Diabete Off-Road @ 2014 - AltaViaMontiLiguri 2014
GigaTrail Autogestio AVML • Alta Via Monti Liguri* A passo spedito da Ventimiglia a fin dove si arriva lungo l'Alta Via dei Monti Liguri Partenza da Ventimiglia (IM) alle 21.32 di lunedì 16 giugno. Arrivo a Cogoleto (GE) alle 11.30 di giovedì 19 giugno. Sulla Alta Via dei Monti Liguri con piccole variazioni ... 220 k e 9500 d+ circa percorsi in 62 ore (pause incluse). Un ringraziamento a Gine e Tor che mi hanno preceduto in senso inverso quindici giorni prima e senza le cui indicazioni avrei avuto sicuramente meno punti di riferimento e certezze in questa mia "solitaria". AVML STORY testo e foto di Cristian Agnoli Alta Via doveva essere e Alta Via fu … km, d+ e itinerario adeguati a tempo a disposizione, energie residue, morale, condizioni meteo e ambientali, motivazioni, sete di avventura e scorte di resilienza dello scrivente, protagonista solitario di questo lungo viaggio bipede a passo spedito sui Monti Liguri. Dei 440 km e 17000 metri di dislivello complessivi dell'AVML mi sono sciroppato 220 km e poco più di 9000 di dislivello in 62 ore lorde (ovvero pause e sonni inclusi), Val Nervia, Alpi Liguri, Melogno e Beigua, 3 province Imperia, Savona e Genova, arrivo con tuffo compreso alla spiaggia di Cogoleto. Non voleva essere una prova di velocità o una "impresa dei record" ma, più semplicemente, un viaggio dentro me stesso in solitudine, cercando di comprendere i miei punti deboli e di forza, e dunque, forse capire, se potrò permettermi di affrontare, nel futuro prossimo, un Giga Trail tipo Tor de Geants (MOLTO più duro, ma anche più presidiato) finendolo in condizioni psicofisiche accettabili e provando, lì sì, a dare il meglio di me (to give anything less than your best is to sacrifice the gift) Dunque eccomi a Ventimiglia alle 21.30 pronto ad affrontare il "corridoio di connessione orografico" per eccellenza della Liguria. Il tutto con più di due ore di ritardo sulla tabella di marcia, causa smarrimento/furto del cellulare e relative operazioni di blocco, sblocco, recupero, acquisto telefono/sim e smaltimento nervosismo e derivati. Subito capisco che è inutile chiedere dove inizia l'Alta Via … i primi tre interpellati mi guardano come fossi un extraterrestre. Faccio ricorso a mappe e senso dell'orientamento, e in tre minuti, arrivo al primo segnale bianco e rosso strategicamente posizionato su un guardrail. Il primo di migliaia di bollini che mi terranno compagnia in queste 62 ore: un continuo puntare la lampada frontale o allungare l'occhio alla ricerca del fatidico simbolo bianco e rosso, la mia Orsa Polare. E quando tardava ad arrivare, significava "errore di percorso, dietro front". Per tenermi concentrato contavo i secondi o fissavo il tempo sul cronometro dall'ultimo bollino. Ma credo di non aver mai percorso più di 1 minuto senza vederne uno. L'AVML sale subito appesa e diventa presto sentiero. Prima macchia mediterranea e poi tutte le fasce vegetazionali fino all'ambiente alpino al confine tra Liguria e Francia. La partenza in notturna, e con qualche tensione da smaltire, non ha favorito il mio "aguzzare la vista" e pertanto ho commesso alcuni errori di navigazione. Uno di questi mi ha permesso di incontrare una coppia di tedeschi accampati su una piccola spianata brulla. Scambiato due parole con il teutonico campeggiatore, ho capito che duecento metri prima non avevo visto il bollino bianco e rosso. La prima di tante inevitabili sviste, complici solitudine, distrazione, buio, fitta vegetazione, qualche bollino mal posizionato e la mancanza della traccia gps. La più grave delle digressioni mi ha portato a percorrere circa 3 km e 300 mt d+ giungendo sulla sommità del Monte Abelio (997 mt slm) per poi rendermi conto che i bollini bianco e rossi qui presenti segnavano una variante "cul de sac", ovvero senza via di uscita! Mea culpa anche se potrò raccontare ai miei nipotini di aver raggiunto la vetta del Monte Abelio in notturna. Buio, solitudine e imprevisti non mi scoraggiano e procedo spedito. Mi sento forte e mi spiace aver sprecato tante energie in piccoli o grandi sbagli di percorso. Tutto ciò mi porta a proseguire a oltranza, cercando di ritardare il più possibile lo stop per il bivacco. Superata Colla Sgora, al bosco seguono radure e pascoli. Sono passate le 2.30. Mi decido ad iniziare l'operazione "bivacco". Mi posiziono a fianco del sentiero dove un'infossamento del terreno erboso funge da giaciglio-poltrona. Con le pietre che lastricano il sentiero costruisco una semicerchio per mettervi la legna, accendere il fuoco e non causare incendi. Recupero pezzi di legna secca e un lungo tronco mozzato per far durare la fiamma. Fa caldo, non mi cambio nemmeno. Infilo solo una maglia, un paio di calze asciutte, i copriscarpe e la tuta in tyvek. Mi avvolgo nel telo di emergenza e mi accovaccio vicino al fuoco. Il fumo, portato dal vento, ogni tanto mi affumica, ma per fortuna ho scelto bene la posizione. Dormo quasi un'ora di profondissimo sonno. Quando apro gli occhi quasi già albeggia. Resto appollaiato, ravvivando il fuoco con una mano e un tizzone. Altri 30 minuti di dormiveglia, ma aizzato dalla febbre di avventura e dalla voglia di conquistare metro su metro, riprendo il cammino. Tutto ciò che indosso è impregnato da un forte odore di legna. Aroma o olezzo, a seconda dei gusti, che mi accompagnerà da qui alla fine. Mucche e cavalli al pascolo occupano spesso il sentiero, bellissimo, tipicamente medio-montano, per poi trasformarsi in jeeppabile nei pressi di Testa d'Alpe. Qui si percorre parte del nuovo tracciato Cro-Magnon. Ambiente poco antropizzato, nessuno in giro, anche se non mancano alpeggi, case, masserie e abitazioni. Con qualche rammarico avvisto luoghi assai più adatti al bivacco, recriminando dentro di me sui ritardi della notte. Dopo il Colle Scarassan si risale brevemente al Rif. Muratone e di qui inizia il tratto alpino della AVML. La strada diventa sentiero salendo appesa e in un zig zag meraviglioso che arrampica il versante sud-orientale del Monte Toraggio. Non sento la necessità di seguire vie alternative, avendo già qui la AVML tutti i connotati del sentiero di Montagna. Primo incontro della mia Gi.TA. Federico, emiliano, con uno zaino enorme e 6 litri d'acqua di scorta. Parlottiamo un po', lui sembra un po' intimidito vedendomi con passo spedito e assetto leggero. Procediamo assieme per una quindicina di minuti, per poi lasciarci al proprio destino, anzi, gli dico, arrivederci, tanto mi becchi al rifugio di Colle Melosa perchè lì mi fermerò almeno una mezzoretta. E così fu, proprio dopo essere ridisceso dai quasi 2000 metri del Passo della Valletta via Sella D'Agnaira per tecnico sentiero fino al Colla Melosa, e godutomi la mia pausa birra-panino, pronto a ripartire, Federico giunge nel frattempo. Altro veloce scambio di impressioni e riparto riconquistando quota. Il gigatrail non conosce pause. Si risale fino a riprendere l'alta via in prossimità dell'ennesimo rifugio in stato di abbandono (rifugio Grai). Qui la strada sterrata è in parte occupata da nevai, ma è praticabile. Incontro alcuni veicoli dell'organizzazione Cro-Magnon che stanno pulendo la strada e perfezionando il balisaggio. Inizia a piovere ma nulla di che. Seguo ancora l'alta via fino al passo di Collardente. Pur nella scorrevolezza, prevalente su stradine tagliafuoco, una miriade di alberi abbattuti rende difficoltoso il procedere. E' tutto uno scavalcare. Giunto al Col de l'Afel, mi vedo costretto a tagliare fuori gli over 2000 Saccarello e Cima Garlenda, per condizioni meteo inclementi e mancanza di informazioni sullo stato dei sentieri in quota. Viro dunque a est e mi reinnesto sulla strada sterrata, in realtà una provinciale che porta fino a San Bernardo di Mendatica restando tra i 1400 e i 1800 mt. Strada fantastica per motociclisti, quadisti, fuoristradisti. Scorrevole ma forse un po' noiosa per il trailrunning. Sempre sotto una pioggerellina leggera proseguo di buon passo, confortato dal fatto che oggi ho una media, pause incluse, intorno ai 6 kmh. Sulla interminabile salita alla Galleria di Garezzo posta a 1800 mt di quota, avverto un po' di stanchezza, ma salgo sempre deciso. Nei 6 km di discesa invece mi pianto un po', e non riesco più a mantenere la corsetta, e il cammino, pur veloce, prevale sulla rollata. Giungo al Bar di San Bernardo di Mendatica un po' sulle gambe e poco lucido. La birra e le patatine non aiutano certo il mio fisico. Riparto per Colle di Nave un po' preoccupato di non raggiungere l'obiettivo tappa della giornata: il rif. Pian dell'Arma. Un paio di telefonate a compagna e all'amico consigliere Tor mi danno morale e decido, nonostante l'evidente difficoltà , di procedere a oltranza fino a raggiungere il rifugio posto a Colle Caprauna, ovvero nella regione Piemonte. Le ore di luce e il profilo altimetrico mi consentono un certo aggio. Il buon passo mantenuto per tutta la giornata compensa il rallentamento serale, conseguenza anche della mancanza di sonno oltre all'importante dispendio energetico dei primi 100 km quasi senza soluzione di continuità e parecchio dislivello positivo. Le pale eoliche mi guidano sulla salita di Passo Prale per poi ritrovare il sentiero. Le indicazioni della gestrice del Rifugio non coincidono con le segnalazioni che incontro. In salita verso il Monte Armetta non trovo l'attesa indicazione per il rifugio e dunque devio verso Colla Caprauna, così come suggerito telefonicamente. Ritrovato l'asfalto, e l'annunciato cartello per il rifugio, incrocio a 500 mt dall'arrivo l'auto della gestrice, Marina. E vabbuò, cosa fai, rifiuti un passaggio? Tanto qui non c'è mica la squalifica. Devastato ma ancora lucido mi accomodo nella camerata, mi godo una doccia bollente, sistemo velocemente zaino e materiale vario, metto in carica i supporti telematici e cartografici, e mi fiondo in sala per la cena. Tutto lo staff del rifugio a mia disposizione: gestrice, amica della gestrice, cameriere e cuoco. Fu così che il prelibato banchetto ebbe inizio: piccolo giro di antipastini a base di salumi e formaggi, a seguire minestrone di verdure con pasta, salamelle con patate arrosto, insalata verde, pane, tortino al cioccolato, il tutto abbinato a un quartino di dolcetto d'Alba, vino rosso che di dolce ha gran poco. Il sonno si fa sentire e devo abbandonare la piacevole conversazione per sdraiarmi nel letto e godermi il meritato riposo. Mi butto nella branda verso le 22. Mi sveglierò poco dopo le quattro come avessi dormito due giorni di fila, subito senza ricordarmi dove fossi. Meticolosa preparazione. Colazione alle 5 e 30, leggera, preferendo comunque il mangiare nel durante. Poco dopo le sei sono di nuovo sulle gambe, rinfrancato e pimpante. Avverto infatti subito ottime sensazioni. Approfitto dei 4 km di sterrato dolce verso Colle San Bartolomeo per fare il punto della situazione registrando il tutto a voce con il microfono del cellulare. Leggo e rileggo il roadbook per avere i miei riferimenti temporali e chilometrici. Tutto prima di affrontare la più incantata delle montagne liguri, il Monte Galero, con le sue guglie avvolte tra le nebbie e il vento fortissimo da ovest. Il sole viene e va tra le nuvole mentre arrampico sulla ripidissima erta. Qualche roccia mi concede sporadico riparo dal vento. Atmosfera surreale. A seguire discesa in monotraccia spesso nascosta dall'erba alta. Ma i bollini bianco e rossi non tradiscono mai. Ridisceso a San Bernardo di Garessio, prima nel bosco, poi per comoda stradina, il percorso torna scorrevole fino a Colle Scravaion con tratti di asfalto alternati a sterrati, pascoli e sottobosco. Molto selvaggi e a volte sporchi i sentieri, ma se il bollino c'è si avanza senza paura! Bosco, fango e single trail fino al Giogo di Toirano, sempre all'ombra e riparati dal sole, con gambe pimpanti. Impegnativa la salita al Monte Carmo di Loano, ripida con pochi tratti per rifiatare. Poco ombreggiata nel finale, risulta calda e faticosa specie se affrontata, come nel mio caso, nelle ore centrali. Discesa breve, non particolarmente tecnica fino al Giogo di Giustenice. Nel tratto boscoso per Colle Melogno incrocio, in senso contrario, i concorrenti di una tappa della Alta Via Stage Rage, gara di mountainbike che affronta quasi tutta l'Alta Via dei Monti Liguri (2015 why not? Amici di C&D … http://www.altaviastagerace.com/index.php/it/) Segmento scorrevole e ondulato dove riesco a corricchiare bene e per questo giungo al Colle di Melogno in perfetta tabella, così da consentirmi la programmata sosta di un'ora. E' il Bar Pin la mia base vita. Rifocillato, riposato e dopo aver studiato a dovere le mappe, riparto, sempre più convinto di procedere a oltranza per un secondo tentativo di bivacco notturno ma solo dopo aver raggiunto quota 200km totali. Le due semitappe per il Colle di Cadibona presentano parecchio asfalto e per questo azzardo con successo un paio di varianti per piste forestali contrassegnate da indicazioni precise (TA) che mi consentono di mettere meno betume sotto i piedi, tra boschi ombrosi e crinali soleggiati. Alla Colla di San Giacomo, salita dolce su sterrato, arrivo velocissimo e controllo invece il ritmo salendo al Monte Baraccone, altra montagna occupata dalle pale eoliche. Nuvole minacciose si addensano ma la pioggia è leggera, e trovandomi spesso nel bosco, sono protetto. Seconda sosta alla base vita di un piccolo bar sport a Colle di Cadibona dove, oltre a tg e partita dei mondiali, mi godo un bel toast e una panachè con caffè finale. Il cielo si apre. Il pericolo pioggia superato e dunque avanti a oltranza. Fino a Le Meugge è tutto betume. Meglio farla di buio che passa prima. A rendere meno noiosa la notte, l'incontro, appena usciti dall'abitato, con un branco di almeno una dozzina di cinghiali. Alcuni scappano, altri grugniscono, altri mi seguono a distanza … calma e sangue freddo. Procedo per la mia strada e punto la lampada frontale solo dritto avanti a me. Da questo momento in poi non ho più illuminato i boschi al mio fianco. Ogni volta occhi di animali che ti guardano. E' incredibile come non si sia mai soli. C'è sempre qualcuno che ti osserva anche nel pieno della notte su uno sperduto sentiero dello spopolato entroterra ligure. Lande desolate e disabitate ma non dalla fauna. Un senso di malinconia mi assale nel vedere tante case abbandonate, hotel diroccati, masserie fatiscenti. Con la notte, aumenta l'umidità e le piogge del giorno rendono umido e bagnato il fondo, spesso in attraversamento di prati. La salita al Bric Tamburo si fa sentire. Il dislivello non è tanto. Ma tutto è molto ripido, fangoso e scivoloso. Mille bivi, mille stradine, mille piste monotraccia rendono più difficoltosa la navigazione. Sempre occhio al bollino bianco e rosso. Comincio a sentire sempre più forte dentro di me la voglia di bivacco. Nella mia testa sogno un enorme fuoco acceso, un letto di foglie secche, un pentolino di thè caldo e il mio paninazzo al prosciutto formaggio e pomodoro fresco preparato all'ultimo bar, da addentare prima di coricarmi nella mia tenda da bivacco della Ferrino, indossando rigorosamente la mia tuta in tyvek. La spasmodica ricerca del luogo perfetto per il bivacco mi fa procedere, una volta scollinato, deciso in discesa per abbassarmi di quota. Avvisto luoghi ideali per accamparsi, ma rimando lo stop, per cercare qualcosa di simile ma più vicino al paese di Giovi Ligure, per poi domani approfittare di bar e fontane in loco. Tant'è che a forza di proseguire, mi ritrovo a valle. E adesso dove bivacco che qui siamo in ambiente antropizzato ed è tutto asfalto e proprietà private? Sono passate le due di notte. Avvisto un maneggio abbandonato. Vorrei piazzare la tenda sulla sabbia dove si allenavano i cavalli, ma è troppo vicino alla strada e in vista. Mi accampo controvoglia dietro una stalla abbandonata, tra paglia e sterco equino. Trovo poca legna e di pessima qualità ma comunque mi garantisco la compagnia del fuoco. La tenda è installata in pochi minuti. Mi godo il panino, ma senza thè caldo. Mi vesto con tutto quello che ho di asciutto e caldo, metto scarpe e calzini ad asciugare vicino al fuoco e mi infilo nella tenda. Il fuoco è debole e non riesce a contrastare l'elevato tasso di umidita. Il fondo del terreno è durissimo … altro che letto di foglie. Rimpiango la scelta di non aver portato i 500 gr del materassino autogonfiante. Insomma una notte d'inferno complice un dolorino al ginocchio. Ma nella tenda bivacco è come stare in una bara. Non puoi muoverti. Anche il bivacco nr 2 non è in linea con le mie aspettative. Alle 5, dopo poco più di due ore di tormenti, decido di rimettermi in marcia. Necessito quasi di un'ora per sistemare tutto approfittando di un tavolo con panca in legno provvidenziali per asciugare e impacchettare il tutto. Le calze sono umide e le devo mettere così. Qualche vescichetta si farà poi sentire nel finale di tappa. Riparto al piccolo trotto intorno alle 6, lasciando dietro di me la solita scia puteolenta di legna bruciata. Attraverso Giovi Ligure, che sembra un paese fantasma, riempio le borracce ad una fontana e inizio a risalire fino ai 1300 metri del Monte Beigua. Si scorge il sole tra gli alberi… giornata splendida. L'ascesa è un altenarsi di fondo fangoso, rocce scivolose, tronchi. Gli scudetti dell'alta via sono pennellati di fresco, ma qui nessuno pulisce il sentiero. Avverto sempre più forte il senso di desolazione di questi posti. Avvisto i ripetitori del Monte Beigua (uno scempio) e procedo inebriato, nonostante un lieve mal di testa mi attanagli sin dal risveglio. Colpa del solito bivacco andato a male con sonno breve e disturbato. Un gregge di pecore mi viene incontro. Sulla mia destra il bar-rifugio sembra aperto. Sono da poco passate le 8. Un capuccino, una torta di mele, leggo 5 minuti un quotidiano locale. Approfitto del bagno, inaffrontabile, stile Trainspotting per chi ricorda il film, e riparto ora su asfalto. Giunto a Pratorotondo mantengo fede al mio piano di rientro anticipato. Il mio obiettivo di andare oltre le 60 ore e i 200 km è già stato raggiunto. Il secondo obiettivo, più romantico, è raggiungere la famiglia in serata, possibilmente non troppo tardi. Dunque mi "accontento" e opto per la via verso il mare. Il fantastico, e tecnicissimo, sentiero per Sciarborasca mi conduce fino alla rotabile che scende a Cogoleto. Dopo 5 e più chilometri di massi e pietre su single trail spesso nascosto da alti ciuffi d'erba sono quasi felice di ritrovare il betume. Negli ultimi 3 km corro spedito tra i 5'30 e 6 al km che dopo 220 km, 62 ore e con 10 kg sulle spalle non è poco. Avvisto un sottopasso e il lungomare, dunque la spiaggia libera. Mi ci butto a capofitto, pianto i bastoncini a un metro dall'acqua. Sfilo zaino, scarpe, calze e maglie e mi tuffo in acqua. Uscito mi siedo vicino alle mie poche cose, mi tolgo gli occhiali da sole e mi metto una maglia in testa per ripararmi dal sole allo zenith. Venditori ambulanti, coccobello, bimbi che fanno il bagno. Ritmi di vita balneare che nemmeno ricordavo più. Chiudo gli occhi e penso velocemente alla magia del trail in autosufficienza, ai fiumi interminabili di pensieri di queste ore di solitudine, alla fatica e al superamento della stanchezza, alla bellezza delle montagne incantate e anche di quelle devastate dal degrado o dalle pale eoliche. W LA FATICA, BALUARDO DOVE L'UOMO MODERNO RITROVA LA PACE!, citazione citabile. Mi desto dai miei pensieri introspettivi. E' ora di mettersi qualcosa di pulito e ripartire. Luce e riverbero sono fortissimi. Cerco i miei occhiali da sole della Oakley Limited Edition tastando a destra e manca. Ho già capito. Siamo tornati nella civiltà . Occhiali fottuti! Non proferisco parola. Mi basta che non mi abbiano inculato i soldi e i documenti. Quelli erano nello zaino per fortuna, troppo fetido per attirare il furto di destrezza. Dopo il lampeggiare delle lucciole di notte, il canto delle cicale, il grugniti dei cinghiali, il muggito delle vacche, il nitrito dei cavalli, i fischi delle marmotte, l'eleganza delle aquile, il belato di capre e pecore, è duro il ritorno alla quotidianità . Appena abbassi la guardia, sei già "coglionato"! Mi rivesto con le poche cose pulite che ho (il pantavento e una canotta) e con gli occhi chiusi per la luce fortissima mi dirigo verso la stazione cercando di controllare il disappunto e mantenere la calma. Non lascerò certo a un fottutissimo ladruncolo da spiaggia di rovinarmi la gioia e la soddisfazione per questa bella avventura. Ma intanto 138 euro di occhiali fregati. E per fortuna che doveva essere una vacanza low cost. Prima il cellulare, ora gli occhiali. Treno regionale fino a Genova, questo sì low cost: 2€30. Pizza e treno per Cesenatico via Milano-Bologna, un po' meno low cost. Alle 20.06 in punto sono seduto fuori dalla stazione di Cesenatico, dove la mia famiglia si trova in villeggiatura. La mia compagna mi viene a prendere e mi riporta dai miei bambini. Ceno con loro. Sono a pezzi, felicemente a pezzi. In un mega letto a tre piazze, dopo una bella doccia e con la pancia piena, ancora con i muscoli che richiedono energia e il corpo che protesta per le ore di privazione di sonno, mi addormento abbracciato a chi mi vuole bene. E' sì, a costo di essere rindondante, è proprio vero che la meta più ambita di un lungo viaggio non è il punto di arrivo ma il ritorno a casa! ATTREZZATURA > Elenco pressoché completo di attrezzatura, abbigliamento e materiale al seguito. Peso dello zaino 7,2 km acqua esclusa. Tot. acqua trasportabile: 2,80 litri. Peso massimo: 10,00 kg Calzatura > Mizuno Ascend 8 Calzoncini > Raidglight Short Trail Maglia > Montura con manicotti e cappuccio integrati Copricapo > basquette Raidlight + morf Occhiali > Oakley Racing Jacket Bastoncini > Raidlight Ultralight Zaino > OLMO 20 + AVANT PACK. 3 borracce da 0,80 + borraccia pieghevole da 0,40 cc. Tenda > Ferrino Bivi 1kg Materiale nello zaino > Tuta in Tyvek, Pantavento Montura, Goretex, Morf di scorta, pile raidlight, maglia merinos Montura, Maglia m/l Raidlight, Maglia Raidlight Bamboo, Canotta Raidlight Bamboo, pant. Raidlight Short Trail, 2 paia di calze, Manicotti, fuseaux Accapi, 1 bandanna cotone, bande in velcro. 2 penne insulina, 1 glucometro, 1 cartuccia 50 strisce, 10 aghi 0,5 mm, glucometro Accu-check Mobile, 200 euro denaro contante, bancomat, patente di guida, fascia paraocchi, carta igienica, salviette igienizzanti. Telefono cellulare, Garmin Forerunner + Edge 705, caricabatteria solare, cavi e adattatori vari, auricolari. 4 carte geografiche AVML con portamappa impermeabile Ferrino, Roadbook, telo d'emergenza, 4 cubetti diavolina, Accendino, tazza titanio, coltellino multiuso, filo e spago elastico, benda vetrap per fasciatura, piccolo kit prontosoccorso, pomata antisfregatura, antidolorifici, sali minerali in pasticche, penna e matita. Scorte alimentari > 4 mars, 250 GR FICHI SECCHI, 3 pacchetti crackers doria, 200 gr riso in 3 bicchieri, 4 chupa chups coca cola, minilattina coca cola 15 cc, 3 barrette isostad, 2 enervitene pre, 2 bustine di miele, 2 panini al prosciutto da 70 gr cad., 3 bustine di thè. SPESE ORDINARIE 28 EURO TRENO DA PESCHIERA DEL GARDA A VENTIMIGLIA 3 EURO > GELATO @ MILANO 9,50 EURO @ RIFUGIO COLLA MELOSA (1 PANINO, 50 CC ACQUA FRIZZANTE, 33 CC BIRRA, 1 CAFFE') 3,50 @ BAR S.BERNARDO DI MENDATICA (33 CC BIRRA + PATATINE S.CARLO) 45 EURO @ RIF. PIAN DELL'ARMA MEZZA PENSIONE 16 EURO @ BAR PIN DI MELOGNO (QUICHE AGLI SPINACI + 33 CC BIRRA + 33 CC SEVENUP + CAFFE' + 50 CC ACQUA FRIZZANTE) 6,50 @ BAR COLLE DI CADIBONA (PANACHE PICCOLA + TOAST + CAFFE') 4 EURO @ RIFUGIO BEIGUA (CAPPUCCINO + TORTA DI MELE)2,3 > TRENO PER GENOVA 15 EURO > PIZZA BIRRA SEVENUP CAFFE' @ GENOVA 1 EURO > CAFFE' @ BOLOGNA 58 EURO > TRENO GENOVA-CESENATICO TOT EURO € 161,80 SPESE STRAORDINARIE 79 EURO > ACQUISTO TELEFONO + SIM PROVVISORIA 13 EURO > BIGLIETTO DEL TRENO GENOVA VENTIMIGLIA RIFATTO TOT EURO 92 TOT COSTO AVML IMPREVISTI INCLUSI = € 253,8 [NON CONSIDERATO IL COSTO DEGLI OCCHIALI DA SOLE RUBATI CONSIDERAZIONI FINALI A 360° GRADI … a mente fredda, ripenso a questa "esperienza" con positività . Ho ovviamente impiegato qualche giorno per recuperare, più di testa, mentre muscolarmente non ho risentito molto. Le prime corsette mi hanno dato indicazioni incoraggianti. A parte qualche vescica, conseguenza del limitato numero di calzini al seguito (bastava un paio in più ed ero salvo) nessun ACCIACCO fisico. Deluso dall'operazione bivacco. Non sono riuscito a trovare timing e location ideale. E' vero però che questo a poco serve in ottica trail moderno (vedi sotto). Fiducioso invece sulla mia tenuta sulle lunghissime distanze. La testa c'è, se preservo muscoli, cuore e articolazioni, posso provare un giga-trail competitivo. Il pensiero va subito al Tor des Geants, ma non solo! Vedremo. C'è tempo e soprattutto non è così facile riuscire ad iscriversi! Ma prepareremo connessione internet veloce e carta di credito con fondi sufficienti. Il Tor è molto più duro, in particolare il dislivello, ma di certo si gode di un'assistenza totale ogni 10 km max e quindi se ho tenuto in solitudine e senza certezza di rifornimenti e cibo, penso di poter reggere anche sulle più toste alte vie valdostane. Ma inutile parlare, sono i fatti che contano. E vedremo cosa sarà di me! Il tarlo del Tor ha iniziato a scavare la sua galleria dentro la mia testolina! Vediamo dove sbucherà ! Metabolicamente non commento, lasciando tutto al dettagliato cronobook. Ho sfruttato come sempre la sinergia basale-attività fisica per metabolizzare i cho nel durante. Alle soste ho fatto boli forse troppo conservativi. Ennesima riprova che il mio rapporto insulina:cho, appena mi fermo, torna "ordinario". Non devo temere, nelle parole e nei fatti, una aumentata sensibilità all'insulina. Le misurazioni sono state fatte senza cadenza predeterminata e dunque qualche iper non è solo frutto di errato bolo insulinico, ma anche di una misurazione troppo ravvicinata all'assunzione di cho. Al rif.Pian dell'Arma sono stato colto da sonnolenza e mi sono risvegliato con la penna di insulina in mano, senza aver effettuato il bolo di rabbocco per tamponare la torta al cioccolato. Stop, passo e chiudo. Essermi conquistato la capacità di affrontare una AVML senza aiuto e supporto di alcun genere è una enorme soddisfazione che mi ripaga dell'impegno profuso a partire dal 2005, quando mi sono ritrovato ad essere non più solo persona, ma anche "con diabete". Ciò che più mi allieta è il fatto che le cose che faccio hanno un senso a prescindere dal diabete. Che siano "strunzate" o "intraprese" non importa … ma hanno un significato loro, estraneo alla patologia degenerativa chiamata diabete di tipo 1. Su questo la diabetologia tutta si dovrebbe interrogare di più e smettere di alimentare il mito dell'atleta con diabete, a scapito della trasparenza e della consapevolezza. Ma ci sono alcuni luoghi comuni, alcuni schemi fissi, una retorica trita e ritrita che pervade il mondo del diabete e in cui è facile ricadere ogni volta si cerca di fare qualcosa per "sensibilizzare". Termine peraltro che mi provoca l'orticaria. La pratica sportiva in sicurezza è dentro di noi, non fuori di noi. Apparentemente starsene in giro 60 e più ore da soli senza satellitare e senza aver preventivametne allertato 118, polizia, vigili del fuoco, crocerossa, federazioni sportive, fondazioni, Adigì, effedigì, Diabete di qui e di là , sponsor, elicottero privato, video da 100 mila euro per non correre da soli, amministratori locali, dirigenti e specialisti sembra una follia nel mondo del diabete edulcorato in cui ci troviamo a vivere, buonista, arrivista e finto-altruista. Credo servano meno slogan, meno iniziative solidali, e più intraprendenza e sano egoismo. Facciamo le cose bene per noi … è più che sufficiente per generare risvolti positivi e davvero costruttivi. Avremmo così meno atleti con diabete montati, disperati, sponsorizzati, strapagati, bugiardi, opportunisti e chi più ne ha più ne metta. Probabilmente anche meno pistolotti da parte mia. Up to you! Diamoci da fare! CONSIDERAZIONI FINALI SULLO SPIRITO TRAIL … esiste ANCORA, se mai è esistito, il cosiddetto spirito trail? Quando si parla di reale capacità di gestione e autosufficienza, talenti su cui all'inizio il trail puntava, mi rendo conto che per come sono strutturate le gare di oggi, solo le condizioni meteo o un infortunio possono richiedere queste doti, perché oramai tra antropizzazione della montagna, presenza di ristori e punti acqua ogni 5/10 km oltre a qualche ristoro abusivo e/o accompagnatori piazzati strategicamente lungo il percorso, non si può parlare nemmeno più di semi-autosufficienza. Tutto il materiale obbligatorio ed eventualmente le scorte idriche e alimentari servono SOLO a gestire situazioni di emergenza, che, verosimilmente, non si dovrebbero verificare. Dunque, se non vogliamo trasformare le gare di trail in competizioni di orienteering senza assistenza e balisaggio oppure in imprese alpinistiche con percorsi tecnici, esposti e pericolosi in cui si rischia davvero, con relativa emorragia di partecipazioni, NON si può più pensare al trail nostalgico, perché non è quello che il "sistema Trail" oramai richiede. E probabilmente è giusto così. La vera capacità di gestione personale è quella dei substrati energetici e delle forze. La solitudine, la paura, il pericolo e il rischio non sono caratteristiche intrinseche del trail, ma solo accessori indesiderati, legati a eventi imprevisti connaturati alle attività outdoor, ma che regolamenti e direttori di gara tendono a diminuire allo zero. Però tutti si devono sentire eroi e campioni di sopravvivenza quando sono finisher, e invece che un briciolo di fierezza e un mare di umiltà , ci ritroviamo sommersi da un oceano di autoreferenzialità e autocelebrazione. Insomma cosa c'è di così straordinario nel camminare di notte con lampade da 100 e più lumens, balise catarifrangenti, gps cartografici, transponder e trasmettitori satellitari, basi vita e soccorritori piazzati strategicamente. Tutto ciò per dire che affrontare in solitaria e in autosufficienza un percorso come l'AVML, anche nel mio particolare caso di persona con diabete di tipo 1, non è poi cosa così rischiosa e straordinaria. E' questione di abitudine, fisica e mentale, di approccio, di fare quello che si è sempre fatto: seguire il sentiero. IL TRAIL NON E' ALPINISMO, quello vero, dove la linea tra vita e morte viene oltrepassata più volte, ma di certo anche il trail sta subendo una "commercializzazione" che lo snatura. Essere "ultratrail finisher" è come "conquistare un'ottomila a forza di sherpa, bombole in titanio, apripista e euro a profusione" … basta averlo fatto, non importa come. Con o senza ossigeno, in 20 o in 60 ore, con lo chef in quota o con l'amico strategicamente dislocato sul percorso a passarti la barretta, con le scale e le corde fisse tra il primo e il secondo gradino, con il cambio di percorso appena cadono due gocce … Insomma, w il trail, ma con sempre maggior attenzione ai contenuti tecnici. La prestazione insomma dovrà prevalere sull'atmosfera, perchè lo spirito trail non fa più parte del mondo delle competizioni, e quando c'è, è far ottenere a tutti lo status di finsher, compassionevole aggiungo io. A differenza dell'alpinismo, non credo che il trail se degenera in "spettacolo" tramonterà . Di certo si trasformerà (e già è showtrail). Parafrasando i pionieri dell'alpinismo, "dovremmo incoraggiare le persone verso l'opportunità di fare del trailrunning a proprio rischio e pericolo" o dovremmo semplicemente "preparare il ring per loro". Se è una gara (=massima sicurezza, massima partecipazione, business, pubblico, tweet, gloria) quello che conta è andare il più forte possibile. Dobbiamo rassegnarci a questa realtà , evoluzione o involuzione che sia non conta. I trail non possono permettersi di essere gare a eliminazione o di sopravvivenza nel senso vero del termine. Insomma il trail non è alpinismo, e può permettersi lo spettacolo perchè non c'è in gioco la vita (per alpinismo io intendo solo quello estremo ad altissime quote, a tutta ipossia e senza ossigeno). Ci pensa già l'alpinismo a mietere vittime in nome della vetta a tutti i costi (spedizioni commerciali soprattutto, lasciamo perdere quelli che ci lasciano le penne rischiano pareti impossibili in invernale con condizioni meteo improbabili). Ma non sentiamoci eroi perché ce ne andiamo per boschi e sentieri più o meno ostici riuscendo a fare quello che siamo geneticamente predisposti a fare magari a 20 ore dal primo arrivato! … Siamo cacciatori-corridori da millenni, solo che ce ne siamo dimenticati. E pure a noi praticanti "sfegatati" ci pare di fare qualcosa di "superiore" o "eccezionale" quando altro non facciamo ciò per cui siamo nati. Voliamo basso, conquistiamoci tutti i "finisher" di questo mondo, correre è bellissimo e farlo in natura ancor più: ma restiamo con i piedi per terra. Gli eroi sono pochi e la maggior parte non appartiene ai nostri tempi dove l'attività fisica è vista come "roba per esaltati o fuori di testa che ha tempo da perdere" … Venti giorni sull'Ortigara, senza un cambio per dismontar … tapum tapum tapum … ecco cosa dovremmo canticchiare mentre corriamo un trail … altro che "finisher" pensavano i nostri trisavoli al freddo nelle trincee sulle montagne che oggi, da lassù, ci vedono zampettare tutti agghindati da trailrunners in cerca di gloria, autostima e gratificazione … altro che bastoncini in titanio: la baionetta ci dovremmo portare! NUMERI: ore totali: 62 ore in movimento: 46 ore di sonno tot: 9 ore di sosta/pause veglia: 5 nr docce: 1 KM 220 D+ 9200 (stima per difetto non avendo lo scarico dati della tappa da 93 km) tot cho assunti:1048 cho ))<>(( ANTEPRIMA AVML Quando > 16-20 giugno 2014 Presenze confermate: Cristian Agnoli • presidentissimo@diabetenolimits.org Dalle Alpi Marittime all'Appennino Emiliano 440 chilometri di sentieri e mulattiere, percorribili tutto l’anno, che collegano le estremità della riviera ligure da Ventimiglia a Ceparana, dalla Provincia di Imperia alla Provincia di La Spezia. Un “corridoio di connessione†per eccellenza anche per il "corridore in natura". Un viaggio tra costa ed entroterra, tra Alpi ed Appennini, tra mare e cielo, lungo praterie erbose che scendono raramente sotto i mille metri di quota, in un ambiente aspro e dolce allo stesso, tra fortificazioni e insediamenti rurali. L’Alta Via dei Monti Liguri ci sembra l’itinerario ideale per una "Gi.TA", acronimo non registrato di "GigaTrail Autogestito": una formula esplorativa innovativa nel più puro spirito trail: autogestione, autosufficienza … e a passo spedito. Esperienza adatta all'amante delle lunghe distanze, senza competizione, senza classifiche, ma in spinta! Umile ma intensa riscoperta degli angoli più reconditi dell'entroterra ligure, a contatto con la natura senza soluzione di continuità . Il segnavia - la bandierina bianco/rossa con la scitta "AV" al centro - individua e caratterizza il tracciato, disegnando una grande strada verde dove crinali soleggiati si alternano a boschi ombrosi e, talvolta, nebbie orografiche creano forme e atmosfere surreali, un percorso unico da cui è possibile ammirare, nello stesso momento, la Corsica, il Monviso e il Massiccio del Monte Rosa. La Gi.TA AVML si svolgerà verosimilmente nel mese di giugno 2014. La partenza è da Ventimiglia e in base a giorni, ore di corsa/cammino, forze residue, tempo a disposizione, si percorreranno il maggior numero di km e d+ possibili. Il percorso nella sua interezza misura 440 km. Difficilmente avremo tempo e gambe per coprire l'intera distanza, ma faremo del nostro meglio. Difficile programmare ma idealmente sulle 24 ore, 15-20 saranno in movimento, le restanti di riposo. Date, ritrovo, ritmi, equipaggiamento, modalità di svolgimento sono puramente indicativi. La partecipazione è libera e ognuno è padrone delle proprie scelte. Gi.TA = esercizio di libertà . Sarà elaborata una "tabella di marcia" con punti tappa a ritmo di "passo spedito sostenibile" econ relative stime chilometriche, altimetriche e di passaggio. Si cercherà di rispettare il rollino di marcia procedendo a ranghi compatti, ma ognuno è libero di procedere più velocemente o più lentamente per libera scelta, anche in base ai giorni a disposizione. I Gi.TA sono rivolti a trailrunner di comprovata esperienza e atleticamente preparati, dotati di reali capacità di gestione personale, spirito di adattamento, voglia di esplorazione, scorta di resilienza, sete di avventura, rispetto per l’ambiente, occhio vispo e testa accesa … sempre! Chi non regge il ritmo proposto (perchè troppo lento o troppo veloce) è libero di proseguire al proprio passo o ritornare sui propri passi. Chi partecipa è tenuto a informarsi sui luoghi attraversati, prendendo visione preventivamente di mappe e materiale topografico relativo alle zone da esplorare, in modo tale da essere in grado, al bisogno, di orientarsi e procedere autonomamente. La Gi.TA AVML è un'iniziativa estemporanea e non strutturata, che può essere svolta da chiunque lo desideri quando e come gli pare. A noi basta aver avuto l'idea! L'effettivo svolgimento di questa esperienza dipenderà da condizioni meteo e ambientali, imprevisti, improvvisazione e imprevedibilità , cambi di programma, sbalzi di umore e altre variabili non meglio determinate. |