLASIMIUS > CAGLIARI PORTO  |  KM 60 D+ 550


"L'estate d'inverno"
Lunedì 22 dicembre
Ultima tappa in terra sarda.
Mattinata un po' strana. Non mi sento al 100% … forse i venti del sud mi hanno fregato.
Nemmeno il caffettino di prima mattina mi risolleva dal malessere. Mi vesto un po' più coperto e mi metto in cammino … o meglio sui pedali. Spettacoloso itinerario costiero … paragonabile alle più belle strade panoramiche italiane. Spiagge meravigliose, paesini e architettura un po' meno … ma di certo la programmazione territoriale non è il forte della Sardegna.
I chilometri da macinare non sono molti oggi, ma nella prima metà la salita non manca di piantare i suoi artigli affilati nei miei muscoli, oggi un po' meno efficienti.
Sole e vento, come sempre, a far compagnia al mio lento vagare.
Non fa però caldissimo.
Una pausa provvidenziale a Torre di Stelle, con un cappuccino seduto al calduccio del bar, mi rimette in sesto. Sul roller-coaster procedo finalmente più pimpante.
La visita a un nuraghe mi è impedita da un cane minaccioso e scacciaturisti.
La cultura può attendere. Preferisco salvare le caviglie.
In avvicinamento a Cagliari pensavo peggio … la statale anche nei centri riserva una corsia per le biciclette e non ci sono più di tanti semafori.

Il lungomare Poetto è la vera sorpresa di oggi … questa striscia di terra che divide lo stagno dal Golfo di Quartu è a dir poco meravigliosa. Tutta rimessa a nuovo … a parte un paio di vecchi edifici abbandonati, ripulito con locali nuovi e moderni, aperti anche oggi. E tanta in gente in giro anche di lunedì. Pista ciclabile, pista per correre, roller on line … un paradiso per i cagliaritani … chilometri pianeggianti e senza traffico ideali per gli sportivi. Occhio però … sulle piste ciclabili è più facile farsi male: il livello di attenzione cala quando ti senti in zona protetta.
Mi fermo quasi un'ora a godermi il sole sulla spiaggia. Situazione ideale per il bagno d'inverno cui ancora una volta rinuncio.
Mendìco eterno di guizzi e goliardate per cui non ho più l'età, risalgo in sella per concludere la mini tappa odierna.
Raggiungere il porto non è difficilissimo … l'accesso non è caotico, le strade larghe e le indicazioni numerose.
Individuato l'imbarco, mi porto in centro bici alla mano. Nei pressi della Torre dell'Elefante pranzo light e, lasciata la bici incustodita appoggiata ad un muro senza lucchetto (!), visita al Rione Castello col suo intrico di vicoli. Mi prendo numerose pause seduto su panchine esposte al sole.
Ultimi, anzi primi e unici, acquisti di souvenir per amici e parenti.
Uno sguardo all'orologio. E' ora di avvicinarsi all'imbarcadero.
La motonave Dimonios mi attende. Paziente attendo il mio turno, mentre osservo le abili manovre dei rimorchiatori nello stivare bilichi e carichi lunghissimi nella nave. Sembra guidino una smart… invece sono bestie lunghe 10-12 metri.
L'affollamento a bordo è notevole, ma l'unica bici è la mia!
La cabina condivisa non è il massimo, ma sempre meglio del passaggio ponte.
Per la prima volta in vita mia soffro di un po' di mal di mare. La traversata non mi sarà lieve. Cose che capitano.
Ha da passà 'a nuttata.

T7 • NAPOLI PORTO > PIANO DI SORRENTO  |  KM 50 D+ 500

"Come alla Parigi-Roubaix"
Martedì 22 dicembre 2015
E la nottata passò. La notte, per buia e difficile che possa essere, ha una durata limitata. Dopo arriva sempre il sole e nasce un nuovo giorno.
Dalle cinque di mattina mi aggiro per la nave in attesa che il bar apra e poter ordinare un thè caldo. Le televisioni sono accese sul TG5 del mattino di cui vedo almeno quattro repliche con le stesse notizie. Ho sempre odiato la sigla del Tg5.
Ma avendo conquistato una sedia e un tavolino, li custodisco gelosamente dagli attacchi degli altri naviganti.
Dopo tredici ore di navigazione, ritrovo la terra ferma.
La vista del Golfo di Napoli e del Vesuvio mi fanno sentire più vicino a casa, anche se l'uscita dalla metropoli campana non si presenta cosa facile. Riuscirò a superare indenne la grande prova?
Ero preparato al peggio, ma alla fine è stato meno complicato del previsto: uscita del porto seguendo i TIR a rilento. E poi a destra e sempre dritto.
La lastricatura in basalto di gran parte del fondo stradale ha reso i primi trenta chilometri equiparabili, se non peggiori, ai tratti in pavé più impervi della Parigi-Roubaix.
Si può sopportare una traversata in traghetto con il mal di mare, ma non si potrebbe mai reggere il pavé in basalto di Napoli con le emorroidi! Per fortuna che non ho di questi problemi … e la sella Brooks in tal senso è una garanzia!
Avanzo a passo d'uomo, a volte per il traffico, a volte per ridurre l'impatto delle vibrazioni.
La bicicletta sarà la penna che scrive sull’asfalto, ma la calligrafia è qui alquanto tremolante.
Attraverso in sequenza Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata tra vie affollate, furgoncini, motocicli a due e tre ruote, gas di scarico.
Le polveri sottili immagino siano in linea con le altre città italiane in era di alta pressione.
Pedalo con attenzione, flottando sul pericolo, guardando lontano davanti a me, con le mani ben salde al manubrio: disegno in testa la traiettoria anticipando i movimenti dei mezzi avanti a me. Ecco è fatta, sotto un’altra.

Il freno anteriore è finito. Approfitto di un piccolo imbottigliamento nel traffico per regolarlo, sfruttando la presenza di una piccola officina giusto a portata di … marciapiede!
Qualche deviazione mi consente di bypassare i fulcri più caotici del traffico partenopeo.
In prossimità di Castellamare la situazione diventa più vivibile … ci sono parecchi lavori in corso, ma mi infilo in ogni pertugio ciclabile ottenendo il permesso dagli operai, sempre gentili con i cicloviaggiatori. Anche in Sardegna più volte mi è giunto l'incitamento degli addetti alla manutenzione strade.
Ultimi chilometri sulla costiera sorrentina, di cui conoscono ogni centimetro di asfalto. Fino a Piano di Sorrento è un dolce salire e, per la prima volta in questa vacanza, pedalo a frequenze piuttosto elevate: le gambe girano ritmiche e in agilità, i quadricipiti solo quando mi alzo sui pedali per rilanciare l'azione. Sei giorni e seicento chilometri nelle gambe già bastano per farmi ritorvare le sensazioni di quando in bici mi allenavo un po' di più.
Scollino al bivio per Montechiaro: in discesa mi gusto la vista sulla penisola e il mare e constato che ho regolato il freno a meraviglia. Adesso che è finita!
Ultima ascensione della giornata fino a Trinità dove in prossimità della chiesa mi attende la famiglia al completo a festeggiarmi … dodici rintocchi di campane a immortalare l'orario di arrivo. Scendo dal velocipede che spingo a mano fino a casa dei suoceri passeggiando lentamente in compagnia.
Fatta anche questa.
Cherubina e Beniamino curiosi di sapere se ho incontrato il lupo.
E allora, anche se i lupi in Sardegna non ci stanno, perché non raccontargli una bella favola: "Tanto tempo fa, in una terra lontana …"
Il mio racconto finisce qui ... adesso solo storie per bambini!


> SARDINIA ON MY OWN
... CONSIDERAZIONI FINALI


Sardegna sui pedali … assolutamente sì, ma in bassa stagione, tutta la vita!
Poi su quale via seguire e quali distanze percorrere, dipende da tempo ed energie a disposizione. Sicuramente con più giorni e ore di luce,  una bici un po' meno carica e qualche cavallo aggiuntivo nelle gambe avrei divagato a destra e manca per il Gennargentu … ma sarà per un'altra volta.
In inverno? In solitaria? Ci sono i pro e i contro … le ore di buio sono tante e la solitudine può farsi sentire … non tanto quando sei in bici, ma quando smetti di pedalare.
Il fascino del viaggiare da soli, quando puoi contare solo sulle tue forze e sui tuoi pensieri, mi attrae ed è attitudine che ho allenato in diversi ambiti e situazioni.
Non so se è una necessità o una imposizione, ma sicuramente è un'esperienza che forgia e plasma i caratteri, anche quelli ben formati e maturi di noi over 40. Persino la tempra d'acciaio si modella e si modifica: in meglio e in peggio è da vedere.
Non serve nemmeno scomodare chilometraggi impossibili, ambienti impervi e situazioni al limite.
Anche un percorso breve, in luoghi sicuri e assolutamente accessibile a tutti come questo, può presentare il conto se non si è preparati mentalmente al just me myself & I ...
Si badi ben … nemmeno la mia ventennale e più storia di viaggiatore sui pedali basta ad evitare del tutto piccoli momenti d'ansia, indecisioni e apprensioni, che comunque fanno parte del gioco, anzi forse sono proprio il succo della vita di un esploratore.
 
La condizione atletica, anche se non ottimizzata sui pedali, mi ha comunque sorretto sempre e nonostante il problema alla schiena che mi portavo dietro.
Il cicloturismo, nel senso di cicloviaggio, ha poco a che fare con il ciclismo vero, ma sicuramente più sei allenato più te lo godi. La forma fisica dunque è condizione necessaria anche se non sufficiente per gustarsi un viaggio ma sicuramente se stai bene puoi meglio attivare tutti gli altri sensi. Vispi e lucidi fino alla meta.

Felice anche di non cercare nelle mie piccole avventure sui pedali una sorta di fuga dalla realtà … insomma i miei non sono viaggi al termine della notte.
Anzi, in vacanza, divento più concreto di un montanaro bigotto: le rocce sono rocce, gli alberi sono alberi, il mare è il mare, le stelle sono stelle, i fiumi sono fiumi. Mi basta osservare l'essenziale: non fantastico sul lungo e pittoresco viaggio dell'acqua che va dalla montagna al mare e vede tante e tante cose. Quel viaggio non mi serve. Mi basta quello che scruto, assorbo e imparo dalle salite che arrampico, dalle discese che pennello, dalle strade che imbocco, giuste o sbagliate che siano.

E in conclusione mi chiedo … ma c'era proprio bisogno di fare il giro della Sardegna per capire per l'ennesima volta che quello che conta di più è il ritorno a casa? Ebbene sì. Il piacere del rientro è pari o superiore a quello che provo nel pianificare e affrontare una vacanza in bici. Dunque fino a che avvertirò la necessità del "ritorno a casa", nella mia limitata visione, ciò significa che i miei viaggi non sono fughe o diversivi, ma un piccolo regalo che mi concedo (e mi viene concesso) per provare ad essere ogni giorno un po' migliore o, meno ottimisticamente, a limitare i peggioramenti.
Molto qui ho scritto "almeno tanto quanto ciò che resterebbe ancora da dire e che la pazienza dei lettori forse non sopporterebbe". Dunque la finisco qui. Al prossimo viaggio se, come e quando sarà. Vaffanselfie :-)

LA BICI ...
CINELLI ZZRATS 2008 MODIFICATA

Bici in alluminio dalla forma originale, con ruota 28" al posteriore 26" anteriore, ammortizzata, robusta, comoda e precisa nella guida, ma ovviamente già molto pesante di suo... figuriamoci con i bagagli! Lanciata però è fantastica e in discesa una sicurezza (se i freni tengono).
Ho montato all'anteriore un copertone generoso (FAT) per maggior confort su terreni accidentati e off-road mentre ho mantenuto il copertone da 23 al posteriore per compensare in scorrevolezza.
Sella Brooks una garanzia.
La tripla corona all'anteriore consente comunque di salire qualsiasi pendenza anche con bici e bagagli pesanti mantenendo pedalata sufficientemente agile.
Cambio shimano 105 datato ma ottimo.
Freno V-Brake all'anteriore in sostituzione del disco per maggior affidabilità e facilità di manutenzione/regolazione.
Altimetria, distanze e motivazioni del cicloviaggio non necessitavano di avere bici più performante.
ALLESTIMENTO BICI & BAGAGLIO
Ho allestito la bici cercando di conciliare eleganza e dotazione utile.
Il portapacchi e i borselli/supporti THULe sono costosi ma eccezionali anche se il sistema di fissaggio non è di semplice apprendimento, le istruzioni non sono chiarissime e nel mio caso ho dovuto rimediare all'allentamento dei nastri di fissaggio in cordura che evidentemente non avevo montato correttamente nonostante l'aiuto di amici esperti.
Anche se l'idea era di dormire in albergo, ho portato con me un kit da bivacco per emergenze o improvviso desiderio di campeggio selvaggio.
4 kg in più, che non ho utilizzato, ma in fondo mi consentivano di poter gestire tutte le situazioni.
Lo spazio occupato dal kit bivacco (una borsa laterale) mi avrebbe consentito di risparmiare il cestello centrale con vantaggi estetici e di praticità nel montare/smontare i bagagli a fine/inizio tappa.
Una citazione al borsello anteriore da 6 lt della THULE che sembra piccolo ma ci sta veramente tanta roba e soprattutto al fantastico specchietto wide 16:9 che si regola alla perfezione anche sul manubrio da corsa, consente di    avvistare in lontananza i mezzi che sopraggiungono, fantastico per specchiarsi e radersi (al bisogno) e soprattutto per selfie originali.
Abbigliamento forse in eccesso, visto che alcuni cambi non li ho mai utilizzati. Ma se avessi incontrato condizioni meteo inclementi (vedi primo giorno) non so se sarebbero bastasti. Ovviamente i capi pesanti per condizioni estreme sono rimasti sempre impacchettati viste le temperature se non estive, quasi autunnali.
Non ho portato con me tutti gli attrezzi necessari: in particolare lo smagliacatene e la maglia di scorta e una pinzetta. Questo mi ha comportato qualche apprensione nelle lande più desolate ma la catena era pressochè nuova, ho smanettato con gentilezza sul cambio e pedalato con dolcezza senza metterla troppo in tensione.

ALLESTIMENTO BICI:
PORTAPACCHI THULE PEDAL RACK
BORSELLO ANTERIORE E PORTAMAPPA THULE
SPECCHIETTO RETROVISORE 16:9
PORTA BOTTIGLIA DA 1,5 LT SU FORCELLA ANT. SX
PORTA BORRACCIA SU TELAIO
SELLA BROOKS COL. MIELE
NASTRO MANUBRIO BROOKS COL. MIELE
BORSE ORTLIEB
ZAINO 5L INVICTA WATERPROOF
CESTELLO ORTLIEB PIEGHEVOLE
CARICA BATTERIE CAVO USB DA DINAMO INTEGRATA NEL MOZZO ANTERIORE
PARAFANGHI IN ALLUMINIO ADATTATI
COPERTONI ANTIFORATURA (POST. 23MM • ANTERIORE Schwalbe FAT FRANK 26")
FANALE POSTERIORE
ATTREZZI E CAMERE D'ARIA
PESO A SECCO BICI COMPLETA DI ACCESSORI: 18KG


ELENCO EQUIPAGGIAMENTO E ACCESSORISTICA:
TENDA BIVACCO FERRINO 1 KG
MATERASSINO GONFIABILE VAUDE 600 GR
SACCO A PELO VAUDE -8°C PIUMA D'OCA 800 GR
CASCO DA BICI
OCCHIALI DA SOLE
GIACCA ADRENALINE CAMP DA SCIALPINISMO
PANTALONI IMBOTTITI CAMP ADRENALINE DA SCI ALPINISMO
GIUBBINO INVERNALE BICI ZIPPER ML Q-36
MAGLIA BICI MC BROOKS
MAGLIA BICI MC X-BIONIC
MAGLIA BICI MC ZULLO
GORETEX ANTIACQUA HAGLOFS
GUANTI CRAFT ANTIPIOGGIA
GUANTI MONTURA ANTIPIOGGIA
1 PAIO DI MANICOTTI INVERNALI
GILET RADIGLIGHT WINDSTOPPER
GILET ANTIVENTO GORE
PANTALONE DA BICI PEARL IZUMI
PANTALONE DA BICI BRIKO SALOPETTE 3/4
PANTAVENTO MONTURA
SCARPA DA BICI-OUTDOOR SCOTT
SCARPA SAUCONY XODUS GORETEX
PANTALONE MONTURA OUTDOOR
CALZAMAGLIA ACCAPI
3 PAIA MUTANDE MICROFIBRA
SOTTOMAGLIA COLLO ALTO CRAFT
PILE LEGGERO RAIDLIGHT
SOTTOMAGLIA MANICA LUNGA TERMICA MIZUNO
SOTTOMAGLIA MANICA LUNGA TERMICA BRIKO
3 PAIA DI CALZE INVERNALI
GIUBBINO MAMMUT EIGER
2 MORF
2 COPRISCARPE DA BICI WATERPROOF
4 PENNE DI INSULINA (2 BASALE, 2 RAPIDA)
30 AGHI 4MM
2 CASSETTE DA 50 STRISCE
GLUCOMETRO ACCUCHECK MOBILE
ALTRI MEDICINALI (BIOCHETASI, ASPIRINA, SINFLEX)
CREMA NIVEA PER SCREPOLATURE DA FREDDO E VENTO
SMARTPHONE NGM
GARMIN DA POLSO 910XT
MAPPA SARDEGNA TCI DATATA
GUIDA ROUGH GUIDE SARDEGNA
BLOC NOTES
PENNA
CARICABATTERIA E CAVETTI VARI
TPLINK POWER 10000MAH
LAMPADA FRONTALE VEO
MODEM TIM 4G 10GB
ACCENDINO
DIAVOLINA
SPAZZOLINO
SAPONI E DENTIFRICIO MONODOSE
FAZZOLETTI DI CARTA
SALVIETTE UMIDIFICATE
INTEGRATORI DI EMERGENZA: 6 BARRETTE, 2 SESAMINI, 4 CARAMELLE, 1 MINI COCA DA 17 CC
PATENTE, CARTA DI IDENTITA, CARTA DI CREDITO, BANCOMAT, 250 EURO IN CONTANTI.

PESO COMPLESSIVO BAGAGLIO: 16KG