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Outdoor 2007-2010 - Sentiero delle Orobie


Sentiero delle Orobie – Prima prova

di Pagani Pierlugi


Arrivo sparato, dopo la discesa sono sotto l’imponente diga del Barbellino. Mi volto, ho ancora qualche minuto prima che i miei compagni mi raggiungano. Rivolgo lo sguardo a 360 gradi e solo ora, di colpo, mi accorgo solo ora in che posto fantastico mi trovo. Vorrei che la mia piccola Marta fosse li con me per fargli imparare quanto la montagna ti può regalare. Un pensiero va anche a mia moglie, ma lei questi luoghi ha imparato a conoscerli. Mi ricordo anche perché sono legato a doppio filo a queste montagne. Qui nasce il fiume Serio. Il fiume, dopo il salto delle famose cascate, attraversata la val Seriana, spegne i suoi tumultuosi flutti nella pianura padana, regalando a noi che molto più in basso abbiamo la casa, paesaggi fluviali comunque particolari. Per farla breve le mie radici partono qui.

Sto percorrendo insieme ad altri 4 amici la seconda frazione dell’Orobie Sky Rade. Uno di noi la correrà, Michele, mio compagno di immemorabili avventure alpinistiche e non. Carletto, Elenio e non ultima Eva i compagni di viaggio.

Solo qualche anno fa se mi avessero invitato a percorre sviluppi chilometrici e altimetrici di così ampia portata, avrei mandato qualcuno a quel paese. Oggi, il giorno dopo la bellissima giornata, mi trovo a corricchiare senza nessun problema, se non quello di invidiare i percorsi fatti ieri, maledendo un po’, l’asfalto sotto i miei piedi.

La salita al rifugio Coca comincia all’alba. Poco più di un’ora e siamo al rifugio, i tempi di percorrenza CAI in un ottica di corsa in montagna vengono ridotti almeno della metà in salita e di due terzi in discesa. Lasciamo il rifugio e scolliniamo dopo circa un’ora sul punto più alto del nostro percorso intorno a 2.500 metri di quota. In picchiata raggiungiamo il rifugio Curò. Da qui comincia un anonimo percorso che i tempi CAI danno in sette ore, ma noi spediti, nonostante qualche tappa, dimezziamo ampliamente.

Scendendo, contenti, pensiamo a goderci più che il notevole impegno sportivo, la compagnia del gruppo. Compriamo una formaggella ad una malga, riuscendo a farci offrire un bicchiere di vino. Una forma di rispetto incuti al tuo interlocutore quando, stupito, capisce quanta “fatica” hai appena fatto.

Non senza inventarci qualche improbabile sentiero in mezzo al bosco, raggiungiamo la macchina, vero punto di arrivo di ogni attività alpinistica, felici e rispettosi dei nostri compagni di viaggio.

Ho fatto fatica a scrivere le due righe sopra. O meglio, temevo questa uscita di parecchie ore (8 alla fine). E’ tanto che non sottopongo il mio fisico a sforzi prolungati in ambiente montano. In più ho sempre qualche timore a coinvolgere altre persone nei miei “problemi” metabolici. Nei primi passi spiego a chi non mi conosce del gruppo il mio problemino, il diabete, e come al solito, scopro che l’unico ignorante a farsi problemi, sono io. Provoco tutti avendo con me il glucagone…tutti, ridendo, mi chiedono dove iniettarmelo con mia risposta di un vaff….. generale.

Ho fatto davvero fatica a scrivere queste righe perché, se da un punto di vista sportivo mi sono congratulato con me stesso, da un punto di vista metabolico non poteva andare peggio.

Ma è giusto parlare anche di questo.

Poche ore di sonno travagliate…per forza, risveglio abbondantemente oltre i 300. Il carico di carboidrati della sera ha prodotto i sui effetti. Alla partenza, dopo un bolo pressoché normale, per la colazione a base di biscotti e marmellata senza zucchero, orzo solubile e fettina di prosciutto crudo, glicemia pressoché invariata. Subito dopo la partenza, riduco la velocità basale del mio microinfusore. Al primo rifugio dopo circa un ora, glicemia 60. Il primo mah… Integro con miele e un goccio di coca-cola. Dopo un’ora, sul punto più alto, glicemia 80… miele. Al secondo rifugio glicemia 120. Spuntino in vista delle prossime ore. Dopo due ore glicemia a 400… secondo mah.

Spuntino comunque in vista delle prossime ore, con piccolo bolo. Arrivo alla macchina con glicemia sotto i 50…terzo mah. Alla sera a cena mi aspettano famiglia e amici. Glicemia pressoché perfetta.

Nonostante questi sbalzi, impossibili, solo una leggera stranezza in quella fase di glicemia ascendente (o magari era solo fatica), ma per il resto condizione buona.

Questi sbalzi mi spaventano, spesso non capisco a cosa siano dovuti. Il quadro diventa ingestibile perché ogni volta la situazione cambia: non posso fare tesoro di questa esperienza e ripropormela. Ma oggi sono determinato, il diabete non può fermarmi perché ieri sono stato bene e oggi sto meglio. Teoricamente se non avessi avuto il glucometro con me sarei l’uomo più felice del mondo e direi: diabete no limits.