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Diabete Off-Road @ 2012 - TA • Arezzo>La Verna


Grip Off-Road
TA • Arezzo - La Verna
23 giugno 2012 • 37 km 1800 d+



Alessandro Grippo, Dm1, Arezzo, Vice-Pres DNL, ci racconta il suo trail autogestito Arezzo-La Verna

 >Traccia Garmin Connect<



La necessità di recuperare un sano e disintossicante rapporto con la natura mi sta portando a relegare alla corsa su strada solo i pochi chilometri che separano casa mia dai poggi e le colline di cui la Toscana è piena. Così che trovandomi quasi un intera giornata a disposizione la impiego per percorrere qualche chilometro in più del solito sui sentieri dell'aretino. L'idea è quella di ripetere a passo trail un percorso che avevo già affrontato in passato con il CAI di Arezzo, raggiungere Chiusi della Verna partendo da Arezzo.
L'itinerario seguito inizia nei pressi di San Fabiano più precisamente ai piedi del tratto fuori terra dell'acquedotto romano, da qui prosegue per Antria, si supera l'abitato e ci si addentra in Contea fino a raggiungere località Campriano, da qui si scende nei pressi dell'abitato del Chiaveretto, si risale poi l'alpe di Catenaia passando sopra Vogognano e raggiungendo le fonti del Baregno; ci si addentra ora nel mezzo del parco delle Foreste Casentinesi, passando prima dal sasso della Regina quindi dall'Eremo della Casella.
Raggiunto l'Eremo il  percorso inizia a scendere verso Chiusi della Verna. Pur bellissimo l'itinerario percorso è ampiamente migliorabile. Il CAI ha sempre utilizzato questo tracciato per la sua relativa facilità, è lungo (37km) e si snoda quasi prevalentemente su sentieri larghi e facilmente percorribili e per alcuni chilometri segue strade secondarie asfaltate che anche se deserte fanno perdere parte del fascino alla traversata. Dovessi ripetere questo esperimento di TA, magari in compagnia, penserei di provare un percorso diverso da quello seguito sabato, il nuovo itinerario risulterebbe più lungo e con un dislivello
maggiore ma eliminerebbe completamente le strade asfaltate e regalerebbe qualche scorcio aggiuntivo.



Ad onor del vero quando il venerdi notte mi sono addormentato alle 4.30 avevo abbandonato ogni speranza di fare la traversata l'indomani. Dato il caldo sarei dovuto partire alle 7.00 e 2 ore di sonno mi sembravano un po' poche prima di affrontare un trail di 37km e 1800mt di dislivello. Non punto nessuna sveglia e mi addormento decidendo di rimandare il tutto alla prossima volta. La notte, complice il caldo e le 2 o 3 birre della sera precedente, trascorre dormendo piuttosto male. Alle 7 e 50 mi risveglio nel letto senza alcuna speranza di  riaddormentarmi. Lascio la moglie nel letto e me ne vado in cucina (scoprirò poi che quando io sono arrivato alla Verna lei si era appena svegliata). Apro la serranda, guardo il sole, il cielo azzurro, mi guardo allo specchio mi piaccio e decido di partire. Indosso il bellissimo zainetto da trail regalatomi dal Presidente e con la macchina raggiungo il punto di partenza. Analizzando tutto a posteriori mi rendo conto che visto da osservatore esterno il comportamento tenuto è stato abbastanza irrazionale. Ho praticamente iniziato a correre alle 8.40 ed il sole già picchiava così tanto da far segnare 30°C, avevo dormito 3 ore scarse e per non farsi mancare niente la sera prima mi ero anche abbuffato a dovere con un barbecue da amici. Lo stesso osservatore esterno che mi avesse osservato poi nel proseguo si sarebbe reso invece conto che il vero comportamento irrazionale sarebbe stato rimanere in casa a ciondolare. Già dopo i primi 2/3 chilometri era sparita ogni traccia di intorpidimento, era rimasto solo un leggero senso di gambe dure dovuto ai balli della sera precedente. Proseguendo ancora anche le gambe si sono sciolto del tutto e vi avrei fatto vedere con quale gaudio scendevo dal Monte Foresto. Guardandomi attentamente l'osservatore avrebbe trasformato la sua critica in vera e propria invidia quando mi vedeva correre nelle foreste di cresta nel tratto di sentiero dalle Fonti del Baregno fino all'eremo della Casella.



I primi 5km di percorso sono i meno belli di tutti, si snodano in mezzo alla campagna cittadina di Arezzo, disseminata di case, ville e villette. Superato il cimitero di Antria la strada asfaltata si trasforma in carrareccia e si inerpica lungo la collina alternando tratti in mezzo ai boschi di querce e tratti tra i vigneti. Correndo lungo un vigneto scorgo un bel serpentone verde attraversare la pietraia, questa vista scatena paure ormai sopite…  Raggiunta la località di Campriano la carrareccia continua ma il percorso da me seguito devia improvvisamente buttandosi nella macchia, il sentiero in questo tratto è poco battuto e complici le piogge delle settimane passate ed il caldo degli ultimi giorni è disseminato di rovi ed erba alta. E' questo forse il tratto più difficile dell'intero tracciato, si perdono 260mt di quota in 2 chilometri ed il sentiero è costituito da un canale di scorrimento dell'acqua piovana largo in alcuni punti meno di 30 centimetri. Percorrerlo con un paio di Pegasus ai piedi ed in brachette non è proprio il massimo specie quando mi sono beccato un paio di frustate di spini nelle ginocchia. Qua l'osservatore si sarebbe domandato perplesso cosa erano quegli strani suoni gutturali da me emessi e perché mai ogni tanto me ne partissi con dei battiti di mani. La risposta si trova nel tentativo di combattere le paure ataviche che attanagliano l'uomo moderno e in particolar modo me stesso in quel frangente reduce dalla vista del serpe, costretto a correre seminudo in mezzo al sottobosco fitto disseminato di serpenti e altri fantomatici insetti carnivori e velenosi. Fidandomi delle migliaia di ore di Quark viste speravo che i miei suoni spaventassero i malefici biscioni scacciandoli via dalla strada. Comunque vincendo le mie paure sono riuscito ad uscire dal sottobosco fitto indenne e senza aver ricevuto nemmeno un morso velenoso. Pensate che mentre correvo in quel tratto in mente avevo il film di me che contattavo i soccorsi che mi avrebbe prelevato  con l'elicottero per trasportarmi d'urgenza al più vicino centro antiveleni.

Passo davanti ad una casa con fuori una fontanella e ne approfitto per sciaquarmi viso, mani, gambe, bagnarmi il capello e riempire le borracce. Seguo per 500 metri la strada provinciale quindi imbocco il sentiero 03, una larga strada sterrata si inerpica sulle pendici di Catenaia fino alla maestà di Agnano. Al cospetto della Madonnina riparata nel ricovero faccio una breve sosta approfittando delle sedie lasciate dai devoti e nel contempo controllo la bontà delle integrazioni fatte finora misurando la glicemia. Ho percorso finora 18,5 chilometri superando metà percorso e sono le 11.10. Ora il sole comincia a martellare. Il prossimo tratto fino alle fonti del Baregno sarà il più stressante, il percorso segue infatti la strada asfaltata battuta dal sole per quasi 7 chilometri. Riparto fiducioso e cerco di alternare corsa e cammino.
Dopo alcuni chilometri approfittando di una fonte di acqua freddissima faccio di nuovo una sosta e ne approfitto anche per mangiare un paninotto ed una barretta. Riempio di nuovo le borracce e riparto. Alle 12.30 arrivo alle fonti del Baregno, qua è sosta tecnica rapidissima giusto per farsi la basale e rabboccare le borracce. Riparto immediatamente tra le famiglie che si accingono al pic nic domenicale tra i monti e che mi guardano perplesse; mi tuffo nell'ombra della foresta, solo, io e gli alberi.



Questo tratto è fantastico, i faggi giganteschi mi sovrastano con le loro chiome. L'ombra della foresta pretende rispetto, ti sarà amica solo se entri con umiltà ed amore, altrimenti sarà fredda ed inospitale iniettandoti inquietudine nel cuore. Avanzo corricchiando beatamente tra questi miei fratelli di legno, mi sembra paradiso questo silenzio, rotto dai miei passi e dalle fughe delle lucertole spaventate dal mio passaggio. Il mio passo si adatta al terreno con una semplicità disarmante, i piedi si plasmano adattandosi tra i solchi nel fango secco, rami spezzati e pietre puntute.
Respiro l'aria fresca a pieni polmoni rifocillando il mio corpo accaldato dalla corsa. In un tempo indefinito ma troppo breve raggiungo la sommità del Sasso della Regina, cima Coppi di questa giornata. Dai 1247 metri mi gusto gli spazi sotto di me, a sinistra ho la vallata del Casentino, sul versante opposto la Valtiberina sul cui sfondo si distingue la diga del Montedoglio. Scatto qualche foto e mi rimetto in marcia. Il sentiero si rituffa nella foresta che ora ogni tanto lascia spazio a qualche pratone. Prossima tappa: l'Eremo della Casella, poco più avanti, poi da li la strada sarà quasi tutta discesa fino a Chiusi della Verna. Poco prima di raggiungere l'eremo c'è un tratto di foresta particolare, da quanto è buio sembra notte, c'è l'ho in mente come se lo avessi qua davanti in questo momento da quanto è spettrale. L'eremo è un edificio in pietra basso e piuttosto lungo adagiato in una radura nel bosco; è costituito da una piccola cappella e da alcuni vani adibiti a rifugio per i viandanti.
Approfitto dell'ospitalità della cappella per sedermi 5 minuti sulle panche in legno, sul pavimento in antico cotto rosso giaciono davanti all'altare dei lumini accesi disposti a forma di croce, lasciati probabilmente da qualcuno che ha un reale rapporto con Dio e che lo ricerca nella solitudine e nella tranquillità di quest'eremo sperduto in mezzo ai boschi. Pur non avendo io fede, guardo con grande ammirazione coloro che coltivano un serio rapporto spirituale col divino. Dialogo ricercato nel raccoglimento e nella preghiera solitaria e lontana dai fasti delle chiese, non quindi gli snocciolatori di Rosari a memoria o i ferventi del Pio nazionale ma i frati sconosciuti o i camminatori solitari che si recano quassù per pregare nel silenzio e nell'anonimato. Approfitto della breve sosta per controllare l'andamento della glicemia poi riparto.



Il sentiero inizia ad uscire dal folto degli alberi ed il fondo da terra compatta diventa una pietraia, scende dal Monte Foresto fino a 1000 metri di quota poi si arrampica di nuovo sul poggio dell'Abate. Procedere spediti diventa piuttosto difficile, il fondo smosso e le gambe stanche impongono cautela, alcune volte ho rischiato di inciampare su qualche sasso sporgente ma fortunatamente ho avuto sempre una brillante reazione di gambe che ha evitato il peggio. Finito il tratto di discesa esco completamente dagli alberi e comincio ad arrampicarmi in mezzo ai pratoni del poggio dell'Abate. E' quasi l'una ed il sole picchia forte. La stanchezza fa il resto, sorseggio l'acqua dalla borraccia ed un pò me ne getto in testa. L'acqua fredda scende lungo la pelle accaldata e mi regala un guizzo di energie per affrontare i chilometri restanti. Dalla vetta del poggio il percorso scende bruscamente fino alla strada asfaltata, le pendenze sono spaccagambe, cerco di mantenere un passo controllato senza frenare troppo di quadricipiti e senza buttarmi giù come una frana. Un lieve dolorino sotto la rotula del ginocchio sinistro fa capolino, cerco di correre di avanpiede in modo da sfruttare l'elasticità del passo anziche incedere a gamba tesa e sconquassare il corpo. L'ultimo tratto, una volta raggiunta e attraversata la strada asfaltata, si inerpica in una strada acciottolata fino in mezzo alle case di Chiusi della Verna. Mentre salgo trafelato l'ultima rampa di scale un anziano abitante mi avverte che manca ancora 1 chilometro e mezzo prima di arrivare al santuario. Lo ringrazio dell'informazioni ma gli spiego che per oggi mi fermo qui. Sono arrivato, sono le 13 e 50, 5 ore e 15 minuti. L'ultima volta che sono arrivato qua c'era una grande vasca piena d'acqua fredda corrente, ora la vasca è vuota, la fontana è chiusa, c'è un rubinetto al suo posto, me lo farò bastare. Mi spoglio rimanendo in brachette e mi sciaquo via la polvere e la stanchezza dal corpo. Lascio scorrere l'acqua fredda sulle gambe, è una senzazione bellissima. Meno male che sono partito stamani, chi resta sa quello che trova ma non sa cosa si perde.

Mi metto i vestiti puliti, cammino verso una panca all'ombra e mangio quel che ho. Al bar del paese prendo un gelato ed un caffè e compro il biglietto del bus. Durante il viaggio di ritorno mi lascio cullare dall'incedere della corriera e dalla ninnananna del rumore del motore e con la foresta in mente mi addormento come un bambino.