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Dnl - Diabete no limits

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MELL1TO BAKEKA 2012 - Maratonina di Arezzo


Team DNL @ Maratonina di Arezzo - 28 ottobre 2012


Grippo Report @ Maratonina di Arezzo

Non che ne avessi una voglia matta ma di fronte all'ennesimo invito dei miei compagni della squadra podistica non potevo rispondere con un nuovo no e così stamani mi sono ritrovato anche io alla partenza della mezza maratona di Arezzo, una classica giunta alla sua 14° edizione e che mi ha visto al via in almeno 5 edizioni. Con una discreta dormita alle spalle e una buona glicemia al risveglio c'erano tutti i presupposti per divertirmi, l'unico requisito che mancava era la testa per tornare a correre una gara su strada dopo tanti mesi di lontananza dall'asfalto.
La partenza prevista per le 10 e la sveglia di buon ora alle 7 mi permettono di far regolare colazione con bolo e poi con calma dirigermi al ritrovo. Alle 9 esco di casa, in bici mi dirigo al ritrovo con la squadra. Il cielo sembra voler graziare la partenza della gara concedendo una pausa alle abbondanti precipitazione che dalla sera precedente stanno imperversando su Arezzo.
Al ritiro dei pettorali incrocio Andrea Guerra (1h31, ndr) anche lui ai nastri di partenza, inoltre tra i quasi 800 partenti so esserci il buon Piero Grazzi che tuttavia non riuscirò ad incrociare a causa del suo programma di allenamento che prevede di fare qualche chilometro prima del via ufficiale.
La testa proprio sembra non esserci, sono scoglionato e non vedo l'ora che sia finita prima ancora di partire, tutta questa massa di gente mi infastidisce, non ci sono più abituato.
Tra uno sbuffo ed uno sbadiglio arriva l'ora dello start. Con i due compagni con i quali ho intenzione di far la gara arriviamo in griglia di partenza all'ultimo munito trovandoci a partire in fondo, non che me ne importi molto. Appena trovato posto nella massa vociante in attesa del via, il Sinatti/Flanders noto ai Diennellini più anziani spara il colpo di pistola. La massa critica si mette in moto come un vecchio motore diesel, un primo sbuffo di fumo nero esce dallo scarico e sputa fuori i keniani di turno che schizzano via impazziti a velocità ultrasoniche, poi agli sbuffi successivi via via sfila il plotone di muscoli e ossa ansimante. Mi metto dietro ai miei compagni poco incline a stare davanti, li tengo in vista, sorpassando annoiato la moltitudine di persone.
Il primo chilometro corro veramente piano, un po' per la confusione ed un po' per la poca voglia poi il gruppone si allunga e prendo un ritmo più consono alle mie reali possibilità, i miei partners di corsa sempre la avanti, i chilometri scorrono veloci sotto i piedi, ed io comincio a perdere quella patina di noia che mi rivestiva sin da prima della partenza.
Butto spesso gli occhi al cardio e decido di provare a stare intorno ai 170 bpm, il numero mi piace, ne troppo ne poco. I pensieri scorrono in testa, percorsi pindarici mi fanno fare considerazioni riguardo al ritmo che sto tenendo ora che è lo stesso che ho tenuto quando ero un maratoneta per fare 42km, tornare a farlo mi sembra una possibilità. Mi interpellano spesso i miei soci, troppo, a volte sono infastidito, ma non è colpa loro, abituato a correre nel silenzio dei boschi ascoltando i miei passi le parole superflue mi sembrano sassate.
Il trail running mi ha reso ancora più introspettivo mentre corro, mi è capitato durante le uscite lunghe in solitudine di correre in silenzio per ore e mentre il tempo passa ti disabitui alla parola, ma il bello è tornare a parlare dopo questi lunghi silenzi forzati, come riprendere fiato dopo una lunga apnea. Tenere un ritmo costante mi fa bene, già al 6°km mi rendo conto che ho fame di passi, voglio continuare a correre, lontano anni luce dallo stato d'animo che avevo appena partito. Sono sempre più sciolto e la falcata mi viene facile e ad alta frequenza, tendo ad accelerare ma butto sempre gli occhi al cardio e cerco di tener fede al precetto fatto prima: 170 bpm, più o meno.
Ora sono io che tengo la testa del mio gruppetto, i chilometri si avvicendano inesorabile ed è un'attimo che chiudo il primo giro di 10km. Mi interrogo se riuscirò a tenere questo passo per la parte mancante, sto bene  e continuo. Attorno al 14° km mi rendo conto di aver lasciato un po' indietro i miei compagni e rallento un capello per farmi riprendere, dopo un paio di chilometri mi riprendono, li sento un po' ansimanti ma tutto sommato stanno bene, ricomincio a far salire leggermente l'andatura.
A partire dal 17° finisce la tregua meteorologica, inizia a piovere. L'aria è fresca, i termometri incrociati lungo la strada segnano tutti 9°C e le gocce ti colpiscono come aghi fanno quasi male, ma mancano veramente pochi chilometri e l'unica cosa da fare per alleviare il freddo che mi prende è provare a correre più veloce, i due sono un po' in crisi così faccio un po' la spola, vado avanti poi mi faccio riprendere e li incito così facendo arriviamo alla fine, lo striscione è la avanti li sprono ad uno sprint finale e tagliamo il traguardo tutti e tre assieme. 1hr36'40'' 4'30''/km.
Soddisfatto. Mi è servito, è stato un lavoro inaspettato che mi ritroverò nelle prossime uscite, un po' di rtimo mi ci voleva e mi sono divertito. 


Nonostante il bilancio più che positivo di questa giornata, sportivamente e metabolicamente parlando, non poca amarezza mi ha fatto dover rinunciare ad indossare la divisa DNL nella sua interezza. Ho volutamente rinunciato ad indossare la maglina ufficiale DNL con il cuore rosso I LOVE LINA INSU per evitare di essere scambiato per altri che oramai da mesi stanno confondendo le idee sul significato che quel cuore rosso rappresenta per un diennellino. In quel simbolo c'è l'appartenenza ad un gruppo di persone che hanno scelto di vivere il diabete come opportunità di crescita personale e questo è un messaggio lontanissimo da quello portato dagli usurpatori del marchio di fabbrica DNL. Capisco e comprendo appieno la tragedia che ha portato tanti a stringersi intorno alle vittime di tale sventura, ma non concepisco che una massa di persone sconosciute ed inconsapevoli del significato di I LOVE LINA INSU possa rendere il mio operato e quello di tanti altri diennellini sparsi in tutta Italia una voce afona perché confusa con altri messaggi. Oggi ad Arezzo c'erano decine di podisti che correvano indossando una divisa bianca con su affisso il simbolo per eccellenza di DNL, ma questi podisti non sanno nemmeno cosa è DNL, loro corrono con quel simbolo per ben altri motivi. Se io avessi scelto di indossare la mia divisa sarei stato scambiato per uno di loro e non viceversa. 

Postilla Presidenziale (di Cristian Agnoli, presidente Diabetenolimits onlus)
Dopo la pubblicazione del post di Al Grippo sono a precisare: 
Quando mi fu chiesto, con entusiamo guerriano, di utilizzare il logo "I love lina insu" sulla divisa del gruppo PDP accettai di buon grado, forse sottovalutando alcuni aspetti. 
Ovviamente lo slogan "I LOVE LINA INSU" NON è (e non sarà mai) un marchio registrato, e ci mancherebbe, però nessuno può confutarne l'origine e la paternità, che risale al 2007 e al sottoscritto.
Ciò detto, all'inizio non potevo che essere felice del fatto che un gruppo di podisti, all'interno del quale militava e tutt'oggi milita, un Diennellino storico e fidato, portasse sulla propria maglia uno slogan in cui identificarsi, non tanto come gruppo formato da persone con diabete (che sono solo una esigua minoranza), ma come gruppo che corre per stare bene, alla ricerca di un miglioramento personale, con il diabete (e alcuni drammi da malasanità attinenti) sullo sfondo ma non attore protagonista. 
Confidavo, inoltre, che la storia di DNL, fosse almeno a livello blando e generale conosciuta dagli iscritti, e che, ogni tanto, si facessero ambasciatori del nostro messaggio, in maniera silenziosa ma efficace, in un alternarsi tra diabete consapevole e storie di diabete più o meno problematiche.
Invece constato, con amarezza (ma senza rancore, sia chiaro) che il messaggio I LOVE LINA INSU di stampo "pidipiano" non fa passare, allo stato di fatto, la pratica sportiva in campo aperto, responsabile e condivisa tra persone con diabete e/o coinvolte nel diabete, ma spesso invece, ahinoi, una visione "farneticante" e "disperata" del diabete attraverso la voce di alcuni dei suoi "leader" (per carità, per giustificatissimi motivi): il messaggio "I love lina insu" viene sbandierato a destra e a manca, social network inclusi, senza alcuna corrispondenza con la mission e la filosofia originari DNL.
Libertà, ovviamente, per tutti di pensarla come si vuole, ma il livello di "incoerenza" è tale che non ci è possibile stare zitti. 
Per carità, vedere sorrisi e persone felici che corrono forse è già sufficiente, e non può che farci piacere, e forse potremmo risultare eccessivamente "piccosi" in questa nostra presa di posizione. Ma non ci si può limitare all'aspetto "aggregativo" separandolo dai contenuti.
DNL ha una sua poco conosciuta, ma fiera, "credibilità" e ambirebbe a mantenerla a tutti i livelli.
Comprendo bene il disagio di chi ha concorso, smazzandosi a destra e a manca, alla diffusione "credibile" del nostro messaggio e poi si ritrova ad essere confuso con chi del nostro "messaggio" non conosce non dico le sfumature e i contenuti più profondi (nemmeno alcuni dei nostri associati lo fanno), ma non riconoscono nemmeno la storia di quel simbolo che portano stampato sul petto e sulla schiena della canotta da running.
Chiedo dunque ai Pidipiani in primis di essere INFORMATI da chi di dovere sulla storia dello slogan I LOVE LINA INSU, e ai pidipiani che del logo I LOVE LINA INSU fanno un uso "disperato" e "fuorviante", lontano da quello spirito mellito "pacato ma determinato" che ci contraddistingue, di provare a lasciare rabbia, rancori e lacrime fuori di sè per provare a iniziare un percorso di consapevolezza: non c'è peggior sordo di chi non vuole ascoltare … io dico, non c'è peggior sordo di chi non sa ascoltarsi dentro!
Ai pidipiani di buona volontà e più coraggiosi chiedo inoltre di limitare, senza paura di essere considerati severi o insensibili, "la furia disperata" che anima alcuni "trascinatori" del gruppo. 
Il diabete è una brutta bestia e forse serve la frusta per domarlo, ma a volte serve anche la "frusta della ragionevolezza" per cambiare domatore!
In conclusione, i vertici DNL, a costo di essere considerati "choosy" (=frignoni) e un po' "vanitosi", chiedono al gruppo PDP di attuare una "revisitazione drammatica" del proprio atteggiamento nell'utilizzo dello slogan, non avvertendo il quale, chiediamo, gentilmente, a paritre da prossime produzioni, di non utilizzare più il logo I LOVE LINA INSU.
Ovviamente la richiesta rimarrà a questo livello e non si svilupperò con altre forme o in altri fori.
Nella peggiore delle ipotesi, saremo noi, facendo violenza alla nostra storia, a rinunciare all'utilizzo di quel simbolo che caro ci fu, avendolo ideato e generato. 
Visibili ma irriconoscibili, per non essere insivibili ma riconoscibili. PDP adesso è, purtroppo, sia VISIBILE sia RICONOSCIBILE!
Forse ci stiamo prendendo troppo sul serio e ce ne potremmo fregare. Ma il gioco è una cosa seria.
Ciò detto, continuiamo a correre ... senza rancore!